Capitolo 9 - Non ti lascio.

30 6 4
                                    

Mi sentivo triste, delusa, arrabbiata. Sentivo così tante sensazioni negative che volevo solo sparire. Non pretendevo di certo di essere la sua prima ragazza, non pretendevo nemmeno che mi parlasse di chiunque aveva avuto una relazione con lui, ma almeno dirmelo se erano persone che ancora frequentava, con cui aveva a che fare. Quello mi sembrava il minimo, almeno non avrei avuto sorprese simili.
«Siete stati insieme...» ripetei quasi sovrappensiero.
«Si.» ripeté lui quasi dispiaciuto.
«Quindi è per questo che per tutto il tempo mi ha tenuto gli occhi addosso.» commentai lentamente.
«Cosa?» mi chiese Sam senza capire, probabilmente fui solo io a farci caso.
«Siete stati insieme per molto tempo?» gli chiesi portando il mio sguardo sul suo viso, ormai avevo bisogno di sapere.
«No, non tanto, qualche mese. Non so nemmeno se si possa definire "stare insieme", probabilmente ci stavamo ancora conoscendo.» mi spiegò lui con un sorriso nervoso.
«E perché avete smesso?» continuai un po' confusa, in fondo Chiara non mi sembrava così male come ragazza, anche se personalmente non la conoscevo bene.
«Perché non riuscivo ad essere me stesso con lei.» disse in tono calmo e nonostante la mia reazione sembrava sincero.
«Oh, e con me invece ci riesci, vero?» domandai nervosamente.
Provai a passargli accanto e andare via, non volevo discutere con lui, né di quello, né tantomeno lì. Ma Sam mi fermò.
«Si, lo sai, lo senti. Pensi che ti stia mentendo?» ribatté lui prendendomi una mano e fermandomi lì accanto a sé.
«Non lo so. Perché non mi hai detto che lavoravi con una tua ex?» chiesi riportando il mio sguardo nervoso sul suo viso.
«Perché non è importante.» disse, e a quanto pareva ci credeva sul serio.
«Ah no? Tu non lo trovi importante? Beh per me lo è, magari continui a venire qui perché c'è lei, magari ti piace ancora.» contestai velocemente.
«O magari tu ti stai facendo un sacco di film mentali.» commentò lui con un piccolo sorriso.
«Qualche film prima o poi ci azzecca.» ribattei io.
«Non quelli che ti stai facendo tu.» replicò lui tranquillamente. «Manu, ascoltami, lei non significa niente per me.»
«E allora perché continui a venire qui nonostante ci sia anche lei?» gli chiesi con tutta quella insulsa gelosia che affollava la mia mente.
«Perché non posso evitarlo. Ci sono altre ludoteche, è vero, con la mia esperienza potrei lavorare ovunque, ma sono affezionata a questo posto. La maggior parte dei bambini che vengono qui li conosco già, e non posso andare via solo perché non sto più con una ragazza che lavora con me, no?» commentò lui lentamente, e dopo quel suo discorso capii di essere stupida.
Lui aveva ragione, si trovava bene lì e non era una cosa scontata da trovare al lavoro. Le persone che erano lì lo conoscevano, andavano d'accordo con Sam, e quei bambini sembravano essergli davvero affezionati.
«Si, ok, hai ragione...» dissi in tono lento. «Mi dispiace, sono una stupida.»
«Ehi, no, non è vero.» contestò lui accarezzandomi il viso con le sue mani e lasciandomi un piccolo bacio al centro della fronte. «Al posto tuo avrei probabilmente avuto gli stessi pensieri, è normale. È strano lavorare fianco a fianco con un ex.»
«Si, ma è ugualmente normale non cambiare lavoro solo perché ci si lascia con qualcuno che lavora con te.» concordai io provando a sentirmi meno stupida, ma la gelosia faceva solo danni.
«Magari si, ma tu non devi preoccuparti di nulla, d'accordo?» continuò lui dolcemente.
«D'accordo!» risposi io piuttosto convinta.
E lo ero davvero? Ovviamente no! Non mi preoccupavo di quella ragazza che poteva o meno tornare alla carica, né tantomeno mi preoccupavo che ci fossero altre eventuali ex lì dentro, quello che mi preoccupava venne fuori quella sera.
«Ti va se ci cambiamo e andiamo a mangiare qualcosa?» mi chiese subito dopo facendomi uscire dai miei pensieri.
«Certo...» risposi io velocemente, nonostante avessimo solo la maglia della ludoteca da togliere.
«Io opterei per il Mc, non so perché ma ne ho davvero voglia. A te va?» commentò lentamente.
«Quei bambini ti hanno fatto venir voglia!» ribattei io con un sorriso appena abbozzato. «Comunque si, mi va un panino del Mc.»
«Andata allora!» concordò Sam in tono entusiasta.
Non ci mettemmo molto per cambiarci, pochi minuti, il tempo che passammo nello spogliatoio trascorse tutto solo a causa del discorso sulla sua ex. Quando uscimmo da lì Sam sembrava piuttosto stanco, si stiracchiò più volte e alla fine si fermò poco prima di arrivare all'auto.
«Che cosa c'è?» gli chiesi piuttosto confusa.
«Ti va di guidare al posto mio?» domandò voltandosi verso di me.
«Cosa? Perché?» continuai in tono titubante.
«Sono stanco, quei bambini mi hanno distrutto.» mi spiegò lui con un piccolo sorriso. «Tu ce l'hai la patente, vero?»
«Certo, ma non guido da allora, tipo due anni. In famiglia abbiamo solo un'auto e la guidano a turno i miei per il lavoro.» dissi leggermente imbarazzata.
«Capisco, beh te la sentiresti?» insisté lui, non sembrava proprio aver voglia di guidare.
«Sei sicuro? Guarda che rischiamo grosso.» commentai in tono ironico.
«Non ho paura di morire, tra l'altro posso spiegartelo io e non dobbiamo fare una gara.» ribatté lui sorridendo.
«Va bene, d'accordo.» mi lasciai convincere io.
Sam mi passò accanto, mi porse le chiavi e ci scambiammo le postazioni. Io mi avviai verso lo sportello del guidatore e lui verso quello del passeggero. Entrammo velocemente in auto, io con decisamente più ansia di lui, Sam non pensò a nulla di problematico, anzi era così tranquillo che sbadigliò più volte.
«Ok, metti in moto.» mi disse non appena ci mettemmo le cinture, a quanto pareva non aveva così tanta voglia di rischiare la vita.
Man mano mi disse ogni piccola cosa che dovevo sapere. In realtà sapevo già tutto, se avevo la patente c'era un motivo, ma lui aveva sicuramente più pazienza di mia madre. Lei mi fece fare un paio di guide con la sua auto perché voleva risparmiare dei soldi per le guide, ma furono fallimentari, si innervosì per tutto il tempo e fece automaticamente innervosire anche me. Lui mi disse di tirar su la frizione con calma, senza fretta, altrimenti avrei fatto spegnere il motore. Che quella mossa dovevo farla dopo ogni cambio di marcia e che se appunto la marcia non entrava significava che non avevo schiacciato del tutto la frizione. Erano piccole cose, piccoli concetti, ma che spiegati in modo tranquillo facevano il loro lavoro. Quella sera in strada c'era un'auto che andava molto lenta, ovviamente all'interno c'ero io ma Sam non sembrò farci caso. Le strade non erano molto trafficate, ma appena notavo qualcuno alle nostre spalle iniziavo ad innervosirmi. Sam se ne accorgeva, perché acceleravo di colpo, con calma mi poggiava una mano su una spalla, mi diceva che dovevo stare tranquilla e io mi rilassavo. Arrivammo al Mc in una decina di minuti, facemmo l'ordine passando per il Mcdrive, e senza uscire dall'auto andammo via dirigendoci verso casa di Sam. Ci vollero altri 10 minuti buoni per arrivare a casa sua, lui rimase in silenzio per tutto il tempo e io non ne capivo il motivo. Per quel tratto di strada c'era un po' di traffico e non volli voltarmi verso Sam fino a quando non mi fermai, avevo il terrore di voltarmi per un secondo e di ritrovarmi qualcuno davanti all'improvviso. Quando finalmente trovai un posto vicino casa di Sam mi tranquillizzai, poi spensi il motore e mi voltai verso di lui. Sam teneva il gomito poggiato contro lo sportello dell'auto, la mano chiusa a pugno era sul lato destro del suo viso e i suoi occhi erano chiusi, chissà come riuscì ad addormentarsi nonostante la mia prima volta alla guida. Non credevo avesse estrema fiducia in me, era semplicemente tanto stanco.
«Sam... Ehi Sam, svegliati.» gli dissi con calma provando a svegliarlo, non ci volle molto, ci riuscii quasi subito.
«Oh... Ehi...» disse lui tirandosi leggermente su con la schiena, si stropicciò piano gli occhi e con calma si voltò verso di me. «Mi dispiace, scusami, mi sono addormentato.»
«Non preoccuparti, non fa nulla, anche se forse sarebbe stato meglio rimanere sveglio dato che non sono un'esperta alla guida.» dissi con fare ironico.
«Si, magari si, ma mi sembra sia andata bene.» commentò lui con un sorriso. «Scusami, ero stanchissimo.» aggiunse con quel tono dispiaciuto.
«Non preoccuparti, davvero.» ribattei allungandomi verso di lui e stampandogli un bacio su una guancia. «Andiamo su a mangiare?» gli chiesi subito dopo.
Lui annuì e con calma ci spostammo su con il cibo preso al Mc. In casa c'erano anche Fabiola e Cristina, erano sedute in salotto al tavolo con degli appunti davanti e un paio di libri aperti. Sembravano molto concentrate, ma non appena entrammo noi si distrassero.
«Ehi ragazze.» le salutò Sam. «State studiando?»
«Si, Cristina sta provando a spiegarmi un paio di cose che proprio non mi entrano in testa.» commentò Fabiola passandosi una mano nei suoi lunghi capelli.
«Ciao Manu, come stai?» mi chiese Cristina incrociando il mio sguardo.
«Sto bene...» dissi parzialmente imbarazzata, non ero preparata ad avere a che fare con qualcuno oltre Sam.
«Vedo che avete grossi progetti per la serata.» continuò lei abbassando lo sguardo sul sacchetto del Mc che avevo in mano.
«Non iniziare, non c'è nessun progetto, dobbiamo solo mangiare.» disse Sam in tono serio.
«Oh certo.» ribatté lei ammiccando.
«Pensate a studiare.» continuò Sam prendendomi per mano e accompagnandomi in camera sua.
Quella volta la trovai più ordinata del solito, il letto era rifatto, il suo peluche di Cubone era sopra ai cuscini, giusto al centro, e ogni mobile era libero dai vestiti che vidi l'ultima volta, persino la sedia era vuota.
«Cavolo, siamo sicuri che sia la tua camera?» gli chiesi poggiando il sacchetto su un comodino.
«Non prendermi in giro.» si lamentò lui, ma sorrideva e significava che non era affatto infastidito. «La mia camera rispecchia a pieno il modo in cui mi sento, se non sto bene allora è un casino, se invece sono tranquillo non c'è nessuna cosa fuori posto.» mi spiegò con calma, e quel suo discorso significava che allora quando non ci vedemmo per una settimana stette piuttosto male dato che nulla era al suo posto.
Io non avevo altro da aggiungere, sapevo come si sentiva, era lo stesso per me. La mia camera però era un casino 24 ore su 24, 7 giorni su 7, capitava a volte che non sopportassi più quel casino e mettessi a posto la mia stanza, ma quell'ordine durava poco. In quel momento io e Sam ci mettemmo a letto, comodi, con le spalle contro i cuscini che tenemmo poggiati contro la testiera del letto. Lui non aveva una tv in camera, ma accese il suo portatile e fece partire un film dopo un breve dibattito su ciò che piaceva a entrambi. Bene o male avevamo gli stessi gusti, e finimmo per scegliere un film animato della Disney, uno tra i meno tristi, che ormai ogni film Disney faceva piangere. Quando finimmo di mangiare ci mettemmo più comodi, Sam mi portò un braccio dietro le spalle e io mi poggiai contro il suo petto. Aveva la fascia addosso, si sentiva, perché il suo petto era piuttosto piatto e duro, non come sarebbe stato lasciando il seno libero. Non ci feci troppo caso però, non mi importò molto, ero tra le sue braccia e lì ci stavo bene. Di tanto in tanto sentivo una sua mano accarezzare il mio braccio e le sue labbra stamparsi sulla mia testa, non avevamo parlato di cosa avremmo fatto quella sera, ma stava iniziando a farsi troppo tardi per me.
«Mi accompagneresti a casa?» gli chiesi poco dopo la fine del film.
«Certo...» rispose lui un po' incerto.
«Qualcosa non va?» gli chiesi notando il suo viso diventare rosso.
«Beh, ecco...» commentò visibilmente imbarazzato. «Pensavo... Non ti andrebbe di dormire qui con me?» mi chiese con fare piuttosto dolce, era davvero carino così imbarazzato.
«Me lo chiedi perché sei stanco?» domandai con una certa dose di ingenuità, in fondo era evidente che lo fosse. «Se è così non c'è problema, cioè posso chiamare mio fratello e...»
«No, non è questo. Sono un po' stanco, si, ma mi piacerebbe dormire con te.» disse tenendo lo sguardo fisso sul mio viso, ma i suoi occhi tradivano ancora un po' di imbarazzo. «Se non ti va però non fa nulla.» aggiunse subito dopo.
«N-no no, figurati, piacerebbe anche a me ma devo avvisare i miei e dirgli che non torno.» gli dissi velocemente.
«S-si, certo. Fai pure.» continuò lui lentamente.
In quel momento non sapevo chi fosse più in imbarazzo tra i due. Né io né lui sapevamo bene come comportarci, io mi tirai completamente su dal letto e mandai un messaggio a Dario, mentre Sam prese tutte le carte che erano in giro e le portò in cucina.
«Ehi Dario, sei a casa?» scrissi a mio fratello.
«No, al momento sono fuori.» rispose lui quasi subito. «Devo passare a prenderti?»
«No, non è questo. In verità non torno a casa.» gli dissi cercando di togliere dalla mia testa dei brutti pensieri.
«Oh bene, mi sembra fantastico!» commentò lui con forse fin troppo entusiasmo.
«Si, beh, potresti inventarti tu una scusa con la mamma? Io non so proprio cosa dirle.» continuai mordendomi leggermente le labbra.
«D'accordo, non preoccuparti, ci penso io.» mi disse. «Tu divertiti, mi raccomando!»
«Ci proverò...» ribattei con l'ansia che si impadronì all'istante del mio corpo.
Iniziai a mangiarmi le unghie, quel poco che ne restavano, sentivo il cuore battermi forte nel petto e la gola che piano piano si stringeva di più. Sam tornò in camera con calma, lo fece non appena Dario mi mandò l'ultimo messaggio.
«Ehi, va tutto bene?» mi chiese avvicinandosi lentamente a me.
«S-si, ho appena finito di scrivere a mio fratello, mi ha detto che a mia madre ci pensa lui.» gli spiegai cercando di non far trasparire il nervosismo che provavo, ma era impossibile.
«Oh bene, ma non mi riferivo a questo.» continuò lui fermandosi davanti a me. «Ti senti bene? Mi sembri pallida.» aggiunse sfiorandomi piano il viso con entrambe le mani.
«Beh si, in effetti non mi sento benissimo.» dissi senza avere il coraggio nemmeno di guardarlo in faccia, come potevo dirgli che mi sentivo in quel modo a causa sua?
«Sediamoci un attimo.» commentò lui velocemente facendomi segno verso il bordo inferiore del suo letto, poi mi prese per mano e mi fece fare due passi per arrivare lì. «Che cos'hai?»
«Non lo so...» mentii io, sapevo esattamente cosa avevo, e più mentivo più rischiavo di avere un attacco di panico davanti a lui. «Mi gira la testa, sento caldo e freddo nello stesso tempo, e...» dissi con voce tremante, ma Sam mi spiazzò.
Si avvicinò a me con calma, con una mano teneva stretta la mia e con l'altra tentò di calmarmi sfiorandomi una guancia, ma lui mi bloccò quando all'improvviso mi stampò un bacio al centro della fronte. Quando si staccò mi tirò piano verso di sé, mi abbracciò e mi tenne stretta contro il suo corpo.
«Rilassati, respira...» sussurrò con quel suo solito tono dolce, lui lo era tremendamente tanto. «Non devi spiegarmi nulla, solo chiudi gli occhi e respira lentamente.» aggiunse stampandomi un bacio sulla testa.
Io non sapevo se avesse capito quale fosse il mio problema, non sapevo se ne avesse intuito l'entità, ma provai a fare come mi disse. Chiusi gli occhi e respirai a pieni polmoni. L'odore di Sam era dolce, delicato, mi entrò quasi subito nel cervello e mi fece stare automaticamente meglio. Ma non per questo mi staccai, rimasi tra le sue braccia a godermi quel calore per altri pochi minuti, poi mi staccai leggermente.
«Come ti senti?» mi chiese Sam incrociando il mio sguardo, il suo sembrava davvero preoccupato.
«Sto meglio.» dissi con ancora un po' di imbarazzo. «Grazie a te.» aggiunsi con un sorriso più convinto.
«Oh, beh mi fa piacere.» disse accarezzandomi il viso. «Vuoi che ti accompagni a casa?»
«Cosa? N-no, non voglio.» risposi io velocemente.
«Sicura?» continuò lui.
«Non vuoi che resti qui con te?» gli chiesi leggermente confusa.
«No, piccola, non è questo.» sussurrò stampandomi un altro dolce bacio sulla fronte, ma il mio cervello si fermò a quel "piccola", detto da lui era la cosa più tenera del mondo. «Io voglio che tu stia qui, ma voglio che ci stia bene.» aggiunse in tono fermo, convinto, più lui parlava, più restava nella mia vita e più il mio cuore si scioglieva.
Io non riuscivo a ribattere, ero persa nei suoi dolci occhi scuri, nel suo tono che mi chiedeva solo di fidarmi di lui. Sorrisi inconsciamente non appena mi chiamò "piccola", sorrisi in quel momento e lo feci anche dopo, non riuscivo proprio a smettere di farlo.
«Cosa c'è?» mi chiese poco dopo con uno sguardo confuso.
«N-niente.» dissi mordendomi le labbra.
«Andiamo, cosa ho fatto?» mi chiese con un sorriso imbarazzato. «Ho detto qualcosa di stupido?»
«No, Sam, tu sei fantastico.» dissi avvicinandomi a lui e tornando a poggiare il mio viso contro il suo petto.
Non mi importava se era piatto, non mi importava se era duro, era il suo, e io ci stavo bene. Lui tornò a stringermi forte a sé, poggiò una sua guancia sulla mia testa e io tornai a rilassarmi.
«Resti qui con me allora?» mi chiese in tono particolarmente basso.
«Non mi muovo da qui.» sussurrai salendo leggermente più su col viso e strusciandomi contro il suo collo, un po' come facevano i gatti.
«Mi fai il solletico.» commentò lui ridendo e allontanandosi leggermente da me, ma non troppo dato che gli stavo ancora addosso.
«Oh scusami.» dissi incrociando il suo sguardo e avvicinandomi minacciosamente al suo collo, ma in quel momento non avevo intenzione di fare nulla di divertente.
Gli lasciai una serie di baci che partivano al centro del collo e si fermarono poco sotto il suo orecchio destro. Non appena arrivai lì, lui mi poggiò le mani sui fianchi, si voltò e automaticamente fece voltare anche me facendomi distendere sul letto sotto di lui. Restammo a guardarci negli occhi per qualche secondo, non furono molti ma per me il tempo si fermò lì, in quel momento. Sam aveva di nuovo quello sguardo, quello della sera precedente, intenso, profondo, era come se mi scavasse dentro. Il mio cuore salì velocemente in gola, e il mio respiro quasi si fermò. Una mano di Sam rimase su un mio fianco, la maglietta era leggermente alzata e due sue dita erano lì sotto a sfiorarmi, l'altra sua mano era al lato del mio viso. Con calma scese più giù, si distese completamente sul mio corpo e fece incontrare le nostre bocche. Iniziò a baciarmi piano, dolcemente, poi quella dolcezza si trasformò gradualmente in altro. Inizialmente sentii solo le sue labbra contro le mie, poi usò anche la lingua e di tanto in tanto sentii anche i suoi denti. Mi piaceva da matti quel suo modo di baciarmi. Sentivo che c'era più del suo tenerci sentimentalmente a me, sentivo che c'era anche attrazione fisica, e quella cosa mi piaceva. Mi scaldò subito, i suoi baci mi fecero venir voglia di lasciarmi andare completamente a lui, di non pensare a nient'altro che a noi in quel momento. Le sue mani erano ancora ferme sul mio viso e sul mio fianco, mentre una mia iniziai a muoverla in quel momento. Non mi ero mai spinta tanto oltre, le mie mani non si erano mai mosse per toccare qualcuno volontariamente, difatti le mie storie non erano mai durate tanto, le chiudevo prima di riuscire a sbloccarmi. Ma con Sam riuscii a muovermi, mi sembrò il gesto più naturale del mondo. Portai semplicemente quella mia mano dietro la sua schiena per stringerlo forte contro di me, per fargli capire che volevo che facesse quelle esatte cose. Purtroppo però non mi accontentai, volevo toccare la sua pelle, volevo sentire quel calore sotto le dita. Così spostai la mia mano giù, lo feci piano, lentamente. Arrivai al bordo della sua maglia e insinuai lì la mia mano. Sentii una scarica di adrenalina pervadere il mio corpo non appena la mia mano scivolò sotto la sua maglia, continuammo a baciarci intensamente per tutto il tempo e la mia mano in quel momento fece il percorso inverso lungo la sua schiena. Salì piano, gradualmente, sfiorai la sua schiena per tutta la sua lunghezza fino a quando non arrivai al tessuto di quella fascia elastica che aveva a coprire il seno. Quel tocco fu come un campanello d'allarme per Sam, non capii subito il perché ma non appena arrivai lì si fermò all'istante e si staccò dalle mie labbra. Il suo sguardo era strano, sembrava agitato, entrambi i nostri respiri erano corti ma quella sera avremmo avuto tutto il tempo per riprendere fiato.
«Sam...» dissi togliendo la mia mano dalla sua schiena e poggiandola delicatamente sul suo viso.
«Ehm... Scusami.» ribatté lui togliendosi di dosso.
Si rimise in piedi, fece il giro del letto e si sedette lì sul suo lato.
«Che succede?» gli chiesi tirandomi su e voltandomi verso di lui.
«Niente, solo che non volevo metterti in difficoltà.» dissi tenendo lo sguardo basso.
«Mettermi in difficoltà? E in che modo lo avresti fatto?» continuai senza capire.
«Beh tu mi hai detto che non hai avuto tante storie, che non ti sei spinta troppo oltre, e io non voglio costringerti a fare qualcosa per cui magari non sei pronta.» mi spiegò lui con fare incerto.
«Non mi sembrava che mi stessi costringendo.» replicai con calma.
«Magari no, ma magari non volevi semplicemente offendermi.» continuò lui con quello stesso tono.
Era ovvio che avesse altro per la testa, era ovvio che quelle fossero solo scuse. Di solito era sincero, mi diceva tutto ciò che non gli piaceva, ma in quel momento non lo fece e io non sapevo se era il caso di chiedergli la verità o assecondarlo. Ci pensai per un po', fu un minuto eterno, poi decisi di salire più sul letto e sedermi accanto a lui. Sam era lì sopra le coperte, Cubone lo poggiò sul suo comodino, e lui stava fissando il pavimento tenendo una mano dietro la testa. Lentamente allungai le mie braccia verso di lui e provai a smuoverlo un po'. Un mio braccio lo feci scivolare dietro il suo collo, appena sopra le spalle, l'altro non andò troppo oltre, con quella mano gli sfiorai il viso e con calma lo feci voltare verso di me.
«Sam, tu sai che puoi dirmi tutto, qualsiasi cosa, io non vado da nessuna parte.» gli dissi decidendo di optare per la verità.
Avrei potuto ignorare quella situazione, avrei potuto assecondare ciò che disse e fingere sul serio di sentirmi a disagio, ma a quale scopo? Magari lui si sarebbe sentito meglio, ma non sarebbe durata molto, prima o poi si sarebbe sentito a disagio e magari anche in colpa per aver mentito in quel momento. Tra l'altro, assecondandolo, non avrebbe saputo che io volevo davvero stare con lui, che a me piaceva per ciò che era dentro, per il suo cuore puro e speciale. Se avessi assecondato quella bugia lui non si sarebbe mai sentito completamente a suo agio con me, avrebbe avuto sempre paura di qualcosa, ed era su quello su cui dovevamo lavorare. La paura. Io ne avevo probabilmente molte più di lui, ma le sue erano più profonde e più difficili da far crollare. Io però ero lì, c'ero per lui e non volevo andare da nessun'altra parte. Lui mi guardò negli occhi con fare anche piuttosto dispiaciuto, i suoi occhi erano lucidi, il suo sguardo tremava quasi.
«Vieni qui...» sussurrai tirandolo verso di me e lasciandolo poggiare col viso contro il mio petto.
Lo sentii stringere quasi subito, lo sentii stringere forte. Le mie mani provarono a calmarlo, una la tenni dietro la sua nuca e l'altra era tra le sue scapole, sopra ai vestiti quella volta. Non gli dissi nulla, non c'era altro che potessi dire, l'unica cosa che potevo fare era semplicemente esserci, a volte bastava quello.
«Non l'ho mai fatto...» sussurrò con un tono tremolante.
«Che cosa vuoi dire?» gli chiesi lentamente, più per farlo sfogare che per altro, avevo capito benissimo a cosa si riferiva.
«Non ho mai fatto sesso.» mi spiegò staccandosi dal mio abbraccio e arretrando di qualche centimetro, quel tanto che bastava per guardarmi in faccia.
I suoi occhi erano ancora lucidi, il suo viso era parzialmente bagnato dalle lacrime e sembrava faticare davvero molto per tenere lo sguardo fisso verso il mio.
«Sam...» sussurrai portando di nuovo una mia mano sul suo viso, asciugando piano le sue lacrime.
«Lo so cosa stai pensando.» mi interruppe all'improvviso. «Pensi che sia strano, che una persona della mia età come minimo avrebbe dovuto farlo un sacco di volte, soprattutto uno come me.»
«Come te? In che senso?» gli chiesi decisamente confusa, quella volta sul serio non capii cosa intendeva.
«Beh nel senso che io non mi faccio problemi a provarci con qualcuno se mi piace, che provoco molto.» mi spiegò in tono lento.
«E quindi?» gli chiesi con tutta la calma del mondo. «Il contatto fisico è tutta un'altra cosa, ci vuole tempo prima di raggiungere una certa intimità con qualcuno.»
«Lo so, ma io non ci sono mai arrivato. Ho sempre cercato delle scuse per chiudere una relazione prima che si arrivasse a quel punto, non ci riesco.» mi confessò con fare piuttosto nervoso, sembrava turbarlo molto quella situazione.
«Cos'è che ti spaventa?» continuai lentamente.
«Tutto quanto, il fatto che tu possa vedermi nudo, o che possa toccarmi.» disse col viso piuttosto rosso, non sembrava per niente a suo agio in quel momento.
«Non vuoi che ti tocchi?» domandai togliendo la mia mano dal suo viso, ma era ovvio che non intendesse in quel modo.
«No, non è questo, ho una voglia matta di sentire le tue mani addosso, ma ci sono punti del mio corpo che detesto.» mi disse con lo sguardo che tornò inevitabilmente giù, lontano dal mio viso.
Il suo modo di fare, anzi, di "essere" mi piaceva molto. Lui aveva un lato puro e sincero che ormai avevano solo i bambini. Riusciva a dire le cose più segrete della sua vita con l'ingenuità di un bambino, ma a differenza loro lui sapeva che non poteva dirle a chiunque. In quel caso si fidò di me, si fidò perché gli piacevo, e probabilmente non solo. Riusciva a passare tranquillamente da una frase che mi avrebbe fatto venir voglia di baciarlo intensamente, a un'altra che invece mi faceva venir voglia di stringerlo forte e proteggerlo da tutto lo schifo del mondo. Era semplicemente genuino, era sé stesso, e io mi sentivo quasi indegna di vedere quel lato di sé che mostrava a pochi. Il discorso sul suo corpo non lo aveva mai affrontato con altri, almeno da quello che diceva. Se aveva chiuso le storie prima di arrivare a farci sesso significava che non aveva mai avuto un discorso di quel tipo con qualcuno, o che magari non era finito bene. Io non sapevo bene cosa dire, in un certo senso nemmeno io mi sentivo molto a mio agio col mio corpo, ma il mio fastidio era decisamente diverso dal suo. Il mio problema era la società che aveva inculcato a forza degli stereotipi di corpi femminili e maschili in testa alle persone, di conseguenza se qualcosa non era in quel modo io mi sentivo in difetto. Era stupido, lo sapevo, nessuno aveva un corpo perfettamente uguale ad un altro, ma io non mi sentivo comunque bella. Coprivo il mio corpo dentro a felpe e magliette larghe proprio come faceva Sam, ma il suo motivo era diverso dal mio. Lui non si sentiva sé stesso in quel corpo, con quel seno e chissà cos'altro che lo faceva sentire in difetto. Sam aveva un dolore più profondo rispetto al mio, io ero una ragazza in un corpo di una ragazza normalissima, lui no. Non sapevo quale potesse essere il corpo perfetto per una persona che non si sentiva né maschio né femmina, ma volevo aiutarlo a scoprirlo, volevo aiutarlo a stare finalmente bene con sé stesso.
«Mi dispiace...» disse qualche istante dopo scoppiando letteralmente a piangere. «Sono un casino...» aggiunse portandosi le mani sul volto e iniziando a singhiozzare, stava davvero tanto male.
«Sam, calmati.» dissi provando ad allungare una mia mano verso di lui, ma non appena gli sfiorai una mano lui mi spinse via.
«No, non posso farti questo. Tu meriti qualcuno di diverso, qualcuno di normale...» disse voltandosi dall'altro lato e affondando il suo viso nel cuscino.
Io rimasi spiazzata dal suo gesto, dalle sue parole soprattutto. Non sapevo come si sentiva in quella situazione, non immaginavo nemmeno che potesse esplodere in quel modo, aveva sempre finto bene di essere sorridente, sempre allegro, ma aveva ragione quando diceva che i suoi demoni andavano a trovarlo la notte, quando era solo. In quel momento c'ero io però, e fui io ad innescare tutto quanto a causa del mio tocco sulla sua fascia. Probabilmente sarebbe successo lo stesso, probabilmente ci saremmo fermati ugualmente anche se io fossi stata ferma. Sam continuava a piangere davanti a me, provò a trattenere i singhiozzi ma era inutile. Lentamente mi mossi verso di lui, non volevo che si spaventasse, né che mi allontanasse di nuovo, ma non potevo restare lì ferma mentre lui piangeva.
«Sam...» sussurrai portandogli una mano su una spalla.
«No, lasciami stare, vai via.» disse tra le lacrime.
Non sapevo quanto ci voleva per avere una certa connessione mentale con una persona, di quelle che si sapeva cosa voleva l'altro anche se non parlava o se diceva una bugia e voleva tutt'altro. Ciò che sapevo era che Sam non voleva che andassi via. Lo disse, certo, disse che dovevo andarmene, ma non lo voleva sul serio. Piuttosto che allontanarmi, io mi avvicinai di più a lui, poggiai il mio petto contro la sua schiena e lo abbracciai da dietro tenendolo stretto a me.
«Sam...» sussurrai di nuovo lasciandogli un bacio dietro la nuca, ma quella volta lui non rispose. «Io non ti lascio.» aggiunsi poggiando una mia guancia contro la sua pelle e stringendolo ancora più forte a me.
Lui sembrò calmarsi, i singhiozzi diminuirono e una sua mano la sentii scivolare piano sul dorso della mia. Restammo in quella posizione per qualche minuto, probabilmente non voleva che lo guardassi piangere, ma dopo un po' si decise e si voltò verso di me.
«Non mi lasci?» mi chiese con un piccolo sorriso.
I suoi occhi erano ancora un po' rossi, così come il suo viso, ma il suo sguardo era di nuovo quello dolce di Sam, e ciò che fece subito dopo confermò solo di più la sua dolcezza. Prese una mia mano nella sua e se la portò su una guancia, strusciò in modo quasi impercettibile il suo viso contro il palmo della mia mano, ma io lo sentivo muoversi ed era tanto dolce. Lentamente mi allungai verso il suo viso, gli stampai un bacio al centro della fronte e gli feci un piccolo sorriso.
«No, non ti lascio.» sussurrai incrociando di nuovo il suo sguardo.

Un altro giorno... Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora