Capitolo sette.

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"John io.." cominciai balbettando. Quanto era difficile.

Mi mise le mani in faccia, mi guardó negli occhi e pronunció "io non ti lascio andare Nicole, prima o poi riuscirai a parlarmene ed io aspetteró fino a quel momento." Aprì la porta e uscì di fretta. Una lacrima mi rigò il viso e trattenni le altre. Dovevo essere forte! Feci un respiro profondo e attraversai la soglia. Salii in macchina e quel silenzio che si era creato era così imbarazzante. Avevo rovinato tutto, e mi sentivo in colpa.

Arrivati, mi aprì la portiera e mi aiutò ad alzarmi. Mi diede un bacio di fretta e mi salutò senza neanche entrare con me. Guardai il cielo grigio e nuvoloso, che si rifletteva dentro di me. Aprii la porta e venni accolta subito da Patrick.

"Hey bellezza. Emozionata per il tuo primo giorno?" Mi bació la guancia ed il suo alito sapeva chiaramente di vino. Mi sentii in imbarazzo per stare li da sola senza John, ma dovevo farcela. Patrick mi spiegó al volo cosa dovevo fare e capii immediatamente vista la semplicità della cosa. Misi il grembiulino che raffigurava il nome del ristorante e che aveva tutto il personale. Mi stringeva un po' al giro vita ma il fastidio era sopportabile! Mi guardai intorno, respirai profondamente ed iniziai a lavorare. Presi le ordinazioni e le andai a mettere nell'apposito muretto dove l'avrebbe lette lo chef. Il mio sorriso finto compariva sul volto ogni volta che dicevo "Siete pronti per ordinare?". Cercavo di essere più gentile possibile e alla fine della giornata il mio lavoro era stato ben ripagato. Avevo accumulato ben 250$ di mance. Ero fiera di me stessa. Salutai Patrick e finalmente, uscii dal ristorante. La pioggia mi bagnó i capelli e con gli occhi cercai subito la macchina di John. La sua macchina di certo non passava inosservata perció quando non la vidi capii che non era venuto a prendermi. Non sapevo cosa fare o dove andare, ed il panico si prese possesso di me. Quando avevo trovato un portico ero ormai zuppa e cercai disperatamente il telefono in tasca. Stavo andando alla rubrica quando mi ricordai di non avere il numero di John. Eravamo sempre stati insieme, non avevo mai avuto bisogno di chiamarlo. Forse mi stava cercando anche lui, forse dovevo rimanere davanti al ristorante. Stetti altri dieci minuti a pensare a cosa avrei potuto fare quando vidi passare Patrick. Corsi subito da lui, e gli spiegai la situazione. Mi diede il numero e lo digitai in fretta.

"John, John ci sei?" dissi camminando avanti e indietro.

"Nicole dove cazzo sei! Ti sto aspettando qui davanti." Era infuriato!

"John pensavo non venissi a prendermi perchè eri arrabbiato e per ripararmi dalla pioggia sono andata sotto un porticato ma non so dove sia." le lacrime iniziarono a bagnarmi il viso e il respiro si faceva sempre più intenso. "Ho camminato circa dieci minuti da lì." finii. Le mie indicazioni non erano state chiare ma almeno avrebbe potuto trovarmi.

"Arrivo." riattaccó. Mi accasciai per terra e appoggiai la testa al muro. Possibile che costringevo me stessa a non essere felice? Mi stavo uccidendo da sola.

All'improvviso vidi la macchina di John e mi alzai al volo. Feci un cenno con la mano e lui parcheggió subito. Entrai di corsa in macchina perchè la pioggia stava aumentando. Non fui mai stata così felice di vederlo.

"Piccola." mi abbracció. Mi abbandonai completamente a lui e al calore delle sue braccia intorno al mio collo. Ero un completo disastro con i capelli bagnati ed il trucco colato ma a lui non interessava, per lui ero sempre bellissima.

Dopo un'ora di doccia decisi di uscire e mi asciugai in fretta i capelli. Non avevo tanta fame perció mangiai un semplice toast e un'insalata veloce. Non avevo ancora avuto modo di parlare con John di ció che era successo stamattina ma lui non mi chiese niente e per me andava bene così. Non mi serviva stress in quel momento, volevo solo essere compresa.

Mi distesi sul mio letto e pensai a tutte le volte che mia madre ha cercato di proteggermi dal mondo. Io a lei dovevo tutto eppure le stavo mentendo. Il nodo alla gola si fece più forte di me ma trattenni le lacrime e chiusi gli occhi.

"Allora Nicole.. perchè sei quì?" Mi chiese la psicologa. Esatto,mamma pensava che ero emotivamente disturbata e prese appuntamento per una visita che secondo lei mi avrebbe aiutata.

"Perchè mia madre pensa che sono malata?!" dissi osservando il muro. I lividi che avevo sulle gambe erano gonfi e il dolore era insopportabile.

"E perchè lo pensa?" chiese con quella voce quasi fastidiosa.

"Perchè quando rientro da scuola corro in bagno a piangere." Questa volta abbassai lo sguardo. Non avevo mai parlato a nessuno di me o di quello che mi accadeva anche se mezza scuola ne era al corrente. Ero riservata e piena di insicurezze.

"I bulli." dico sottovoce alla sua domanda implicita. Forse mia madre aveva ragione, dovevo essere aiutata.

"Cosa ti fanno Nicole?" mi chiese preoccupata.

"Mi picchiano tutte le mattine. Devo fare i loro compiti e non gli vanno mai bene. A ricreazione vengono a cercarmi. E anche quando penso che non ci sono.. loro ci sono sempre." cominciai a piangere.

"Non l'hai detto a nessuno?"

"No."

"e perchè?"

"Perchè loro volevano che io stessi da sola. Mi avrebbero picchiata più forte." risposi. Parlare stava aiutando me stessa a capire molte cose.

"Potevi dirlo a tua madre." disse turbata.

"Non avrebbe potuto fare niente." sospirai "Se fosse andata dalla preside loro mi avrebbero cercata ovunque."

"Avrebbe trovato un modo per aiutarti."

"Non ce n'era nessuno.." iniziai a piangere più forte. Misi la sua mano sopra la mia e continuó "Allora che hai fatto?" si vedeva che aspettava con ansia la risposta.

"Ho aspettato che finissero il liceo."

"Sei una ragazza forte."

"No."

"Si, invece. Hai subìto per quello che avrebbero potuto fare ad altri." disse comprensiva. Non ci avevo mai pensato.

"E perchè adesso stai male se è tutto finito?" chiese curiosa.

"Perchè loro dicevano di essere sempre presenti.. e lo sono; nella mia mente."

"Devi trovare qualcuno che te li spazza via, Nicole."

"Nessuno sarebbe mai in grado. E nessuno vuole essere mio amico." Le lacrime erano terminate e stavo osservando il vuoto.

"Devi provarci. Trovati qualcuno che non sia della scuola. Esci e divertiti."

"Ci penseró." mentii. Volevo starmene chiusa a casa finchè non sarei riuscita a convincere mamma di partire.

Uscii da lì e i pensieri si impossessarono di me. Ero così minuta davanti a quella situazione. Decisi che per me doveva finire lì, vidi una macchina arrivare; feci un passo, lentamente ne feci un altro.. La botta fu atroce. Caddi per terra e chiusi gli occhi,abbandonandomi completamente al dolore.

Mi svegliai tra quelle coperte che mi coprivano tutta. Il mio cuore batteva velocissimo e come al solito ero sudata. Andai in bagno e mi diedi una sciacquata fresca al viso. Mi guardai allo specchio e vidi la ragazza di due anni fa. Impaurita e devastata. Mi rimisi sotto le coperte e mi racchiusi in me stessa. Non riuscivo proprio a dormire e sapevo cosa dovevo fare. Era il momento di dare retta alla mia psicologa. Camminai fino alla camera di John, cercando di fare meno rumore possibile. Aprii la porta lentamente e la socchiusi. Mi infilaii tra le sue coperte e lui stava dormendo profondamente. Aveva solo le mutande e questa cosa mi fece venire la pelle d'oca. Sentii per la prima volta i suoi muscoli sotto il palmo delle mie mani. Percorrevo la sua schiena con l'indice e mi chiesi se c'era una persona al mondo più perfetta di quella che avevo davanti. Lo contornai con le braccia e mi addormentai subito.

"Hey piccola." Mi disse baciandomi. Erano le sei di mattina e tra due ore sarei dovuta andare a lavoro. Mi stiracchiai e feci un respiro profondo. Lui mi guardó con aria curiosa ed io cercai di rispondere alle sue domande sottintese.

"Ho fatto un brutto sogno stanotte e sono venuta quì."

"Mi fa piacere." disse baciandomi.

"Sono pronta. Voglio parlare." dovevo sconfiggere la mia più grande paura, confidarmi.

Fly with youWhere stories live. Discover now