Past - III

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Dieci anni prima

«Ofeliaaaaaa, sai che ore sono, cazzo? Domani ho l'esame del master, che c'è?»

Lauro era stato svegliato nel cuore della notte da una telefonata: era Ofelia. Aveva letto appena il nome sullo schermo prima di reagire in così malo modo, tremendamente assonato e nervoso. Ma non appena sentì un singhiozzo soffocato dall'altro capo del telefono si alzò immediatamente di mezzo busto, trattenendo il respiro.

«L-Lauro...» mormorò Ofelia con voce tremante e rotta dalle lacrime.

Lauro si bloccò dinanzi a quel richiamo spezzato e strinse maggiormente il telefono all'orecchio per non perdersi una sola parola sussurrata, un singhiozzo o un ansimo dall'altra parte.

«Ofelia, bambina, cosa c'è? Che è successo?» le chiese, stavolta in tono pacato, ma tremendamente in ansia per come la stava sentendo.

Cercò di fare mente locale, capire dove fosse, se lei gli avesse detto qualcosa in merito. E, prima di ricevere risposta, ricordò: era ad un festino con suo fratello. Federico, prima di uscire di casa, gli aveva detto che sarebbe passato a prendere Ofelia e che insieme sarebbero andati ad una festa.

«P-puoi venire a p-prendermi?» gli chiese, ancora tremendamente scossa e sul punto di piangere.

Ancora prima di quella domanda, Lauro era già scattato in piedi per vestirsi. Non sapeva ancora cosa le fosse successo, ma a sentirla così doveva essere qualcosa di grave. Per questo, ancora prima di ricevere quella richiesta, aveva deciso che sarebbe andato a prenderla.

«Sto arrivando! Dove sei? Dov'è mio fratello?»

«A casa di Stecco... n-non so dov'è Federico, lui... lui non mi ha voluta a-aiutare...» singhiozzò ancora, tentando di trattenere una crisi di pianto.

Lauro si catapultò in macchina, mettendola in viva voce e stringendo le mani attorno al volante non appena sentì che il fratello si era rifiutato di aiutarla.
Aveva fatto mille raccomandazioni a Federico su Ofelia. Era la prima volta che lei partecipava ad un festino senza di lui e infatti Lauro non era granché d'accordo. Quelle feste erano la rappresentazione dell'illegalità. Alcol, droga e fumo erano gli elementi principali di quell'inferno e Ofelia, che era l'incarnazione dell'innocenza, non aveva niente a che fare con quella robaccia.

«Sta' tranquilla, bambina, sono in macchina. Cinque minuti e sono da te. Puoi restare a telefono? Non c'è nessuno con te che conosci?»

«Carlotta...»

«Totta! Benissimo, è con te? Me la passi?»

Lauro sperava con tutto se stesso che quella sera le telecamere ai semafori di Roma fossero fuori uso perché stava correndo alla velocità di centocinquanta chilometri orari in piena città. L'ansia che l'aveva assalito sentendo Ofelia in quelle condizioni era alle stelle. La sua mente stava pensando di tutto. Si chiedeva cosa le fosse successo, se avesse assunto delle droghe o forse bevuto troppo o ancora che qualcuno l'avesse costretta a fare qualcosa contro la sua volontà. Scosse la testa come a voler scacciare quell'ultimo pensiero. Erano senz'altro tutte cose gravi, ma se il motivo fosse stato quell'ultimo non avrebbe risposto delle sue azioni.

«Lauro, sei tu?»

Una voce familiare risuonò nella macchina. Era Carlotta, cugina di Lauro e Federico. A sentirla tirò un sospiro di sollievo. Non era completamente calmo, ma sapere che ci fosse qualcuno di fidato con Ofelia lo tranquillizzava leggermente.

«Dici a quel coglione di mio fratello che è meglio se non si fa vedere da me appena arrivo, perché giuro su Dio che lo uccido con le mie cazzo di mani!» tuonò ad alta voce, facendo tremare Carlotta dall'altra parte.

Natale sotto il cielo di LondraWhere stories live. Discover now