⟣ Capitolo 6 ― Lame Danzanti ⟣

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Una tempesta infuriava nelle montagne.

Naisha aveva consumato ogni energia per lo studio all'interno della biblioteca. Si stropicciò un occhio e si diresse verso la propria stanza. Faticava a credere che erano passati solo quattro giorni dalla decisione: la scelta che avrebbe scortato Fathi da lei.

Le cugine l'avevano riempita di domande su come aveva rifiutato Ravi, facendolo tornare a casa. Dall'altra parte Rakesh, sotto l'occhiataccia di Buhvan, aveva sorriso e gradito la preferenza della figlia.

Sospirò la giovane, muovendosi nei corridoi notturni del palazzo. Trascurava i soldati che controllavano il perimetro, i quali erano molto indaffarati più all'esterno che all'interno del maniero. L'ululato del vento non la intimoriva come quando era bambina, aveva superato quella paura per sostituirla con un'altra ben peggiore.

Un fulmine illuminò una forma ombrosa che scavalcava un muretto e scivolava nelle arcate interne del maniero, seguendola.

Dopo qualche minuto Naisha giunse nella camera, chiudendo la porta alle sue spalle.

I pappagallini dormivano beati nelle gabbie, mentre Ajit sbadigliava accanto a due giganteschi vasi da fiori.

Un profumo di ginepro si diffondeva nella stanza, impregnando gli abiti, un tessuto regalato da Fathi e il pigiama.

Naisha sfilò il velo dal capo, gettandolo su dei cuscini, per poi accomodarsi davanti a un tavolino zeppo di scodelle di perline, oli e pettinini. Afferrò uno di quest'ultimi e, sciogliendo la treccia, li lisciò.

Un altro tuono rimbombò vicino alla dimora.

La misteriosa figura entrò, approfittando del fracasso. Restò lontana dalle lampade a olio e udì Naisha canticchiare un motivetto.

La ragazza si interruppe e agguantò una collanina non ancora finita. Si alzò per provarla sul collo, lasciando che i lunghi capelli le scivolassero sulla schiena.

"Forse devo accorciarla. A Fathi gli darebbe fastidio durante i combattimenti." Pensò la giovane dando le spalle alle ombre.

L'intruso, velato da un mantello e da un tagelmust scuro, posò le dita sul pugnale appeso alla cintura e lo estrasse. Avanzava a passi furbi, finché rimase dietro alla ragazza.

Naisha crucciò la fronte distratta dallo sbadigliò di Ajit, si girò per chiamarlo, ma spalancò gli occhi alla vista del nemico. Non fece in tempo a indietreggiare che la prese al volto e la scaraventò contro una parete della stanza, puntandole la lama sull'addome.

― Dove sono i tuoi parenti, gli uomini che stanno accanto a tuo padre?

Il tono dell'uomo era gelido e sconosciuto a lei.

― Sono via..., ― piagnucolò Naisha, ― via... vi prego, vi prego.

La lama si spostò dall'addome e accarezzò la guancia della ragazza.

Naisha distinse un tulipano inciso sull'arma.

― Perché racconti delle bugie, ragazzina? Non si dicono le bugie.

― Ve lo giuro! È la verità, ― balbettò terrorizzata, ― dovevano andare via, io...

― Eppure i destrieri dei tuoi zii sono qui. Li ho visti, non va bene, piccola, non va bene.

― No, no! Vi prego, ― alzò la voce.

L'uomo sibilò per zittirla: ― Dovresti sapere che non si dicono le menzogne agli assassini. Specialmente se la tua famiglia ha dei debiti.

La lama si staccò dalla pelle e si alzò.

Delle lacrime le rigavano il viso, ma Ajit svegliato dai gridolini della padrona balzò sul nemico spostandola da lì.

Il pugnale cadde sul pavimento, mentre la belva azzannava il nemico; lembi di tessuto, pelle e sangue sporcarono il marmo.

Le urla maschili echeggiarono nella stanza, svegliando i pappagallini.

Naisha corse verso la soglia, l'aprì reclamando aiuto.

La voce riecheggiò nel corridoio, fino ad attirare i soldati e le serve che erano appostate nelle stanze vicino alla camera della padroncina.

La ragazza si voltò verso la pantera: ― Ajit! Basta! Basta!

La belva addentò il collo del nemico e un fiotto di sangue schizzò sui vasi da fiori.

La padroncina si accasciò a terra, piegandosi su se stessa.

Dopo un po' tre soldati entrarono nella stanza accompagnati dalle Serve Rosse che si fiondarono verso la ragazza. Frasi d'incredulità ornarono la scena, mentre gli uomini richiamavano la pantera, ma quest'ultima si spostò solo quando il nemico morì.

I soldati esaminarono il cadavere e scorsero il pugnale, prendendolo come prova di quell'evento. Uno di loro disse qualcosa a un compagno e uscì dalla stanza per far rapporto.

Le parole di assassini e tulipani erano spilli incandescenti nell'animo di Naisha.

Lei strinse il pendente al petto e si morse un labbro: "Dimmi che non c'entri, scorpione, dimmi che non sei tu ad averlo mandato."



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Tagelmust – copricapo che copre tutto il viso tranne gli occhi.

Il Fervore MelatoDonde viven las historias. Descúbrelo ahora