16. Ti ha fatto del male, Eva?

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La prima volta che ho dato un bacio a qualcuno - e non parlo di uno di quelli a stampo senza significato - la persona al mio fianco si chiamava Benjamin. Avevamo entrambi tredici anni ed è stata un'esperienza davvero drammatica: lingue incontrollate e inesperte, saliva al sapore di cracker e goffaggine generale. Con il tempo sono migliorata, ho fatto esperienza, e sono convinta di essere diventata abbastanza brava, anche se non ho mai provato nuovamente l'esperienza assieme a Benjamin, quella volta mi è bastata.

Ad essere sincera, però, non ho mai provato una sensazione di profonda e coinvolgente attrazione fisica ed emotiva che mi sconvolga i sensi. Mentre mi trovo qui, in mezzo a un marciapiede buio di Seattle, con Mason mi sento come attirata dal potente magnete che lui rappresenta: non smetto di guardarlo, di desiderare le sue mani sul mio corpo, di sentirmi sollevare fino a raggiungere l'altezza giusta per baciare le sue labbra bollenti. Niente di più.

Mentre ero avvinghiata al suo bacino ero senza fiato, la salivazione era ridotta, il cuore batteva in preda all'eccitazione, ma nulla più di questo. Nel momento in cui le nostre bocche si sono incontrate mi sarei aspettata battiti asincroni del mio cuore, una felicità disarmante - quello si vede solo nei film, Amelia, e tu non sei un'attrice di Hollywood - invece nulla.

A dire la verità non conosco cosa si provi ad essere innamorati di qualcuno ma, di sicuro, ci deve essere altro, qualcosa di infinitamente più potente che ti spezza il respiro, ti fa sbarrare gli occhi al minimo suo contatto e che ti fa provare lo strano formicolio dietro la nuca quando lei, e solo lei, entra nella stanza in cui ci sei anche tu. Quel qualcosa mi è mancato.

«Ci sono le luci accese nel tuo appartamento. Perché mai le lampade del salotto sono così luminose?» Chiede lui stringendo più forte la mia mano. Forse si è accorto dei miei dubbi? No, impossibile.
«Magari è ancora in compagnia di Adam?» domando con il naso rivolto all'insù mentre sento una strana sensazione insinuarsi fra le fibre del mio corpo.

«No, è da sola. La macchina di Adam non è nel vialetto» indica il posto vuoto nel parcheggio. In effetti lui esce sempre alle cinque, che siano stati nel suo appartamento?

«Lui non le ha mai permesso di varcare la porta di casa sua, Eva non sa neanche dove abiti quello stronzo» la risposta di Mason ai miei pensieri è amara e confonde ancora di più l'idea che mi sono fatta del loro rapporto.

Un suono, proveniente dalla tasca dei miei pantaloni, mi avvisa dell'arrivo di un messaggio e senza pensarci estraggo il telefono e premo sulla notifica.

«Che ne pensi del loro rapporto?» chiedo prima di leggere il mittente. In risposta ricevo uno sguardo velato da profonda tristezza, poi un sospiro che anticipa le sue parole: «Io credo che mia sorella non si sia ancora accorta che Adam la sta solo usando per il suo divertimento. Sono quasi certo che si sia innamorata di lui ed è per questo che non riesce a rifiutare le sue attenzioni. Quando se ne renderà conto sarà troppo tardi».

«È lei. Il messaggio che mi è appena arrivato è il suo» dico senza riflettere con una vena di amarezza nel tono di voce. So che ha ragione, nonostante conosca davvero poco la loro relazione, però credo anche che Eva debba vivere le sue esperienze liberamente, penso senza dare volume alle mie considerazioni.

«Sta bene?» chiede, visibilmente preoccupato per la sorella.
«Ciao Ami, non so se sei ancora al Rabbit ma in questo momento avrei proprio bisogno di un'amica» leggo ad alta voce, distogliendo lo sguardo dallo schermo per guardare il volto duro e cupo di Mason.

D'istinto mi ritrovo a poggiare i palmi sul petto del giovane, troppo intento a rompere le vetrate della finestra con lo sguardo per accorgersene. Accarezzo i suoi capelli, lo fisso dritta negli occhi e lui sembra quasi stupito da quel gesto così premuroso da parte mia. In realtà lo sono anche io, mi sono solo affidata al mio istinto nella speranza che si calmasse.

ANNI LUCE DI DISTANZAWhere stories live. Discover now