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La stanchezza alla fine aveva preso il sopravvento facendomi cadere in un sonno profondo ma tormentato da incubi.

Non era la prima volta che facevo quel sogno ma quella notte fu molto più intenso.

Camminavo nel buio, intorno a me c'era solo oscurità.

Avevo paura e gocce di sudore mi inumidivano la fronte, ogni tanto mi voltavo indietro per vedere se ci fosse qualcuno ma nulla, nessuna oscura presenza era lì per tormentarmi eppure, le sentivo.

Erano una presenza costante nella mia testa o in quel luogo buio e desolato, non riuscivo a comprendere bene da dove provenissero.

Bisbigliavano ininterrottamente, all'inizio non riuscivo a comprenderle erano come mosche che mi ronzavano intorno poi, si fecero più insistenti e alzarono il tono della voce per farsi sentire meglio e le parole che arrivarono alle mie orecchie furono taglienti come una lama che affonda nella carne.

Si ripetevano di continuo, erano sempre le stesse.

"Sei sola Liv"

Era angosciante, mi sentivo soffocare, non volevo ascoltarle perché era proprio così che mi sentivo, sola.

Dopotutto i sogni rivelano ciò che si cela nella nostra anima, ci rammentano chi siamo e portano in superficie paure dimenticate.

Arrivata qui, nella terra delle neve avevo fatto i conti con la cruda realtà e la bambina ingenua di Sarpsborg ora non esisteva più.

Mi svegliai da quell'incubo con il cuore alla gola, madida di sudore e molto confusa, avevo pianto così tanto prima di addormentarmi che gli occhi mi facevano male.

La stanza era in penombra, era ancora notte fonda e questo mi rendeva difficile vedere e distinguere le cose intorno a me ma, una cosa la vidi bene, i suoi occhi.

Luccicavano nella notte come quelli di un lupo, erano quasi inquietanti, mi scrutavano senza pietà, senza darmi tregua, erano ambrati e percepivo la furia che trasmettevano, quello sguardo mi impediva di fare qualsiasi movimento e mi comandava di avere paura.

Rimase così, fermo a fissarmi per momenti che a me sembravano non finire mai e poi con tono spietatamente calmo mi parlò.

"Ero indeciso se ucciderti con le mie stesse mani.
Devi ringraziare Bjorn per essere ancora viva."

"Olcan io..."

"Zitta."

" Lasciami spiegare..."

In un lampo mi sovrastò, prese tra le mani i miei lunghi capelli e con uno strattone mi costrinse ad alzare la testa.

"Ho detto che devi stare zitta."

Non ebbi più il coraggio di replicare, era fuori di sé completamente accecato dalla rabbia ed ora che si trovava a pochi centimetri dal mio viso vidi ciò che il buio aveva nascosto.

Il suo viso, il suo corpo, erano ricoperti di sangue e potevo anche immaginare a chi potesse appartenere.

Mi sentii morire, per colpa mia quell'uomo aveva perso la vita e che fosse un confinato poco importava, lo avrei portato sulla coscienza.

"Lo hai ucciso."

Erano parole dette sottovoce più a me stessa che dirette a lui ma comunque le sentii e non ne fu contento infatti, fece ancora più pressione con le mani facendomi fare una smorfia di dolore.

"Ti dispiace? Credevi davvero che avrei lasciato in vita un confinato alleato di Vikar sorpreso in compagnia di mia moglie?"

Un forte ringhio a quel punto fece voltare entrambi e fui lieta di vedere Fenris pronto ad attaccare.

Quando Bjorn mi aveva riportata indietro non mi ero accorta che fosse nella stanza, probabilmente era entrato insieme ad Olcan dato che accanto a lui vi era anche la lupa rossa.

Mio marito vedendolo allentò la presa e mi lascio andare, non era affatto spaventato da Fenris ma capii che il suo ringhio l'aveva in qualche modo fatto ritornare in sé.

Fenris si fermò ai miei piedi pronto a proteggermi come sempre e gli fui grata per questo perché non mi sentivo affatto sicura.

"Sai, se c'è una cosa che odio profondamente è il tradimento e quello che mi fa più rabbia è che da te donna, non me lo aspettavo."

Non volevo che mi parlasse o trattasse in quel modo, non avevo fatto nulla per meritarmelo e dovevo trovare un modo per farglielo capire.

"Volevo solo trovare Ella."

Per un attimo restai pietrificata di fronte mio marito quando prese in mano la sua ascia, credetti che volesse uccidermi ma tirai un sospiro di sollievo quando con violenza la lanciò contro la porta dove andò a conficcarsi.


"Tu menti!"

Avevo paura ma lui doveva capire e feci la prima cosa che mi passò per testa, presi la mano di mio marito e me la portai al petto.

" Sai che non è così, puoi capire se mento me lo hai detto tu stesso. Avevo bisogno di Ella e sono andata nel bosco a cercarla, mi sono persa e non so come mi sono ritrovata con quel confinato!

Non volevo scappare, ne tantomeno pugnalarti alle spalle!"

Ero stata sincera e mi ero accertata che lui sentisse i battiti del mio cuore così da capire se la donna che riteneva una traditrice gli stava mentendo.

"Cosa volevi da Ella? Perché non hai chiesto a me dove fosse invece di andare alla cieca?"

Il suo tono era ancora sprezzante e risentito ma più calmo io invece, buttai fuori tutto ciò che mi opprimeva.

"Non si può parlare con te! Non mi ascolti mai, non facciamo altro che combattere, sono sfinita.

Non so mai cosa fai, non so neanche dove passi tutte le notti e poi mi accusi di tradimento!

Perché mi hai sposata e portata fino a qui se non mi vuoi?"

Calde lacrime rigarono nuovamente il mio viso, non riuscii a trattenerle e mi vergognai un po', odiavo farmi vedere debole davanti a lui ma sperai comunque che mi avesse creduta.

Desiderai un po' di dolcezza da quell'uomo così brusco, ma la dolcezza non faceva parte dell'essere di Olcan e me lo dimostrò immediatamente.

Mi prese la vita e mi sbattè contro il muro.

"Non ti voglio?"

Sussurrò al mio orecchio facendomi venire i brividi.

"Donna, se dessi libero sfogo ai miei istinti, non saresti più in grado neanche di camminare."

La sua mano andò ad infilarsi sotto il mio vestito, accarezzò la mia gamba dalla caviglia fino ad arrivare dietro il ginocchio poi la tirò su portandosela alla vita facendo scontrare i nostri corpi.

"Bramo ogni centimetro della tua pelle, ogni secondo.

Il tuo profumo mi divora l'anima."



WULFGAR - The land of snowWhere stories live. Discover now