29.

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Nathan.

Fermo in coda, l'autostrada sembra un serpente del quale vedi solo la coda e non la testa. Sembra che essa non finisca mai, sembra che la coda di auto non abbia fine. Tu sei una delle tante macchine ferme, fissi il parabrezza e i fiocchi di neve che vi cadono sopra senza fare rumore, e non sai quando potrai muoverti, quando potrai andare avanti anche solo di qualche metro. Non sai quanto durerà né quando ripartirai.

E quel tempo è il tempo perfetto per pensare.

Non mi è mai piaciuto stare fermo ad aspettare. Ad aspettare cosa, poi? Aspettare di andare avanti, ma per andare dove? Chiudo un momento gli occhi, trovandomi di fronte gli occhi grigi della mia... migliore amica? Ariel è davvero solo quello? Stringo la presa sul volante, prima di sospirare sconfitto e accendermi una sigaretta, l'ennesima di quella mattina nevosa che sta finendo; sento il fumo grattare in gola mentre aspiro per fargli raggiungere velocemente i polmoni; sento la nicotina rilassarmi le cellule, uccidere i polmoni, farmi male come sempre ma mai abbastanza da far male davvero. Espiro lentamente, osservando il denso fumo grigio riempire l'abitacolo e posarsi ovunque, senza via d'uscita.

Ho passato tre settimane a vagare in questo modo, ad aspettare che qualcosa nella mia vita si muovesse senza che dovessi per forza fare qualcosa per farla muovere. Ho passato tre settimane ad aspettare un segno, guidando una città di seguito all'altra solo per respirare aria diversa, gente nuova; solo per allontanarmi dal passato, dal presente, dal futuro. Da Doniya, da Ariel, da me stesso.

Ho pensato tre settimane a ripensare al passato. A ripensare alla vecchia banda, allo spaccio, a Zayn. A Doniya, a quanto lei avesse sempre odiato tutta quella parte della mia vita. Alle notti da ubriaco e fatto e violento. Ai polsi lividi e alle labbra gonfie. Ho rivissuto il modo in cui mi abbracciava, il modo in cui mi faceva calmare quando mi incazzavo, il modo in cui le sue labbra si fondevano con le mie o il modo in cui amavo farci l'amore fino al mattino, fregandocene totalmente del resto.

Ho ripensato alle anfetamine che ci calavamo io e Ariel, alle birre che ci scolavamo e alle urla da ubriachi che liberavamo nell'aria fredda della notte mentre i treni ci passavano davanti sfiorandoci appena. Io ed Ariel abbiamo sempre aspettato tutto insieme; aspettavamo Doniya, ci aspettavamo l'un l'altra, aspettavamo che le pasticche facessero effetto, attendevamo che il treno fischiasse e che il vento ci arrivasse addosso facendoci quasi cadere a terra.

Ho ripensato all'incidente. Al funerale. Al processo. Alla prigione.

Ho ripensato a come Perrie mi si sia buttata tra le braccia una volta fuori. A come volesse starmi vicina perché voleva aiutarmi a fare non so cosa per vendicarmi di Zayn. Che poi, che colpe aveva lui? Ho ripensato alla sua voce mentre mi diceva che lei era l'unica che non ce l'aveva davvero con me, l'unica che capiva come mi sentissi per via di Zayn quando in realtà non era vero. Nessuno capiva. Nessuno aveva mai capito.

Nessuno tranne Ariel.

Solo Ariel capiva come avessi sofferto giorno per giorno a fare del male a Doniya; solo lei capiva cosa avessi sentito quando lei era morta; solo lei capiva come si stesse ad essere totalmente ubriachi e fatti. Lei capiva, perché passava le stesse cose, o forse anche peggio. Lei doveva sorbirsi Doniya che mi abbracciava e mi baciava quando sarebbe voluta essere lei, morsi che facevano sanguinare le labbra e spinte troppo forti e polsi lividi compresi. Lei aveva sempre accettato quella parte di me, anche il dolore, anche il buio.

Era cieca, nei miei confronti. Lei era la luce, ma si faceva assorbire completamente dal buio, da me. Solo, non ne avevo mai capito il motivo. Non l'avevo mai nemmeno provato ad indovinare finché non me lo aveva detto lei raccontando tutto alla sorella. Era cieca, se riusciva ad amarmi in quel modo. È cieca, se riesce a passare sopra alla droga, all'alcool, alla galera e alla violenza.

Blind love. [Zayn Malik]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora