Capitolo 10

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*10 mesi prima*

Sanem

Erano due mesi che io e Can stavamo insieme, c’incontravamo solitamente alla Terrazza dei pescatori per trascorrere un po’ di tempo insieme a coccolarci. Avevo deciso anche di presentarlo alla mia famiglia e loro erano stati felici di conoscerlo. Lo apprezzavano e lo stimavano, considerandolo quasi un figlio. Can ci aveva messo davvero poco a conquistare il loro cuore. Questo mi faceva sentire ancora più sicura di averlo nella mia vita.

Un pomeriggio decisi di fargli una sorpresa andando in redazione. Non gli avevo detto che ero tornata già dalla mia trasferta a Madrid. La ragazza alla reception mi indicò la porta del suo ufficio, era la prima volta che lo raggiungevo sul luogo di lavoro. Bussai e quando entrai lo vidi spalancare gli occhi per poi sorridermi, uno di quei sorrisi che mi faceva sciogliere.

«Cosa ci fai qui?» mi chiese sorpreso, venendo ad abbracciarmi.

«Volevo farti una sorpresa. Spero di non averti disturbato!»

«Tu non disturbi mai» disse, stringendomi a sé e baciandomi. «Dammi solo due minuti, mando un’e-mail e sono tutto tuo.»

«Aspetto qui!» esclamai, accomodandomi sul divano e togliendomi il cappellino.

Di tanto in tanto, Can alzava lo sguardo su di me ed io non potevo far altro che sorridergli, continuando a fissarlo mentre lui era intento a scrivere qualcosa. Era irresistibile, sentivo le farfalle nello stomaco e il cuore battere impazzito.

«Finito!» disse, chiudendo il pc. «Vieni qui!» Allungò le braccia e si discostò dalla scrivania. Non me lo feci ripetere e andai a sedermi sulle sue gambe. Quella vicinanza mi mandava in tilt ogni volta. Mi abbracciò e mi sorrise, guardandomi intensamente. Poggiai la mia fronte alla sua, adoravo quel contatto. Gli misi entrambe le mie braccia intorno al collo e lo baciai. Il sapore delle sue labbra e la dolcezza con cui la sua lingua accarezzava la mia mi facevano fremere.

Avvertii una mano posarsi sulla mia gamba. Mi irrigidii mentre risaliva pian piano sulla coscia. Non sapevo che fare, se permettergli di continuare o fermarlo. Lo volevo ma al tempo stesso…

«Aspetta, Can!» lo bloccai.

Fermò la mano che stava avanzando lentamente sotto la gonna e mi guardò.

«Io…» Non sapevo come dirglielo, ero in imbarazzo. «Io non…»

«Non vuoi?» mi chiese dolcemente.

«No, io… Can, non ho mai avuto una storia seria… Capisci cosa intendo?» gli chiesi, sperando che davvero capisse.

Continuò a guardarmi e poi sorrise. Mi accarezzò il viso e fece sfiorare i nostri nasi.

«Posso solo accarezzarti?» sussurrò sulle mie labbra. «Giuro che se non vuoi non vado oltre!»

Annuii, lasciando che la sua mano tornasse dov’era poco prima. Presi il suo viso tra le mani e cercai le sue labbra. Ci baciammo dolcemente mentre sentivo la sua mano salire sempre di più fino a sfiorarmi il fianco.

Bussarono improvvisamente alla porta e in un balzo mi trovai in piedi. Can andò ad aprire. La segretaria gli porse alcuni incartamenti per poi congedarsi. Richiuse la porta, questa volta a chiave, e mi riportò sulle sue gambe.

«Se vuoi andiamo via» disse.

«Restiamo un altro po’ qui» esclamai.

«Mi fai impazzire con la divisa» mi sussurrò, baciandomi il collo.

Questa volta la mano finì sui bottoni della mia camicetta e il mio respiro divenne intenso. Mi sentii avvampare quando i primi bottoni si aprirono. Di tanto in tanto, Can cercava il consenso nel mio sguardo. Non riuscivo a dirgli di no e lui continuò a sbottonare. Avvertii il calore della sua mano sulla pancia mentre con le dita mi accarezzava lentamente. Avevo il fiato corto e gli occhi chiusi, con la fronte poggiata alla sua. La sua mano salì fino a sfiorare il reggiseno per poi infilarsi nella coppa e farmi impazzire. Cercai di nuovo le sue labbra e questa volta il bacio fu più intenso, passionale. Sentii qualcosa irrigidirsi sotto la mia coscia e capii che dovevo fermarlo. Mi staccai da lui a fatica.

«Che c’è?» mi chiese, bloccandosi.

«Forse è meglio se andiamo via» mormorai.

«Va bene! Però sei bellissima» disse, facendomi sorridere. Non sembrò dispiaciuto, anche se dai suoi occhi traspariva il desiderio represso.

Quella sera cenammo a casa mia. Mia sorella ci rimase male perché, ancora una volta, non poté essere presente per conoscere Can. Mia madre, invece, preparò l’impossibile e mio padre gli mostrò la sua collezione di vinili, scoprendo di avere quella passione in comune.

«Domani ti va di accompagnarmi in un posto?» gli chiesi, prima che andasse via.

«Dove?» domandò curioso.

«Domani lo scoprirai» risposi, sorridendo.

*******

«Ok, ferma qui!» dissi.

Can spense il motore e scendemmo dall’auto.

«Che posto è?» mi chiese.

«Quella laggiù è la nostra piccola casa al mare.»

«Davvero è tua?»

«Della mia famiglia.»

«E che ci facciamo qui?» mi chiese perplesso.

In effetti, non era tempo per fare una nuotata e il freddo dell’inverno non permetteva nemmeno di passeggiare sulla spiaggia.

Lo condussi per mano fin dentro casa.

«Ti va se restiamo qui?» gli domandai.

«Va bene!»

Lo guardai. Mi tolsi il cappotto e gli sfilai via il suo.

«Ieri non volevo che succedesse in ufficio» gli dissi, avvicinandomi al suo volto.

Mi fissò per un attimo, esitante, capendo poi a cosa alludessi. «Non c’è fretta» mormorò.

«Qui è diverso» esclamai convinta.

«Ne sei sicura?»

«Sicurissima. Sono sicura di volere te, di volere le tue mani su di me, le tue carezze, i tuoi baci. Sono sicura di voler fare l'amore con te» dissi, guardandolo negli occhi.

Mi accarezzò il viso e mi beai del dolce tepore della sua mano. Sembrò tentennare, come se aspettasse un'ulteriore conferma da parte mia.

«Ti amo!» sussurrò, avvicinando il suo viso al mio.

«Ti amo anch’io!» mormorai, strofinando il mio naso al suo.

Lo portai nella mia camera. Il silenzio fu rotto soltanto dai nostri respiri intensi e dal rumore delle onde che s’infrangevano fragorosamente a riva.

Mi distese sul letto sotto di lui e potei sentire immediatamente la pressione del suo corpo attraverso i jeans. Le sue labbra sul mio collo mi fecero fremere ma mai quanto le sue mani quando sfiorarono la mia pelle da sotto la maglia. Me la sfilò via e in un attimo buttò per aria anche la sua. I nostri respiri si mescolarono, confondendosi in un unico vortice. Mi spogliò lentamente, facendomi prendere letteralmente fuoco, mentre i suoi occhi mi guardavano colmi di desiderio. Si distese su di me continuando ad accarezzarmi e baciarmi facendomi perdere lucidità. Tremavo di paura e piacere, ma Can mi strinse a sé abbracciandomi col suo calore.

Mi amò dolcemente, fermandosi di tanto in tanto, permettendomi di riprendere a respirare quando il fiato sembrava volesse mancarmi. Riuscì a stordire il dolore di quella prima volta, sfiorandomi l'anima col suo sguardo intriso d'amore.

E m’insegnò ad amarlo, mentre fuori stava per abbattersi un temporale.

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Il mio volo sei tuWhere stories live. Discover now