Noah

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Nel giorno della sfilata di Balenciaga al Bow Bridge ero stato incastrato in un'intervista dell'ultimo minuto al MET. Il capo-redattore del Manhattan Magazine mi aveva svegliato alle sei del mattino, anticipando l'incontro con un giovane artista che in precedenza era fissato tra due settimane. Mi preparai in tutta fretta, combattendo contro i postumi di una sbornia epocale che non affrontavo dal giorno della mia laurea, e verso le otto del mattino ero già in strada. Avevo un'ora di tempo per non perdermi la sfilata e la possibilità di vedere Thomas. Dalle sue storie di Instagram sapevo già che era lì. Per fortuna, o sarebbe stato come cercare un ago in un pagliaio.

Quell'intervista, però, poteva mettere a repentaglio il mio piano. Non potevo di certo svolgere in maniera approssimata il mio lavoro, quindi, come al solito, cercai di fare bella figura e sfoggiai il mio sorriso, ma al tempo stesso, cercai di non tirare la cosa per le lunghe. Dovevo farlo o con il caos che c'era a New York per la Settimana della Moda sarebbe stata un'impresa impossibile muoversi città e nei mezzi pubblichi. Dopo l'intervista, arrivai a Central Park con l'affanno e con la paura di aver commesso un grosso errore nell'imbarcarmi in quella avventura senza via di uscita.

Thomas. Aveva risposto al messaggio.

Cazzo e non avevo avuto neanche il tempo materiale per leggerlo, ma non potevo perdermi in congetture. Ora o mai più. O avrei perso l'occasione di rivederlo. E poi? Se anche ci fossi riuscito? Cosa avrei fatto? JJ aveva proprio ragione. Ero uno stupido. Sì, ero uno stupido ma che non aveva nulla da perdere. Thomas era rimasto dentro di me nonostante fossero passati più di venti anni dall'ultima volta che avevo sfiorato il suo sguardo e io... volevo sapere perché non era mai andato via e perché non si presentato alla fermata del bus. Dopo la scuola, con quei pochi spiccioli che avevamo in tasca, dovevamo partire per Los Angeles e capire cosa eravamo e cosa potevamo diventare. Quei baci, gli sguardi... e se ci fosse stato qualcosa di vero tra di noi oltre una semplice attrazione fisica?

Non appena arrivai all'entrata ovest del parco, mostrai il badge a un uomo alto e con un'espressione schiva sul viso che mi fece entrare sotto un tendone bianco che era allestito poco lontano. Nell'aria c'era un chiacchiericcio sommesso, stordito dal suono di una musica da lounge bar che proveniva da una piccola console. Mi guardai intorno tirando un sospiro di sollievo. Almeno ero arrivato a destinazione. Scattai un paio di foto con il cellulare, giusto per non stare con le mani in mano. Immortalai modelle scheletriche che bevevano champagne e ragazzi bellissimi con indosso dei vestiti meravigliosi che mi fecero sentire un poveraccio. Ero proprio fuori contesto in quel mondo in cui dominava il potere dei soldi e del lusso. Infatti, sentivo su di me gli occhi dei presenti che mi guardavano dall'alto verso il basso come se fossi feccia. Non lo ero e di questo ero più che consapevole, ma non potevo di certo essere paragonato a loro che indossavano abiti da centinaia di dollari e, oltre alle sfilate ai video su Instagram, non avevano di meglio da fare. Rispetto a tutte quelle persone che avevo intorno ero un comune mortale. Avevo optato un jeans scolorito che avevo comparto da H&M e una t-shirt celeste che metteva in risalto il mio fisico longilineo. Avevo lasciato che i capelli si posassero sulle spalle e non avevo accorciato la barba. Forse, erano gli occhiali da vista che mi rendevano poco appetibile? Mandai giù un sorso di acqua che preso da un banchetto poco distante dalla console e andai verso il Bow Bridge. Per l'occasione era stato addobbato con rose bianche e rosse. Lì poco fa avevano sfilato le modelle che ora si intrattenevano con alcuni fotografi. Il pubblico selezionatissimo avevo assistito alla sfilata da una passerella in legno che era stata montata proprio di fronte al ponte, sopra un laghetto artificiale che faceva da sfondo alla bellissima cornice.

Gettai nella spazzatura il bicchiere di plastica e dalla tasca del jeans tirai fuori il mio cellulare. Evitai di leggere il messaggio di Thomas. Ero troppo nervoso per farlo. Aprii invece le sue storie di Instagram, sperando di poter capire dove fosse in quel preciso momento. Okay, aveva seguito la sfilata e si era fatto un mucchio di selfie con persone che non conoscevo ma... dove cazzo era finito? Da venti minuti non aggiornava il suo feed. Andai a zonzo sperando di riconoscerlo tra la folla, ma era impossibile. Sembravano tutti soldatini usciti da un negozio di giocattoli. Andai di nuovo verso l'angolo bar e decisi di ordinare qualcosa di più forte. Ero a stomaco vuoto e non avrei digerito così bene l'alcol dato che stavo smaltendo ancora quello della sera precedente, ma sentivo il bisogno di bere per evitare di prendermi a schiaffi da solo. Ero lì da poco meno di un quarto d'ora e aveva già materiale a sufficienza per un articolo su quella cazzo di Settimana della Moda. Avrei potuto scriverlo in poco meno di un'ora, se fossi tornato in redazione. Avrei fatto, però, la figura dell'idiota e poi non volevo sfigurare di fronte a Debra, JJ e al mio capo redattore.

L'influencer che mi amavaWhere stories live. Discover now