CanCorsi cercando di non far rumore e quando le fui vicino le piombai addosso tappandole la bocca con la mano per non farla urlare, trascinandola verso il muro adiacente.
«Sssh, sono io, non gridare!» le sussurrai all’orecchio.
La vidi rilassarsi nonostante il suo respiro fosse ancora in affanno per lo spavento. La girai verso di me e la incastrai tra il muro e il mio corpo.
«Non fiatare. Fai finta che io e te…» non riuscii a terminare la frase.
Gli occhi di Sanem erano incastrati nei miei e quel contatto mi stava rendendo nervoso, a causa di quella particolare situazione, e non potevo cedere.
«Che cosa ci fai qui?» la rimproverai a voce molto bassa.
«Sono con le ragazze» mormorò.
«E tu che ci fai qui fuori da sola?»
«Non posso uscire a prendere un po’ d’aria, adesso?» disse risentita.
«C’è il giardino. Qui è pericoloso.»
«Volevo stare un po’ da sola.»
«Perché?» le chiesi, come se la mia domanda fosse lecita.
Non rispose, infatti, ma si limitò a guardarmi indispettita. Sentii dei passi avvicinarsi.
«Abbracciami!» le ordinai.
«Cosa?» chiese incredula.
«Fai come ti dico. Abbracciami e fingi di… di lasciarti andare.»
«Cosa???»
«Dopo ti spiego» le dissi, stringendola fra le mie braccia mentre lei mi cinse il collo e posò una mano sulla mia nuca. Quel contatto mi mandò in estasi. Sentii il suo odore invadermi le narici e avrei potuto perdermici.
«Osserva cautamente se qualcuno viene verso di noi» le sussurrai.
«Non viene nessuno, c'è solo un tizio che ci guarda ma sta andando via.»
«E non vedi nessun altro?»
«No, siamo da soli» disse, facendo sfiorare i nostri volti.
Sentii la sua guancia fredda a contatto con la mia barba. I nostri nasi si sfiorarono e le nostre labbra erano molto vicine… troppo. Chiusi gli occhi. Non riuscivo a staccarmi da lei, finché non sentii la voce di Engin che mi chiamava e fui costretto ad allontanarmi da Sanem quel tanto per non starle col fiato sul collo.
«Ci sono, Engin! Scusa ma c’è stato un imprevisto.»
«Ok, Can, l'importante è che stai bene. Torna subito, tanto abbiamo materiale a sufficienza.»
«Arrivo!» risposi, staccando nuovamente il microfono.
Guardai Sanem che mi fissava.
«Sei qui in missione, giusto?» mi chiese.
Annuii.
«Non bevete niente. Anzi, andate via da qui» le suggerii.
«Perché?»
«Non è il momento di fare domande» le risposi.
«Perché, ci sarà un altro momento?» domandò sarcastica.
«Fidati di me!»
Mi guardò con quegli occhi profondi nei quali lessi il rimorso per non essersi fidata di me mesi fa.
«Ora torna dalle tue amiche e andate via, anche in un altro locale ma non restate in questo» la implorai.
Annuì.
«Non possiamo farci vedere separati. Ti accompagno fino all’ingresso del giardino e poi vado via» le dissi, prendendola per mano.
Quel contatto mi generò altre sensazioni ed emozioni che mi erano mancate e mi mancavano tutt’ora. Lei non si oppose e camminò accanto a me come fosse la mia ragazza. Quando lasciò la mia mano fu come se un vortice m'inghiottisse. La fissai negli occhi ancora un istante per poi andare via.
Con Engin e Deren inventai la scusa di aver visto altri strani movimenti al locale e di non essermi reso conto di aver coperto la webcam. Tornammo, quindi, in redazione e visualizzammo le registrazioni.
«Una ripresa perfetta» esclamò entusiasta il mio collega. Ma i miei occhi erano puntati sulla parte finale del video, per fortuna avevo coperto in tempo la webcam da non riprendere la sagoma di Sanem.
Una volta a casa, ripensai a quanto vicini eravamo stati. Il suo profumo, il suo respiro, il suo tocco leggero mi stavano mandando in frantumi. Non avevo mai provato nulla del genere per una donna, lei era stata l’unica, anzi, era l’unica a farmi sentire vivo, a farmi provare emozioni che mi rendevano vulnerabile. In quel momento, però, non potevo passare sopra alla sua mancanza di fiducia che mi aveva distrutto il cuore.
Entrai nella doccia lasciando che il getto d’acqua si portasse via il pensiero di lei, mi portai le mani tra i capelli e sollevai il viso. Ma il ricordo di noi due, proprio lì, mi imprigionò con l’immagine di lei che si lasciava accarezzare, le nostre bocche che si cercavano avide mentre l’acqua ci bagnava interamente, il suo ansimare che si confondeva con il mio respiro affannoso. La sentivo come se fosse ancora lì, non dovevo lasciarmi andare ma la voglia di lei divenne più forte che mai ed io continuai ad ascoltare i suoi sospiri mentre ci amavamo. Non riuscii a fermare lo scorrere fluido di quel ricordo, non volevo fermarlo e non volevo dimenticare. Lei era lì, sulla mia pelle, dentro ai miei occhi, dentro al mio cuore che mi diceva di correre da lei, soprattutto adesso che la verità era venuta fuori. Mi costrinsi a mandar via la sua immagine appagata e felice che mi stringeva dopo aver fatto l’amore ed uscii dalla doccia raggiungendo il letto. Presi il telefono e fui tentato di mandarle un messaggio per sapere se era tornata a casa, se era andata via da quel locale o era rimasta lì. Ma di nuovo il mio orgoglio prese il sopravvento e lanciai il telefono in un angolo del letto.
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Il mio volo sei tu
RomanceA volte non basta l'amore per riuscire a perdonare, soprattutto se c'è di mezzo l'orgoglio, ma nel loro cuore vivranno sempre l'uno per l'altra.