Capitolo 26

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Sono qui nel letto dell'ospedale che fisso il vuoto. Una parte di me desiderava essere morta, ma l'altra mi tratteneva qui, come se ci fosse qualcosa che mi teneva attaccata alla terra. Una parte di me mi dice di suicidarmi, perché stando qui rovino le persone che mi vogliono bene. Ma l'altra beh... mi dice che qui c'è qualcuno che senza rendermene conto ha bisogno di me, che ha bisogno della mia presenza per continuare a essere felice. 

Ed è strano perché chi mai potrebbe avere bisogno di me e della mia presenza? Chi potrebbe mai volere come amica, sorella, fidanzata o figlia una persona che è in costante lotta con se stessa e i suoi demoni interiori? Chi vorrebbe mai al suo fianco me, una ragazza che per vivere uccide? chi vorrebbe una ragazza che è più morta dentro delle sue stesse vittime uccise con un colpo di pistola proprio in mezzo alle sopracciglia? 

Nessuno... proprio nessuno cazzo...

Ma qualcosa riesce a tenermi in vita...qualcosa di più grande e pericoloso di una pistola, più pericoloso di una missione a Cuba, più potente e pericoloso anche di se stessi.

Vorrei solo capire cos'è per levarmi di dosso quella sensazione di pesantezza e costante paura che possa sbucare da un momento all'altro, non permettendomi di prepararmi e reagire.

Mi tocco la guancia, asciugando un'altra delle mie tante lacrime versate negli ultimi anni. Decido di non pensarci più e provo a muovermi e mettermi seduta, ma un dolore lancinante all'addome non me lo permette. Mi guardo le braccia e noto diversi cerotti su esse. I ricordi dello scontro mi ritornano in mente e una rabbia incontrollabile si impossessa di me, stringo la mano a pugno, ma un lieve fastidio si diffonde sul braccio. Solo ora ho notato di avere una siringa intradermica sul braccio,  collegata a una sacca che contiene un medicinale trasparente. 

Alzo il viso quando sento la porta aprirsi... sono i miei bellissimi genitori, sento le lacrime scendere copiosamente sulle mie guance. Mia madre si avvicina e mi abbraccia, riempendomi di baci su tutto il viso. 

<la mia stupenda bambina, come stai amore? ti fa male qualcosa? hai bisogno del dottore? hai fame? aspetta chiamo le infermiere> la fermo prendendole il braccio <mamma sto bene, stai tranquilla, non ho fame e non mi fa male niente apparte l'addome quando mi muovo> 

<va bene bimba mia> annuisco e guardo nella direzione di mio padre che mi guarda con felicità negli occhi

<ciao papà, come stai?> <dovrei portela io questa domanda non credi? perciò, come sta la mia scimmietta preferita? > 

<HAHAHAHHAA adesso bene> si avvicina a me e mi da un bacio sulla guancia.  <Hey scimmietta, cos'hai? sembri nervosa> punto i miei occhi nei suoi

<ho sete di vendetta papà>  mi fissa sbalordito e poco dopo si riprende 

<sei tale e quale a tuo padre tesoro> afferma mia madre che si è appena seduta alla fine del letto

<esatto, e sono fiero di te tesoro. Ti prometto che la otterrai devi solo riprenderti e uscire da qui, ma prima di tutto devi prima darmi un bell'abbraccio> 

sorrido <va bene -lo abbraccio- ti voglio tanto bene papà> gli dico all'orecchio <anch'io scimmietta mia, anch'io> ricambia con un pizzico di malinconia 

<e io? non esisto più?> chiede mia madre facendo la finta triste 

<ma certo mamma, vieni qua> si unisce e ci abbracciamo tutti e tre. Bussano alla porta e vedo sbucare solo la testa di mio fratello Luca. Poco dopo tutti entrano nella stanza, tutti tranne lui però...

<dov'è Dimitri? > chiedo visibilmente triste nel non vederlo 

<eccomi, pensavate di festeggiare senza torta?> lo vedo entrare con una torta di 3 piani tra le mani. Ha delle sfumature che vanno dal nero al bianco e ci sono tante rose nere e bianche, con sopra delle candeline bianche con dei dettagli in oro. 

Matrimonio Quasi ForzatoWhere stories live. Discover now