Noah

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«Sei contento? Hai ricevuto anche un bonus di produzione.» Le parole di Debra mi arrivarono di spalle, taglienti come una lama di coltello. Ero in sala ristoro, perso nei miei pensieri e con il cellulare tra le dita. Il messaggio di Thomas mi aveva preso a schiaffi e non riuscivo più a riprendermi.

«Ciao, Debra» riuscii a dire, mandando giù l'ultimo sorso di succo di frutta al pompelmo che avevo nel bicchiere. Non trovai parole migliori per rispondere alle sue affermazione. Quella volta le sentivo più pungenti del solito.

«Cosa c'è? Non ti basta neanche questo?» sogghignò. «Il tuo articolo è sulla bocca di tutti. Lo sai che oggi siamo stati menzionati anche dal New York Times?»

«S-Si, ho visto» risposi con un tono secco e vacuo.

«E non sei a festeggiare?» domandò ancora.

«Non ne ho voglia» precisai. Ero stordito, malandato e con la testa dolorante. Fino a ieri avevo vissuto questo momento con risolutezza, consapevole di aver fatto la cosa giusta. Sì, scrivere quell'articolo era stato terapeutico. Ero convinto di aver archiviato una volta per tutte la questione Thomas, invece, così all'improvviso, fu proprio lui che mi cercò e chiese un incontro. Mi chiedeva un nuovo inizio, ma di cosa stava parlando?

«Sei sempre così melodrammatico» aggiunse Debra, prendendo qualcosa dal frigorifero. «Torno ai piani bassi. Ero venuta qui solo per congratularmi con te, ma sei così spocchioso che...» Fece un lungo respiro e non terminò la frase. Mi voltò subito le spalle e uscì dall'aerea ristoro. La guardai andare via, senza dare peso alle sue parole e tornai a leggere il messaggio di Thomas.

Non sapevo proprio come dovevo comportarmi. Dopo quello che era successo tra di noi mi ero ripromesso di non pensarlo più e di mettere una pietra sopra sul mio e sul nostro passato. Invece, lui era stato capace di stravolgere di nuovo tutte le certezze. Era giusto regalare a Thomas un'altra possibilità dopo che non si era presentato all'appuntamento? Il mio articolo era stato così forte tanto da fargli comprendere i suoi errori? Sbuffai, sconfitto. Tornai alla mia scrivania con un peso sul cuore e sullo stomaco.

Erano giorni difficili, nonostante fosse diventato il giornalista di punta del Manhattan Magazine. Avevo raggiunto il successo che volevo, ma non ero felice di ciò che avevo ottenuto. Avevo acquistato credibilità sulle spalle di Thomas e sulla nostra storia. Cosa diavolo mi era saltato in mente? Una volta arrivato vicino al computer, risposi a un paio di e-mail e cominciai a fare ricerche per il prossimo articolo. Il successo, però, mi aveva strappato via l'unica persona che conosceva il lato destro del mio cuore e che si era messo a nudo nel momento in cui aveva creduto di perdermi. Fin da quando quel maledetto articolo era stato pubblico, JJ non si era fatto più vedere in redazione. Aveva chiesto di lavorare da casa, inventandosi una scusa con il mio capo-redattore. Aveva eretto un muro tra di noi, e, dopotutto, non aveva torto. Lui poteva essere qualcosa di più di un semplice amico o compagno di sesso. Potevo avere la possibilità di conoscere il vero JJ, anche se i tipi curiosi e senza etichette come lui erano imprevedibili. Entrambi, però, avevamo fatto una scelta e come lui rispettava le mei, io non potevo fare altrimenti con le sue. Thomas era uno spettro tra di noi e non sarebbe mai andato via. Ma potevo continuare a vivere così? Potevo allontanarmi delle persone solo perché c'era Thomas nel mio cuore?

Vai a quel cazzo di appuntamento.

Una voce dentro di me diceva cosa dovevo fare. Non ero convinto che fosse la cosa giusta, ma dovevo pur uscire da quell'impasse. Soffrire? No, la parola non era nel mio vocabolario.

Con una scusa, riuscii a staccare prima da lavoro e come un fulmine mi diressi verso la fermata della metro e arrivare a Central Park. Erano appena le quattro di pomeriggio. Faceva caldo a New York. Nonostante l'estate era arrivata da poco, la città era caduta in una morsa di umidità asfissiante che impediva quasi di respirare. A passo svelto raggiunsi la fontana. Mi fermai alla balconata e cercai di scorgere Thomas tra la folla ma era impossibile. O si era nascosto di nuovo, oppure mi aveva dato buca ancora una volta. Presi il cellulare e scrissi un messaggio che preferii non inviare. Volevo vederlo. Non ero un codardo come lo era lui. Non mi nascondevo dietro un social network. Scesi le scale e mi gettai in mezzo alla folla che si era attorniata a quel luogo di culto per i cittadini di New York. Camminai e passai in rassegna i volti con la speranza di poter trovare quello di Thomas, ma a parte per alcuni turisti stranieri, non trovai traccia del mio sexy influencer.

Mi accomodai sul bordo della fontana e feci un lungo respiro, bagnando poi le dita con l'acqua fresca, facendole scorrere lungo la fronte.

«Hai dato per scontato troppe cose su di me.» Alle mie spalle sentii una voce calda e roca, che avrei potuto riconoscere anche in mezzo alla folla. «Ci sei andato molto vicino, però. E ti sono bastati dieci minuti per fare un ritratto così sconsiderato di noi influncer?»

Mi voltai e fu lì che lo vidi in tutta la sua fulminate bellezza. Era vestito in modo casual, con un capello che nascondeva i suoi riccioli ribelli e un paio di occhiali che impedivano di scorgere la profondità del suo sguardo. Thomas mi stava sorridendo, ed era un sorriso caldo, piacevole, bello da guardare che aveva sciolto all'istante tutti i dubbi in cui stavo affogando.

«Non eri un tipo a cui piaceva apparire» risposi subito dopo. «Al liceo ti piaceva nasconderti, o mi sbaglio?»

«Il senso è questo, Noah» disse con un tono risoluto e avvicinandosi verso di me. «Inconsciamente avrei tanto voluto che la gente mi vedesse per quello che ero. Sai, ho vissuto per un lungo periodo della mia vita con un senso di colpo dilaniante. Credevo di essere sbagliato, di dover reprimere ciò che provavo...» sussurrò appena.

«E quando lo hai capito? Cosa è successo? Sai, a causa tua, ho faticato a scrollarmi di dosso la sindrome dell'abbondono. E, per la cronaca, Los Angeles è bellissima.»

«Quando ho rivelato ai miei genitori che, insomma, mi piacevano i ragazzi è come se mi si fosse aperto un mondo. Loro hanno compreso e io...» fece un respiro.

«Avevo capito che fosse questo il problema» ammiccai. «Eravamo giovani all'epoca ma... perché non ti sei fatto avanti l'altra volta?» Si abbassò gli occhiali da sole e mi fulminò con lo sguardo. Le gambe tremarono e il cuore perse un paio di battiti. Thomas non rispose alla mia domanda. Si lasciò scrutare e fece in modo che fosse la sua espressione del viso a parlare.

«Ho avuto paura. Sono diventato una persona materialista.» Da una borsa che aveva in spalla tirò fuori il numero del magazine e lo sventolò di fronte ai miei occhi sbalorditi. «Scrivi molto bene, Noah. Ma cosa ne diresti se ti concedessi un'intervista?» chiese.

«Mischiare lavoro e... vita privata?» domandai anche io.

«Cosa c'è? Sei tu che ora hai paura?»

«Un po'. Cosa vorresti dire in risposta al mio articolo?»

«Che anche gli influencer possono amare. Più di quanto tu possa credere.»

Non mi diede il tempo di rispondere né di formulare una frase di senso compiuto. Con un balzo si avvicinò alle mie labbra e le catturò in un bacio dolce e tenue, che riattivò i battiti del cuore.

«Non era la risposta che stavo cercando» dissi con il fiato corto.

«Cosa vuoi sentirti dire, Noah?»

«Non andare via questa volta. Siamo qui, alla luce del sole, dopo venti anni. Deve pur significare qualcosa. Mi permetti di scoprire e di conoscere il nuovo Thomas?» domandai, sperando di non aver detto o fatto una cazzata.

«E tu? Farai lo stesso?» domandò anche lui.

Gli regali un sorriso tenue, poi mi avvicinai a lui per regalare a Thomas un altro bacio. Non un semplice bacio ma qualcosa ben più intenso e profondo. Qualcosa che potesse fargli capire quanto lo desiderassi e quanto fossi cotto di lui. Non mi spaventava di conoscere il Thomas da adulto. Sapevo fin da ora che avrei amato anche quel carattere spigoloso e quei modi di fare un po' altezzosi. Dopotutto, l'amore è scendere a compromessi. La vita non è mai tutta rose e fiori.

«Devi ammetterlo, però» sussurrò vicino le mie labbra. «Sono proprio un tonto. Non avevo colto nessun segnale da parte tua.»

«E non mi avevi neanche riconosciuto quando ti ho versato quel drink sul jeans» precisai con un mezzo sorriso.

«Il tuo sguardo non mi aveva ingannato. C'era qualcosa che mi intrigava» disse subito dopo.

«Ora sono qui. E puoi guardarmi tutte le volte che vorrai.»

E così fece, per un lungo e intensissimo minuto. Fino a quando le nostre bocche non si incontrarono di nuovo in un bacio che valeva più di cento promesse. 

L'influencer che mi amavaWhere stories live. Discover now