30.

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Heidi.


Giorno 1.

Si pensa che il giorno dopo un intervento chirurgico, una ragazza possa e debba starsene a letto, con gli occhi chiusi, la testa posata sul cuscino e le ginocchia comodamente rannicchiate al petto. Senza fare assolutamente niente che non sia respirare, mangiare o al massimo pensare. Pensavo mi avrebbero lasciata in pace, almeno il primo giorno. Pensavo di non dover rispondere a domande su domande, di non dover essere visitata; pensavo addirittura che il dottor Harrison avrebbe potuto evitarmi le visite, il primo giorno.

Ma, ehi, evidentemente mi sbagliavo.

La voce sussurrata di una delle infermiere mi da il buongiorno, mentre appena sveglia la sento muoversi poco lontana dal mio letto, a sfiorare con le dita sullo schermo dei macchinari che mi monitorano, col quel bip continuo e sempre uguale che nonostante tutto mi ha lasciata dormire abbastanza e abbastanza bene. Mugugno qualcosa e la sento sorridere, prima che prenda a fischiettare, allegra ma non fastidiosa. Ed è strano, perché ho sempre trovato le infermiere insopportabili – e molto, molto fastidiose.

«Mi ha detto il dottore che le infermiere non ti vanno a genio...». Tento un sorriso, tirandomi a sedere sul letto ignorando la leggera fitta alla testa e cercando di non strapparmi gli aghi dalle braccia. Stufa del dolore e degli ospedali, questa ragazza mi sta decisamente più simpatica del resto del mondo, ora come ora. «Io sono una volontaria del reparto, e posso stare con te tutto il giorno». La sento battere le mani come una bambina coi regali di Natale, e improvvisamente mi viene da ridere, di gusto. «Mi chiamo Janice, a proposito».

E mentre mi toglie aghi e tubi dalle braccia con più delicatezza di qualunque altra infermiera l'abbia mai fatto, scopro che Janice ha venticinque anni, la testa rasata a zero e la pelle color cioccolato, da come la descrive lei. Scopro che le piace leggere e ama la musica – qualsiasi genere di musica e qualunque tipo di libri; scopro che adora parlare e che ha un figlio di cinque anni a casa, che rimane con la nonna quando lei ha i turni da volontaria qui all'ospedale e che...

«Si può..?». Smetto di ridere ad un aneddoto su suo figlio non appena sento un bussare leggero alla porta e la sua voce arrivarmi nitida ma un po' roca alle orecchie. Deve aver dormito poco o niente, ma un sorriso mi compare ugualmente sulle labbra, prima che la ragazza seduta sul bordo del mio letto scoppi a ridere. «Ciao, piccola», mi sussurra Zayn posandomi un bacio sulla fronte, che sa di caffè e sigarette, ma non mi da per niente fastidio. Tutto, pur di non dover sentire ancora medicinali e disinfettante.

«Ciao...». E mi sento avvampare, ma non mi interessa.

«C'è tua madre, in corridoio», mormora ancora, passandomi le dita tiepide sulle braccia ora completamente libere dagli aghi. Mi formicola la pelle, sotto il suo tocco, e sono terribilmente tentata di lasciarmi andare ad un sospiro, ma le voci del dottor Harrison e della dottoressa Blackwood – la donna che mi ha operato – riempiono l'aria, prima che Janice e Zayn vengano cacciati in corridoio per poter parlare con me liberamente e senza andare contro il segreto professionale o che so io. «Ci vediamo dopo», scherza il mio ragazzo lasciandomi un bacio veloce sulle labbra che grazie al cielo riesce a far ridere anche me.

A risata scomparsa, sono un milione di parole che escono da due paia di labbra senza che io riesca ad assimilarle tutte. Sono parole su parole, che dopo una decina di minuti e l'ingresso che un'infermiera che con poca delicatezza mi infila un ago nell'incavo di un gomito senza curarsi di non farmi male, mi fanno venire mal di testa. Strizzo gli occhi e alzo una mano verso la fronte, massaggiandomi le tempie con due dita.

All'improvviso mi vengono in mente le parole di Zayn in una situazione simile e «Non c'è bisogno che mi diciate con quanti aghi, tubi o elettrodi dobbiate riempirmi la pelle... fatelo e basta». E, a parte le deboli proteste della dottoressa, il mio medico trattiene a stento una risata e mi dice semplicemente che l'infermiera mi ha messo su una flebo.

Blind love. [Zayn Malik]Where stories live. Discover now