Capitolo diciasette.

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"Kate la conosco da anni ma da quando ha conosciuto John è andata fuori di testa; completamente. Mi ha minacciato. Mi ha praticamente costretto ad aiutarla. E così sono venuto in quel ristorante a simulare quella conversazione. Poi mi ha obbligato a conoscerti e mi sono realmente affezionato a te, lo giuro." riprese fiato. "Mi ha costretto ad organizzare una festa a casa ed invitarvi in modo che lei ti avesse rinchiuso nel bagno e sarebbe stata con John. Portó nel mio letto anche una ragazza che ti somigliava per rendere il suo giochetto più reale. Non ho dormito quella notte pensando che eri rinchiusa in quel bagno." Una lacrima scese sul suo viso. "Ma lo sai cosa mi ha spinto a fare tutto quello che mi ha detto?" mi chiese.
"Cosa?" mormorai.
"Ha ucciso mio zio." I miei occhi si spalancarono all'improvviso e io quasi non ci credevo. Mio dio.
"Mi ha minacciato e da allora ho seguito alla lettera tutto ció che mi ha detto. Ha detto che la prossima sarebbe stata mia madre se non ti avessi picchiata." Inizió a piangere rumorosamente ed io non fui da meno. Mi dispiaceva così tanto.
"Perchè non l'hai detto alla polizia?"
"Perchè lei conosce gente pazza e drogata.Mi avrebbero ammazzato." Abbassai lo sguardo e pensai a tutto ció che Kate aveva fatto nei nostri confronti.
"Non volevo neanche sfiorarti. Mi dispiace così tanto Nicole." Cercó di avvicinarsi e mi abbracció forte. Ricambiai l'abbraccio ma una persona ci divise.
"Tempo scaduto." mi scortó fuori e salutai Scott di fretta. Tornai all'ingresso ancora con le lacrime agli occhi.
"I dieci minuti più lunghi delle mia vita." si alzó John venendomi incontro.
"Hey piccola, tutto bene? Ti ha fatto male?"
Mi contornó con le braccia.
"Non ha fatto niente. Non ha mai fatto niente." abbassai lo sguardo e senza dire altro uscimmo.

John stava piangendo mentre gli raccontavo ció che mi aveva detto Scott. Non voleva crederci. Continuava a negare.
"Sicura che diceva la verità?" ripetè per la terza volta.
"Si." quella conversazione mi aveva sconvolta ma John stava molto peggio di me.
"Oh piccola." mi abbracció. Quando piangeva, mi sentivo così impotente. Volevo renderlo felice; ma in quella situazione sapevo di non poter fare niente. Ricambiai l'abbraccio e pensai a cosa avrei potuto dire.
"Voglio parlare con Scott." mi anticipó.

Quell'attesa mi stava uccidendo. Era da più di venti minuti che stavano parlando. La mia gamba si muoveva ansiosamente sul pavimento, disturbando molte persone là dentro. Ma non potevo farci niente, faceva fuoriuscire il mio stress. Mi guardai intorno ma il mio sguardo cadde ripetutamente sulla porta dove sarebbe dovuto uscito John. Perchè ci mettevano così tanto? Nel frattempo chiamai mia madre, per avere notizie di Emily.
"Ciao mamma." sospirai.
"Hey Nicole tutto bene?" il suo tono di voce cambiava quando era preoccupata.
"Si." Mentii. "Come sta Em?" cambiai discorso.
"Bene, si sta riprendendo velocemente." Percepii il suo sorriso dall'altra parte del telefono. "Testuali parole della dottoressa." Sottolineó.
"Sono contenta."
"Lo siamo tutti."
Dopo aver parlato del più e del meno riagganciai. Mi alzai perchè avevo bisogno di aria fresca quando all'improvviso la porta si aprì facendomi vedere un John deciso e determinato.
"Amore?"
"Andiamo." non mi guardó neanche un secondo.
"Dove?" cercai di camminargli dietro ma il sul passo era troppo veloce cosi corsi.
"Vedrai." Appena salii in macchina mi dette un bacio rapido e premette l'accelleratore.
Si fermó davanti la stazione di polizia e capii cosa voleva fare. Voleva arrestarla.
Spinse la porta e una risatina uscì dalla mia bocca. C'era il cartello tirare. Lui aveva la bocca serrata e capii che non era il momento di scherzare.
"Vorrei fare una denuncia." poggió i documenti sul tavolo. Faceva quasi paura. Incuteva terrore a me, figuriamoci all'agente dietro il tavolo.
"Signor Walker, denuncia per cosa?" Chiese sistemandosi gli occhiali. Diventavano tutti zerbini davanti a John.
"Omicidio." Scandì bene ogni lettera ed io abbassai lo sguardo.
"Emh, ecco. Si,si. Wow.. insomma." L'agente si stava agitando. "Questo tipo di denuncia è un po'.. diciamo forte. È convinto di quel che fa signore?" chiese infine.
"Si." Il suo sguardo non trasmetteva emozioni. Forse il dolore, ma la rabbia lo stava coprendo.
"Ok.." L'agente digitó dei numeri al telefono e chiamó un collega per parlare con noi.

"Signor Walker." Strinse la mano a John entrando nella stanza.
"Thor." pronunció. Era colui con chi stava parlando l'altro giorno al telefono. Era un uomo alto, i capelli ricciolini di un color biondo cenere e delle braccia muscolose.
"Chi pensi che abbia ucciso chi?" chiese sedendosi.
"Non lo penso, ne sono sicuro." Rispose John.
"Ok, allora chi ha compiuto l'omicidio?" chiese nuovamente.
"Kate Smith."
"Wow." cominció. "e chi avrebbe ucciso?"
"Patrick Merin. Voi dovete controllare. Insieme alla sua banda di amici lo ha drogato così tanto che è morto."
"Beh mi sembra strano che i medici non abbiano trovato tracce di droghe nel suo corpo." Thor prese alcuni documenti e li sfoglió.
"I dottori non hanno controllato. La banda di kate li ha minacciati di morte. Arrestateli e controllate! Poi se non trovate niente potete rilasciarli; ma non lasciate assassini in giro." John fece un respiro profondo e io non vidi l'ora di tornare a casa e coccolarlo un po'.
"Va bene Jonathan. Le faró sapere."
Finalmente uscimmo dalla centrale di polizia e andammo verso la macchina.
"Come vanno i lividi?" mi chiese aprendomi la portiera.
"Bruciano solo se li tocco." entrai in macchina. Era molto più rilassato sapendo che quella notte gli assassini di Patrick stavano dietro le sbarre. E lo ero anche io.

"Scusa se ti ho trattata male al centro psichiatrico." mi bació sulla fronte. Stavamo abbracciati sotto le coperte e la mia stanchezza si faceva sempre più pesante.
"Non hai nessun torto."
"Lui merita di uscire di lì." disse.
"Lo so."
"Lo ammazzerei per averti picchiata, ma l'ha fatto per sua madre."
"Lo so."
"Ti amo piccola."
"Anche io." Appoggiai la testa sulla sua palla ma anche essendo stanca, non riuscivo a prendere sonno.
"John?"
"Si?" anche lui non stava ancora dormendo.
"mancano due mesi." La data si avvicinava ed io ero sempre più triste.
"Lo so." Lo abbracciai forte e mi lasciai andare al calore delle sue braccia. Non riuscivo a pensare alla mia vita senza di lui. Mi completava, rendeva ogni mio difetto perfetto. Era questo l'amore di cui avevo tanto sentito parlare; provare cinquantamila emozioni insieme con un solo sguardo ed altre ventimila con un abbraccio. Lasciarsi andare ed essere se stessi. Era questo il segreto. Ma non tutti lo capivano a fondo. Per alcuni l'amore era pazzia.

"Un po' più in basso.. si lì." John come al solito mi dedicava un bellissimo massaggio alle spalle. La vasca idromassaggio praticamente la usavamo tutti i giorni, era stupenda. Prese la spugna e la strofinó delicatamente sulla mia schiena lasciando una scia di odore di miele. Feci lo stesso con lui quando all'improvviso la suoneria del suo telefono interruppe quel momento rilassante. John uscì di corsa dalla vasca e si asciugó rapidamente le mani mentre io mi godevo lo spettacolo del suo corpo nudo, bagnato e sexy. Mi morsi il labbro vedendo le sue forme perfette e scolpite. Prese e il telefono e lo portó all'orecchio.
"Si? perfetto. Arriviamo." posó il telefono e contornó il suo corpo con un asciugamano, interrompendo la mia visione.
"Sei rimasta ipnotizzata?" chiese passandomi una mano davanti agli occhi. Risi e abbassai lo sguardo.
"Hanno arrestato Kate e il resto del gruppo. Hanno trovato tracce di eroina,cocaina ed alcune pasticche nel suo corpo." Il fatto che Patrick non fosse morto per motivi naturali ma bensì per un omicidio mi provocava una fitta al cuore. Perchè la gente era così crudele? Non hanno una coscienza?
"Mio dio, che schifo." Esclamai uscendo a mia volta dalla vasca.
"sei bellissima." Con un dito percorse tutto il mio corpo.
"Anche tu." feci lo stesso.
"Preparati." disse uscendo dal bagno.

Fuori alla centrale c'erano un sacco di giornalisti e gente che non avevo mai visto. John scansó le persone e riuscimmo ad entrare. Scott era seduto sul divano e corsi ad abbracciarlo.
"Come va?" dissi guardandomi intorno.
"Non bene, Il gruppo si sta rivoltando. Sono stati condannati all'ergastolo." sospiró. Era quello che si meritavano infondo, era inutile rimurginarci sopra.
"Kate invece?" Chiese John.
"cinquanta anni." Wow. Era una bella cifra. Ma ero sempre stata a favore della giustizia perció fui contenta di quello che gli stava capitando. Dovevano pagare per i loro errori. Abbracciai John e, insieme a Scott, uscii da lì.
"Mi avete salvato." disse mozzicando un panino.
"Ti sei salvato da solo. Dovevi solo parlare." sorrisi. Finalmente nessuno ci tormentava più e non dovevo avere paura di guardarmi le spalle.

#spazio autrice
Allora questo diciamo è stato un capitolo un po' diverso dal solito. Chiedo scusa se per alcuni di voi è stato noioso e forse non era come lo aspettavano ma ho voluto scrivere bene tutte le scene. Ci rivediamo al prossimo e mi raccomando passate a leggere "La solitudine dell'amore" di TaisonB ❤️

Fly with youWhere stories live. Discover now