La chiave.|14

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Io e il detective iniziammo a litigare in maniera pesante, arrivando al punto di non ascoltarci neanche più a vicenda a causa del tono utilizzato da entrambi. Probabilmente agli occhi degli altri saremmo potuti sembrare una di quelle coppie sposate che volevano il divorzio.

Per quanto mi dolesse ammetterlo, Sherlock aveva ragione ma soltanto in parte perché io non avevo ancora ascoltato la spiegazione delle parole ultilizzate nella lettera.
Cosa mi stava nascondendo?

"Sono stato uno stupido a pensare che tu mi avresti dato la tua fiducia ma sono stato doppiamente stupido a fidarmi io di te"

"Ho soltanto letto una stupida lettera!"

"Lo hai fatto di nascosto, l'hai rubata perché non ti fidi di me"

"Continui a darmi la colpa. Il fatto che tu ti creda il più intelligente di tutti i tempi non significa che io sia stupida!"

"Non ho mai detto che sei stupida"

"L'hai pensato"

"Ti rende stupida essere convinta che io l'abbia pensato e poi spiegami cosa c'entra con tutto questo!
Stavamo dicendo che tu non mi hai neanche chiesto di leggerla, non mi hai detto nulla e mi hai mentito per tutta la serata fingendo che andasse tutto come sempre, come se tu non avessi mai letto quella lettera"

"Tu menti da quando ci siamo incontrati in stazione. Perché non mi hai raccontanto di lei?!"

"Di cosa vuoi che ti racconti?"

"Continui a mentirmi! Incredibile!"
Nella stanza si creò un silenzio che provocava un rumore assordante in noi stessi.

"Sherlock, vattene"
Abbassai il tono della voce sembrando quasi calma anche se dentro di me sentivo la rabbia, le lacrime agli occhi e la testa offuscata dai pensieri che la percorrevano in quell'istante.
Distolsi lo sguardo dal pavimento e guardai Sherlock, il suo volto sembrava un misto di rabbia e delusione. Lui mi guardò chiedendomi con lo sguardo se stessi scherzando.

"Vattene"
Dissi nuovamente a voce alta aprendo la porta invitandolo ad uscire.

"È fra le tue mani, risolvilo"
Mi guardò un'ultima volta e in totale silenzio andò via.

Sbattei la porta per chiuderla e delle lacrime rigarono il mio viso. Anne prima che andassi al ballo mi avvisò che sarebbe andata dalla sorella e che sarebbe tornata il giorno successivo, quindi mi trovai da sola a piangere come una stupida.
Mi sedetti al pavimento poggiando le spalle al muro e mi accovacciai su me stessa con la testa alle ginocchia. Restai per un po' a piangere in quella posizione scomoda e fredda a causa della temperatura del pavimento.
Non avevo certamente intenzione di restare lì a lungo perciò mi alzai e mi asciugai le lacrime con il primo fazzoletto che trovai, poi mi diressi nel mio studio.
Rimasi per pochi minuti immobile davanti alla mia scrivania situata al centro dello studio pensando a cosa avrei potuto fare in quel momento.
Decisi di suonare il pianoforte che non suonavo da tempo.
Mi sentivo un pesce fuor d'acqua ma pensai che la musica sarebbe riuscita anche solo in minima parte a cambiare il mio pessimo umore.
Mi sedetti sul mio sgabello nero cominciando a toccare con delicatezza i tasti e successivamente composi una melodia.
Ottantotto tasti ed infinita musica, tutto ciò di cui avevo bisogno.
Passai tempo al pianoforte, fuori era buio assoluto e a me facevano compagnia una candela e la musica.
Il sonno però dopo un po' iniziò a farsi sentire e decisi di lavarmi e prepararmi per dormire.
Mi distesi sul mio letto non riuscendo immediatamente a dormire, fissai il tetto e pensai.
Pensai a tutto.
Qualche lacrima rigò il mio viso.
Lentamente però riuscii ad addormentarmi.

\\

Al mio risveglio, il sole attraversando la finestra e la tenda quasi mi accecò. Probabilmente mi trovavo tra le dieci e le undici del mattino dunque decisi di alzarmi e prepararmi nonostante la mia scarsa energia.

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⏰ Última actualización: Feb 11, 2023 ⏰

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A te che mi hai insegnato ad amare. |Sherlock HolmesDonde viven las historias. Descúbrelo ahora