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Merd

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Merd

Manama, Bahrain,
Marzo 2022

🏎️

Il venerdì iniziò e le Fp1 insieme a lui.

La cosa che amavo di più dei Gran Premi, era l’emozione che si poteva respirare. Ogni persone che partecipava, poteva avvertire quell’aria piena di ansia, piena di felicità e sogni. Che stavi sugli spalti o nel prato, o all’interno del paddock, era uguale.

Il numero 16 entrò nella sala, nel momento che Andrea posò una mano sulla mia spalla per porgermi le cuffie, non disse una parola, ma i miei occhi si girarono, come se avessero un campanello d’allarme per notificarmi del suo arrivo.
Nessuno se ne accorse, e decisi di fare finta che nulla fosse successo, sia in quel momento, che qualche sera prima, voltando lo sguardo sugli schermi e concentrandomi sul timer che scattò, indicando l'inizio della stagione.

Alla mia sinistra Carlos partì e dopo qualche istante, anche la restante macchina fece lo stesso.

Le monoposto iniziarono ad avere qualche problema, chi perdeva pezzi, chi aveva qualche residuo di oscillazione nel rettilineo o chi perdeva grip finendo in testacoda, come Charles che perse per un attimo il controllo della vettura, finendo quasi contro le barriere e regalando alla radio qualche parolaccia in francese dallo spavento.
Ma tutto sommato, fu un modo per testare la pista e le gomme.

Alla fine le due Ferrari si posizionarono seconde e terze a pochi centesimi dall’Alpha Tauri di Pierre Gasly.

Per le Fp2, il tempo corse, riuscii solo a fare un veloce pranzo al bar e scambiare quattro chiacchiere con Carlos che si trovava in compagnia di Lando Norris.

«Lei è il nuovo ingegnere di cui ti parlavo. È molto brava nel suo lavoro!» Mi elogiò senza motivo Sainz, facendo una battuta anche sul sedicesimo posto del suo amico e di quanto potessi servire al loro paddock. Il pilota McLaren mi porse la mano e ripeté il suo nome come se non lo conoscessi già, ma successivamente dovetti tornare al mio lavoro e li salutai.

La seconda sessione di prove libere si concluse e questo stava a significare che per quella giornata avevo terminato.

Davanti a tutti finì il campione in carica, Max Verstappen, seguito da Leclerc per pochi millesimi e Sainz, lontano di quasi mezzo secondo.

Infilai il cappellino e rimasi qualche secondo all'interno del paddock Ferrari, aspettando che Vittoria rispondesse al telefono, per organizzarci e fare qualcosa insieme.

I piloti tornano nei box e Andrea mi avvisò di poter andare, raccolsi la felpa e mi incamminai ma qualcuno mi fermò.

«Abigail, dove vai?» Mi chiese Carlos Sainz una volta uscito dalla monoposto. 

«Credo che organizzerò qualcosa con Vittoria del marketing, la conosci?» Risposi avvicinandomi al ragazzo.

«É la stessa che era seduta al tuo fianco alla cena?» Alla mia risposta positiva, disse: «Carina.» Ridacchiai per il viso perso nei pensieri del numero 55, tirandogli una leggera gomitata.

«Perchè me lo chiedi?» Domandai ammiccante, cercando di capire se ci fosse un piccolo interesse o meno. Non rispose, ma mi mostrò un piccolo sorriso che volle far sembrare innocente.

«Credo che ci vedremo direttamente domani, torno in hotel a cambiarmi e poi io e Vittoria usciamo.» Annunciai facendo cenno alla porta del retro del box.

«Lasciami il tuo numero, magari se esco, ci vediamo.» Seguii il suo consiglio e ci salutammo.

Entrai nell’ascensore dell’hotel prima che si chiudessero le porte, rischiando per poco di rimanere chiusa in mezzo. Con un leggero fiatone per la corsetta appena fatta, voltai lo sguardo verso la figura immobile.

«Oh… Ciao.» Salutai per educazione l’unica persona che speravo di non incontrare.

«Abigail… A che piano vai?» Domandò cercando di non incrociare il suo sguardo con il mio e io cercai di non soffermarmi sul suono del mio nome detto da lui. Maledetto monegasco.

«Al settimo.» Limitai la conversazione a quelle semplici parole.
Il ragazzo schiacciò il mio numero e mi fece dedurre che fosse o nel mio piano o in uno superiore.

Percepii che l’ascensore stesse prendendo quota, ma dei rumori strani mi fecero aggrottare la fronte. Avevamo superato il secondo piano e a un tratto, uno strattone dell’abitacolo mi fece quasi perdere l’equilibrio e andare a sbattere contro la parete.

«Che cosa succede?» Domandai retoricamente, senza riferirmi a qualcuno in particolare.

«Credo si sia bloccato…» Lasciò in sospeso, come se volesse continuare e dopo poco dalle sue labbra udii merd.

«Non ci credo. Schiaccia il pulsante di SOS!» Alzai il tono della voce innervosita. Ci mancava rimanere bloccata in ascensore con Charles oggi. Lo osservai premere come avevo detto e parlare nel microfono con qualcuno, spiegando la situazione. L’uomo dall’altra parte disse che i pompieri erano stati chiamati e bisognava solo aspettare.

«Mi ignorerai tutto il tempo?» Chiese il ragazzo dagli occhi verdi, una decina di minuti dopo.

Continuaii a non rispondere e rimasi con il viso girato dall’altra parte. Una mano insicura mi sfiorò il braccio debolmente.
«Ti prego, non fingere che io non esista.» Sussurrò una volta avvicinatosi a me. Il suo respiro smuoveva i miei capelli e potevo percepire la presa sul braccio che iniziava a diventare salda.

«Charles non credo che sia il momento, per tutto questo» Evitai di usare la parola noi «Non ti conosco, non so cosa ti sia preso. Tu non conosci me, direi di fermarci qui, ora.» Dissi girandomi verso di lui, pentendomene all’istante.

Il suo sguardo gridava molteplici parole, avrei voluto smettere di guardarlo, ma non ci riuscivo. Notai come si stesse obbligando a non parlare, non aggiunse nulla.

Un altro strattone, ci fece avvicinare fin troppo, sentii il cuore scoppiarmi nel petto e la vicinanza mi causò un respiro accelerato che si rifletté anche su di lui. Chiusi gli occhi per bearmi del suo profumo e riaprendoli notai come non avesse smesso di osservarmi.

Qualcuno bussò alle porte dell’ascensore ed esso iniziò a risalire, arrivando al settimo piano, dove si aprì. La bolla era scoppiata di nuovo ed entrambi ci spostammo.

«State bene?» Domandarono i tecnici e riuscii solo ad annuire semplicemente. Li oltrepassai e lo stesso fece Charles.

Feci cenno con la testa verso il corridoio destro e lui indicò quello opposto, perciò mi girai e dopo qualche secondo d’attesa mi incamminai.

«Abigail.» Mi chiamò, ma decisi di non fermarmi, forse commisi uno sbaglio, ma decisi di non pensarci.

La serata con Vittoria la passammo nella sala ristorazione dell’hotel, il pilota spagnolo si fece vedere qualche secondo in compagnia di Daniel Ricciardo e non perse tempo a presentarmi anche a lui, come se fossi l’acquisto del secolo. 
Forse la mia amicizia con Carlos Sainz non era iniziata da tempo, ma aveva detto più cose belle su di me lui, che il mio ex ragazzo. Parlava di me, quasi come se fosse fiero di conoscermi e questo mi riscaldava il cuore.

Tornai in camera e non rividi il predestinato fino alla mattina successiva, dove non perse tempo a ignorarmi, ma me lo meritavo, non era stato tanto diverso dal mio comportamento della sera prima.

Le Fp3 si conclusero, il campione in carica rimase primo, Charles era sempre a pochi millesimi da lui e Sainz finì quinto.

Dopo un pranzo veloce, non restava che aspettare le qualifiche, dove speravo con tutto il mio cuore, che il numero 16 fosse il più veloce. E sicuramente non mi deluse.

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Hey! Tra un po' arriverà il settimo, spero vi sia piaciuto<3

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Il Predestinato | Charles Leclerc | Vol. 1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora