Capitolo 35

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Can

Ero in attesa davanti al nastro per il ritiro bagagli e mi guardavo intorno, più per curiosità che per cercare qualche elemento che mi ricordasse qualcosa. D'altronde, cosa ci sarebbe stato di così interessante in un aeroporto da riportarmi indietro nel tempo?

Vidi il mio trolley e mi avvicinai per recuperarlo, quando un tizio si fiondò sul mio bagaglio.

«Guardi che è il mio» gli feci notare con calma, parlando così d’impulso in turco.

«Ma cosa dice, questo è il mio, aspetti che le mostro il nome sull’etichetta» mi riprese.

«Ecco, ha visto? C’è scritto “Austin Conrad”, quindi è il mio» confermai.

«Le chiedo scusa! Ma lei… lei ha un viso conosciuto… mi ricorda… Ma certo, il famoso giornalista Can Divit, sparito misteriosamente tre anni fa.»

Le parole di quel tizio mi gelarono. Era la seconda persona che mi chiamava “Can”; poco prima anche uno degli steward mi aveva chiamato con quel nome.

«Si sbaglia, mi sta confondendo con qualcun altro» risposi, seppure volevo capire chi fossi io davvero.

«Può darsi, ma la somiglianza è impressionante. Mi scusi ancora se l’ho importunata.»

«Non è successo nulla. Le auguro buona giornata» mi limitai a dire incamminandomi verso l’uscita.

Eppure, quel volto non mi era nuovo, così come quello dello steward, Osman. Prima di scendere dall’aereo avevo impresso nella mia mente il suo nome; non si poteva mai sapere.

Ero quasi nei pressi delle porte automatiche quando mi voltai in cerca del tizio di poco prima, magari anche lui poteva essere un tassello di un mosaico da ricostruire. Lo vidi alcuni passi dietro di me, ma non aveva alcun bagaglio. Certo, non era quello il mio problema ma mi sembrò strana quella situazione. Non appena mi fu davanti lo fermai ed ebbi l'impressione che lui non stesse aspettando altro.

«Non ha recuperato il suo bagaglio?» gli chiesi perplesso.

«Ehm… probabilmente è finito sul volo sbagliato. Andrò a reclamare.» La sua risposta mi convinse poco ma lasciai perdere.

«Posso chiederle il suo nome?»

«Engin. Mi chiamo Engin» mi rispose con tale enfasi e con un mega sorriso che non potei fare a meno di sogghignare. Mi tese la mano e io l’afferrai. Continuai a guardarlo e qualcosa nella mia mente si smosse. Un’immagine fugace in cui vidi quell’uomo davanti ad un computer all’interno di quello che sembrava un furgone.

«Si sente bene?» mi chiese vedendomi strizzare gli occhi.

«Sì, sì, io… devo andare.»

«Aspetti, se ha bisogno può trovarmi alla Turkiye'nin Sesi, è la redazione in cui lavoro.» Mi porse un suo biglietto da visita. Mi venne quasi da pensare che quell’incontro non fosse fortuito e che quel tizio, dall’aria tutto sommato divertente, mi conoscesse. «Se non ha altro da fare, le consiglio di fare un giro per l’aeroporto, prima di andare via. Potrebbe trovare cose interessanti.»

Non disse altro, si congedò ammiccando ed ebbi l’ulteriore conferma che il nostro incontro non era stato per niente casuale. Aveva anche detto che quel Can Divit era sparito da tre anni. Non poteva essere una coincidenza.

Decisi di recarmi in hotel per darmi una rinfrescata e cercare notizie su... di me?

«Ha detto che è un giornalista, quindi dovrei trovare informazioni» mi dissi aprendo internet dal mio portatile e facendo una scoperta che mi lasciò senza fiato.

~*~*~

Engin

Avevo seguito Can fino al ritiro bagagli e avevo messo in scena la prima cosa che mi era saltata in mente. Gli avevo fatto capire che lo conoscessi ma non avevo voluto pressarlo, eppure gli avevo lasciato degli indizi per poter ritrovare se stesso. Avrei voluto abbracciarlo ma se lo avessi fatto mi avrebbe sicuramente preso per matto. Di sicuro, però, non lo avrei perso di vista e attesi che salisse su un taxi per poi seguirlo con la mia macchina. Ma non appena misi in moto, qualcuno bussò al finestrino.

«Osman, vado di fretta non…»

«Aspetta, Engin, non sai chi ho visto sul volo partito da Glasgow» disse trafelato.

Lo guardai e feci due più due. «Sali subito in macchina, Osman. Abbiamo una missione. Sbrigati, muoviti!»

Come se si fosse sentito minacciato, salì in fretta ed io accelerai riuscendo per fortuna a raggiungere il taxi sul quale era Can.

Osman mi raccontò di averlo visto sull’aereo ma che Can non lo aveva riconosciuto. Gli spiegai rapidamente del perché e gli dissi anche che avremmo dovuto procedere cautamente, senza fargli pressione.

«Sono sicuro che dentro di sé ci abbia riconosciuti, lo sento, ma dobbiamo dargli tempo. Sono certo che ritroverà la strada di casa da solo.» Ero convinto di quello che dicevo, ma in ogni caso non l’avrei perso di vista, lo avrei seguito ovunque senza farmi scorgere.

«Credi che dobbiamo avvisare Sanem ed Özge?» mi chiese Osman.

«Non subito. Cioè, certo che glielo diremo ma sarà meglio farlo con calma. Sanem sa soltanto che lui è vivo e sta a Glasgow. Dobbiamo prepararla a quest’altra realtà.»

«Engin, tu sei sicuro che sia proprio lui?»

«Mi ha detto di chiamarsi Austin Conrad. E’ il nome con cui ha convissuto questi tre anni.» Gli spiegai brevemente ciò che alla fine mi aveva confessato Metin.

Arrivammo davanti all’hotel dove il taxi si era fermato. Vedemmo scendere Can ed io lo seguii nascondendomi, ma cercando di capire quanto tempo si sarebbe fermato lì. Alla reception non diede un periodo preciso, per cui, al momento, sapevo almeno dove alloggiava.

Tornai in macchina. «Chiama Özge e dille che stasera avrete ospiti. Verrò con Sanem e Denise. Prepariamole a questa verità.»

Sapevo che sarebbe stato difficile trattenere le ragazze ma era giusto metterle al corrente.

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Il mio volo sei tuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora