Capitolo 10 - I nuovi vicini.

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In quel momento, guardando Sam nei suoi occhi scuri, capii di esserne innamorata. Non mi piaceva semplicemente, non era una semplice cotta, era di più. Ammiravo la sua forza, anche se probabilmente dopo quelle lacrime pensava di non esserlo. Credevo fosse normale avere un crollo dopo che si era tenuto qualcosa dentro per tanto tempo, soprattutto di quelle dimensioni. Era un peso enorme, fingeva ogni giorno che andasse tutto bene, ma evidentemente non era così. Lentamente ci infilammo sotto le coperte, poggiammo le nostre teste sui cuscini e non chiudemmo occhio. Restammo lì a guardarci e a sorriderci per tanto tempo, passò più di un'ora prima che gli dicessi qualcosa.
«Posso confessarti una cosa?» gli chiesi all'improvviso mentre ero persa sul contorno delle sue labbra.
Gli stavo accarezzando una guancia, poi il collo, salivo e scendevo da lì. Avevo paura di andare oltre, non sapevo quali punti dovevo evitare, ma in quel momento il suo viso aveva la mia più completa attenzione. Lui aveva una mano dietro la mia schiena, la sentivo, era sotto la mia maglietta. Era sulla parte bassa, non si spostava da lì, sentivo le sue dita muoversi lente ma il suo braccio era poggiato sul mio fianco e non sarebbe andato oltre.
«Tu puoi dirmi tutto quello che vuoi.» sussurrò con un sorriso.
I miei occhi si spostarono lentamente, salirono su e incrociarono il suo sguardo. I suoi occhi non erano più rossi, né gonfi a causa delle lacrime, erano tornati normali, il suo sguardo era normale. Gli sorrisi a mia volta, in quel momento ero io che sentivo gli occhi riempirsi di lacrime. Ma non ero triste, né incazzata, il mio cervello aveva semplicemente metabolizzato qualcosa che fino a quel momento non capii fino in fondo. Sam era stupendo, se mi fossi lasciata andare completamente con lui sarei potuta essere davvero felice. Sapevo cosa dicevano tutti, che non bisognava mettere la propria felicità in mano ad altri, ma ciò che stavo facendo io non era quello. Non stavo lasciando a Sam il più totale controllo della mia vita, non avevo intenzione di aspettare che lui facesse qualcosa, semplicemente sapevo che la mia vita con lui poteva essere migliore, decisamente migliore.
«Ehi, cosa c'è?» mi chiese poco dopo spostando la sua mano dalla mia schiena e portandola sul mio viso.
«Scusami...» dissi sentendo un paio di lacrime scivolare lungo una mia guancia, ma si fermarono non appena entrarono a contatto con la mano di Sam.
«A cosa stai pensando?» continuò lui in tono preoccupato.
«Sto pensando che mi piaci, Sam, mi piaci davvero tanto...» risposi con un sorriso.
«Cosa? E ti viene da piangere per questo?» mi chiese con fare parzialmente divertito. «Cioè capisco che sia una tragedia immane, ma magari c'è di peggio.»
«Sei proprio scemo.» dissi allungandomi e stampandogli un bacio sulle labbra. «È che sono felice, tanto felice...» aggiunsi, e dicendogli quelle parole vidi il suo volto illuminarsi.
All'inizio sorrideva divertito, solo perché mi stava prendendo in giro, in quel momento invece fu felicemente sorpreso di ciò che gli stavo dicendo.
«Davvero?» mi chiese con quel sorriso enorme sul viso. «Sei felice di stare con me?» aggiunse col tono più puro e innocente che aveva.
«Oh, perché? Stiamo insieme quindi?» ribattei in tono scemo, in quel momento era il mio turno di buttar lì una battuta scema a causa dell'imbarazzo.
«Eh si, Manu. Tu sei tutta mia.» disse lui in tono serio, che lasciò trasparire solo un velato accenno di ironia.
«Allora, dato che sono tutta tua, posso chiederti un favore?» gli chiesi in tono parzialmente imbarazzato.
«Certo, che cosa ti serve?» replicò Sam sorridendo.
«Mi abbracci?» gli chiesi tenendo lo sguardo fermo sui suoi occhi e notando il suo sorrisetto divertito sparire gradualmente.
Il suo viso divenne rosso, era imbarazzato, ma fu estremamente dolce perché mi portò un braccio attorno alle spalle e mi tirò verso di sé. Mi abbracciò, mi stampò un bacio sulla testa e mi tenne stretta a lui per tutta la notte. Io poggiai il mio viso sul suo petto, mi rannicchiai lì e chiusi gli occhi.
«Buonanotte, Sam.» sussurrai tenendo un braccio attorno al suo fianco, nemmeno quel punto sembrava dargli molto fastidio.
«Buonanotte a te, piccola mia.» ribatté lui in tono dolce facendomi sorridere.
Mi piaceva essere chiamata in quel modo da lui, era dolce il modo in cui lo diceva, e io mi sentivo bene, tanto bene. Rimasi stretta a lui per tutta la notte, mia madre non si fece sentire, a quanto pareva Dario aveva trovato un'ottima scusa con lei, e io potei finalmente passare la mia prima notte tranquilla. Di solito mi svegliavo di tanto in tanto, ad ogni ora quasi, e capitava anche che mi girassi nel letto un centinaio di volte prima di riuscire ad addormentarmi. Quella notte no però, quella notte mi addormentai dopo pochi minuti. Non mi svegliai nemmeno una volta, tra le braccia di Sam mi sentivo protetta, al sicuro. Ero tranquilla, ogni mia ansia svanì, e quella notte trascorse serena. Quando mi svegliai mi sentivo davvero riposata, avevo ancora sonno, non sapevo che ore fossero, ma il mio cervello era tranquillo. Negli ultimi 10 anni della mia vita ogni risveglio era un colpo al cuore, il mio primo pensiero era sempre "che cazzo, sono ancora qui" in quel momento no invece. In quel momento il mio primo pensiero era Sam. Io avevo ancora il viso poggiato sul suo petto, il braccio attorno alla sua vita e le sue braccia erano ancora attorno al mio corpo. Una sua mano era ferma dietro la mia schiena, l'altra era poco più giù lungo il mio braccio. Lentamente mi spostai dal suo corpo e mi poggiai col viso sul cuscino, Sam era ancora addormentato, respirava piano, tranquillamente. Avrei potuto svegliarlo ma non mi andava, non avevo fretta di tornare a casa. Lentamente gli presi una mano e sfiorai il suo palmo con le mie dita, la sua mano era di poco più grande della mia, le sue dita erano di pochi millimetri più lunghe, e le sue unghie sembravano essere tenute meglio delle mie. Non erano lunghe, per niente, anche le sue erano molto corte, ma si vedeva che erano tagliate e non mezze mangiucchiate come le mie. Il mio sguardo passò lento tra il suo viso e quella mano, e fu qualche minuto dopo, mentre stavo sfiorando le sue dita, che lui si svegliò. Si stropicciò leggermente gli occhi e non appena incrociò il mio sguardo mi sorrise.
«Buongiorno, principessa.» mi disse in tono piuttosto impastato, aveva ancora sonno.
«Ciao Sam.» lo salutai io ricambiando quel suo sorriso.
«Sei sveglia da molto?» mi chiese.
«Qualche minuto, non molti.» risposi io lentamente.
«E non hai colto l'occasione per scappare via? Cavolo, sono colpito.» ribatté lui con fare ironico.
«Perché dovrei scappare? Sono esattamente dove voglio essere.» commentai con un sorriso.
«Bella lei.» sussurrò Sam allungandosi verso di me e stampandomi un bacio sulla testa. «Se mi dai qualche minuto ti accompagno subito.»
«Guarda che io non ho fretta di tornare a casa.» contestai.
«Ah no? Ieri sera non sembravi voler restare troppo qui, e ora invece non vuoi più andare via?» mi chiese con fare divertito.
«Tu vuoi che me ne vada?» replicai col suo stesso tono.
«Ah fosse per me non usciremmo più da questo letto.» commentò lui avvolgendomi con le sue braccia e stringendomi forte a sé.
Quell'abbraccio mi fece inumidire in un attimo gli occhi, non mi fece male ma mi fece tanto bene. Mi piaceva stare con Sam, mi piaceva stare tra le sue braccia, ero davvero tranquilla quando ero lì. Ricambiai quasi subito l'abbraccio, affondai il mio viso nell'incavo del suo collo e mi rilassai. La sua stretta si allentò gradualmente, ma non si staccò prima di qualche minuto. In quel periodo di tempo sentii le sue labbra lasciarmi dolci baci sul collo, mi sentivo davvero bene, mi sentivo felice. Alla fine però si staccò, mi sorrise e si allontanò fuori dalla stanza. Io rimasi a rotolarmi nel suo letto per tutto il tempo, lui uscì fuori e tornò dopo pochi minuti. Lo vidi tenersi una mano sul lato destro del petto, aveva un'espressione sofferente, e nell'altra mano teneva la sua fascia.
«Sam, va tutto bene?» gli chiesi mettendomi seduta al centro del letto.
«Si, non preoccuparti.» rispose lui poggiando quella fascia sulla sua scrivania e facendomi un piccolo sorriso.
«Sei sicuro?» domandai non molto convinta, ma lui mi sorrise e si avvicinò al letto.
«Ho solo un leggero fastidio, ma non è niente di che.» mi spiegò allungandosi verso di me e lasciandomi un bacio sulle labbra.
«Me lo diresti se fosse qualcosa di più, vero?» continuai io velocemente.
«Ti stai sul serio preoccupando per me?» mi chiese con un sorriso imbarazzato.
«Certo che si, ci tengo a te.» dissi piuttosto sicura.
«Bella che sei.» sussurrò lui accarezzandomi una guancia dolcemente e lasciandomi un altro bacio sulle labbra. «Ma, davvero, non preoccuparti. Sto bene.»
«D'accordo...» ribattei io con un velo di sospetto, non gli credevo fino in fondo.
Poco dopo però mi tirai su anche io. Sam si preparò, io mi infilai le scarpe, e nel giro di dieci minuti fummo fuori dalla sua stanza. Ci fermammo in cucina però, Sam non voleva farmi scappare via tanto presto e mi offrì del latte con i biscotti.
«Hai paura che muoia di fame?» gli chiesi non appena insistette per convincermi.
«No, volevo solo farti stare qui un altro po'.» rispose lui dando un morso ad un biscotto.
«Oh carino, ma avresti potuto chiederlo senza problemi.» ribattei con un sorriso.
«La prossima volta.» replicò Sam facendomi l'occhiolino.
Dopo un altro quarto d'ora finimmo di fare colazione e scendemmo giù, Sam chiese l'auto a Fabiola e mi accompagnò a casa. Una volta arrivati lì vedemmo un grosso furgone parcheggiato davanti alla casa accanto alla mia, sembrava uno di quei furgoni per i traslochi.
«Hai dei nuovi vicini o stai scappando senza dirmi nulla?» mi chiese Sam non appena parcheggiò poco oltre quel furgone.
Il retro era rivolto verso l'entrata del cancello, verso di noi insomma, ed era aperto. Dentro c'erano un sacco di mobili imballati e scatoloni vari.
«Non ho alcuna intenzione di scappare via da te.» gli dissi incrociando il suo sguardo, sapevo però che la sua era solo una battuta. «Ma sembra che finalmente si sia stabilito qualcuno qui. Sono mesi che stavamo aspettando che arrivasse qualcuno, hanno fatto un sacco di lavori per tanto tempo.»
«Immagino disturbando le tue preziose mattinate.» commentò Sam in tono ironico, ma non aveva del tutto torto.
«Esatto!» concordai io.
«Beh adesso non dovreste avere più problemi, a meno che non ci siano dei bambini o dei cani.» continuò lui, e proprio quando lo disse vidi sbucare fuori dal cancello due piccoli bambini che correvano.
Avevano massimo 6-7 anni, si somigliavano molto, anche se uno aveva la maglietta nera di Batman e l'altro quella blu di Superman. Corsero verso il furgone e si fermarono lì voltandosi indietro in attesa di qualcuno. Saltellarono sul posto chiamando a gran voce un certo "Danny", e fecero un gran casino.
«Grazie per aver pronunciato le paroline magiche.» dissi a Sam velocemente.
«Scusa.» rise lui. «Ma vedrai che magari non saranno sempre così, soprattutto in un vicolo tanto stretto, i genitori sono pazzi se li lasceranno giocare qui dove passano auto di continuo.»
«Tu dici?» gli chiesi in tono speranzoso, ma non mi preoccupavo poi molto.
«Oh lo spero per te.» commentò lui ridendo. «Anche se il padre mi sembra abbastanza giovane.» aggiunse facendomi segno verso il corridoio oltre il cancelletto di quel palazzo.
Io mi voltai seguendo il suo sguardo, inizialmente vidi poco, c'era una rete scura alta più di un metro che divideva gli spazi oltre i nostri due cancelli, e così vidi bene quel ragazzo solo quando oltrepassò il cancello e si fermò davanti ai bambini.
«Quello non è il padre, quello è mio fratello.» commentai lentamente in tono anche piuttosto confuso.
«Oh, e dici che le due cose non possono coincidere?» scherzò lui.
«Non penso...» dissi in tono titubante.
Mio fratello era sì un tipo amichevole, salutava tutti e se poteva dava una mano, ma non lo avevo mai visto molto alle prese con dei bambini. La sua nuova ragazza gli aveva fatto provare cose decisamente diverse rispetto alle altre che aveva avuto. In quel momento lo vidi piuttosto allegro, si piegò davanti a quei bambini, gli portò le braccia attorno alla vita e li afferrò come se fossero due piccoli borsoni. Lentamente si voltò a destra e sinistra scuotendoli un po', speravo per lui che non avessero mangiato, e all'improvviso lo vidi fermare lo sguardo verso di noi. Ci vide, era ovvio. Ma non ero preoccupata, lo sarei stata di più se ci avesse visto chiunque altro della nostra famiglia. Lui era più discreto, non si intrometteva se non era necessario, e infatti mi fece solo un saluto con un cenno del capo.
«Ok, adesso non posso più ignorarlo.» dissi sentendo una lieve ansia, nonostante fossi tranquilla con lui avevo ugualmente paura delle sue eventuali domande.
Presi un respiro profondo e allungai una mia mano verso la maniglia dell'auto.
«Vuoi che vada via o che venga con te?» mi chiese Sam notando ciò che stavo facendo.
La sua domanda era lecita, in fondo io stavo pensando di raggiungere mio fratello, e Sam avrebbe dovuto fare qualcosa. Ma ciò che mi chiese mi fece pensare subito a due possibilità, che lui avrebbe potuto prendere in malo modo. Se gli avessi detto di andare via avrebbe pensato che mi vergognassi di lui, mentre se gli avessi detto di venire con me magari lo avrebbe fatto malvolentieri perché poteva non essere pronto a conoscere qualcuno della mia famiglia. Pensavo troppo in negativo, lo sapevo, la mia mente funzionava solo in quel modo purtroppo.
«Tu cosa vorresti fare?» gli chiesi provando a far decidere lui, non mi andava di mettergli addosso stupide pressioni.
«Io non voglio metterti a disagio.» rispose lui con calma.
«Perché dovresti farlo?» continuai io piuttosto confusa.
«Perché non so cosa ne pensa la tua famiglia delle persone come me.» mi spiegò lui lentamente.
«Persone come te?» domandai ingenuamente.
«Si, persone trans.» disse abbozzando un piccolo sorriso.
«Sinceramente non ne ho idea, ogni volta che usciva fuori l'argomento Queer, i miei cambiavano discorso. O comunque non se ne parlava molto, ma mio fratello è l'unico che ti presenterei volentieri.» gli spiegai con calma.
«Si? Quindi posso venire con te?» mi chiese con un sorriso più convinto.
«Se ti va sì.» commentai io ricambiando quel suo bel sorriso.
In pratica eravamo entrambi preoccupati per l'altro, Sam pensava che io non me la sentissi, e io pensavo fosse lui a non voler farsi avanti con mio fratello. Ma in realtà eravamo entrambi tranquilli su noi stessi, e così alla fine uscimmo dall'auto e ci avviammo verso Dario che continuava a strapazzare quei due ragazzini.
«Ehi, cosa stai facendo?» gli chiesi subito.
«Niente di che, stavo aiutando i nuovi vicini a portare dentro le loro cose, ma questi due scappano sempre fuori.» mi spiegò lui con un sorriso.
«Danny, mettici giù.» si lamentò il bambino con la maglietta di Superman.
Non capivo come mai quel bambino lo chiamasse Danny, ma a lui non sembrava importare, magari semplicemente non riusciva a ricordare il suo vero nome.
«Solo se mi promettete che la smettete di correre in giro.» ribatté Dario abbassando lo sguardo su quei bambini dai capelli scuri.
«Va bene, te lo promettiamo.» dissero in coro.
«Vi conosco da solo mezz'ora e già non mi fido...» commentò lui in tono ironico. «Ma va bene, vi metto giù.» aggiunse piegandosi sulle ginocchia e mettendo giù quei due bambini.
Entrambi, non appena misero piede a terra, saltarono e scattarono via verso il cancello.
«Non ci prendi, Danny.» dissero insieme entrando poi nel portone.
«Che piccole pesti.» commentò Dario in tono divertito.
«Magari si, però se si comportano così con te significa che si fidano, che ci sai fare con i bambini.» commentò Sam voltandosi lentamente verso Dario.
«Non so se ci so fare, ma mi piacciono. A volte penso sia più facile avere a che fare con i bambini piuttosto che con gli adulti.» ribatté Dario incrociando il suo sguardo.
«Parole sante, io lo penso da anni.» concordò Sam.
Entrambi fecero un sorriso, sembravano andare piuttosto d'accordo, cosa che non misi mai in dubbio. Poi fu mio fratello a farsi avanti, allungò la sua mano destra verso Sam e si presentò.
«Sono Dario.» disse. «Tu sei la persona che ha conquistato mia sorella?» domandò, ma era piuttosto sicuro di ciò che disse.
«Mi chiamo Sam.» rispose lui stringendogli la mano. «Per rispondere alla tua domanda mi verrebbe da chiederti in che senso... Cioè, fa cose diverse rispetto a prima di conoscermi?»
«Beh... A parte uscire più spesso, perdersi nei suoi pensieri e sorridere molto di più? Naaah, non molte.» commentò mio fratello in tono divertito.
«Dario!» lo ammonii io. «Che cazzo.» dissi sentendo il viso rosso.
«Cos'ho detto?» mi chiese lui con un finto tono confuso.
«Tutto quello che non dovevi dire.» risposi io velocemente.
«No dai, è una cosa carina.» commentò Sam portandomi un braccio attorno alle spalle, provò a farmi rilassare. «Significa che ho smosso qualcosa.»
«Oh, tu hai smosso tanto.» continuò Dario ridendo.
«Piantala.» dissi portandomi le mani davanti al viso, ma Sam mi stampò un bacio sulla tempia sinistra e mi sussurrò di stare tranquilla.
«Anche lei ha fatto molto per me.» commentò in tono piuttosto sicuro.
«Davvero?» gli chiesi io voltandomi verso di lui.
«Certo. Ma adesso ti lascio tranquilla, così evitiamo di metterti in ulteriore disagio.» disse lui lentamente.
«No dai, era divertente.» commentò mio fratello.
«Non ne sarei così sicuro.» ribatté Sam con fare più serio.
Dario mi prendeva solo in giro, gli piaceva stuzzicarmi, ma Sam era iperprotettivo. Gli piaceva punzecchiarmi quando eravamo soli, senza nessuno che potesse metterci altro carico e farmi sentire peggio, mentre se era solo scherzava perché sapeva che se me la prendevo sarebbe riuscito a farmela passare, o almeno solo con lui non avevo ansia. Era dolce, molto, e in quel caso non volle dare la possibilità a mio fratello di mettermi ancora di più a disagio.
«Mi ha fatto piacere conoscerti.» continuò Sam verso mio fratello, ma non sapevo se ci credesse sul serio.
«Si, anche a me.» concordò Dario con un sorriso, lui sembrava più convinto. «Quando vuoi puoi venire anche qui, potrete vedervi tranquillamente anche a casa nostra.»
«Davvero?» chiese Sam piuttosto sorpreso.
«Certo, i nostri genitori non avranno problemi.» rispose lui con quel tono convinto, ma io non ne ero così sicura.
«Beh d'accordo, lo terrò a mente.» ribatté Sam con un sorriso, poi si voltò verso di me e mi stampò un bacio su una guancia. «Ci sentiamo più tardi, va bene?» sussurrò.
«Va bene.» risposi io incrociando il suo sguardo e salutandolo poi poco dopo.
Sam salutò entrambi e tornò alla sua auto, entrò dentro e partì per poi allontanarsi lentamente da noi.
«Credi davvero a ciò che hai detto prima?» chiesi a Dario subito dopo.
«Quale parte?» replicò lui.
«Quella sui nostri genitori, pensi sul serio che non avranno problemi con Sam?» domandai.
«Beh per il momento non dovranno farci molto, solo conoscerlo.» commentò lui ingenuamente.
«Conosco Sam da quasi lo stesso tempo in cui tu conosci la tua ragazza, forse di meno, eppure io non so niente di lei, non l'ho ancora conosciuta, né tantomeno lo hanno fatto mamma e papà. Perché a loro non l'hai ancora presentata?» continuai in tono confuso.
In fondo se credeva nella loro bontà d'animo non avrebbe dovuto evitare di presentargli la sua ragazza.
«Perché voglio proteggerla da loro, da ciò che potrebbero dire.» rispose in tono incerto.
«Pensi che potrebbero dire qualcosa di brutto?» domandai.
«Si.» rispose lui con un piccolo sorriso.
«E non pensi potrebbero fare lo stesso con Sam?» gli chiesi in tono piuttosto infastidito, odiavo quando per altri faceva sembrare tutto estremamente facile e poi per sé non era lo stesso.
«Non lo so, è diverso. Sam è normale, se non ci si fa molto caso può passare facilmente per un ragazzo e...» commentò lui, ma il suo discorso mi diede fastidio già quando usò la parola "normale".
«E lui non lo è, passa comunque un messaggio sbagliato.» contestai in tono nervoso.
«Lo so, l'ho capito, ma per mamma e papà penso conti questo.» continuò lui lentamente.
«Non mi importa cosa conta per loro, io tengo a Sam e non lo presenterò a loro fino a quando non sarò sicura che lui sarà accolto come si deve.» ribattei nervosamente, e lo ero talmente tanto che non volli più rimanere lì con lui.
Mi voltai e me ne andai su in casa. Dario in parte era ingenuo, pensava che ciò che lui credeva fosse giusto fosse lo stesso anche per altri, ma non era così. Lui era gentile, a volte molto dolce, ma non tutti erano come lui. Vedeva del buono in tutti, cercava sempre il lato positivo, e fece lo stesso quella sera a cena. Mia madre fu sorpresa di vedermi lì, ormai ogni volta che cenavo con loro doveva fare una battuta al riguardo, ma quella sera la lasciai perdere. Mi chiese anche come fosse andata la notte a casa di Sara, la mia migliore amica, a quanto pareva Dario si era inventato la scusa più banale e anche la più semplice. Anche in quel caso parlai poco, le dissi semplicemente che era andata bene, niente di più. Poi l'attenzione si spostò facilmente altrove, in fondo quando nel nostro vicinato c'erano novità, i miei genitori erano sempre interessati a discuterne.
«Avete visto che sono arrivati i nuovi vicini?» chiese Lucia iniziando quel discorso con fare divertito.
«No, ho visto solo una Hyundai blu scura parcheggiata qui vicino.» rispose nostra madre.
«Pessimo giorno per fare orario continuato, mamma.» scherzò Lucia.
«Perché, cos'è successo?» le chiese subito piuttosto curiosa.
«Mah niente, hanno solo portato in casa un sacco di roba.» commentò lei lentamente.
«Quindi li hai visti?» chiese nostro padre.
«Ho visto che in auto hanno due seggiolini, ci sono anche dei bambini quindi?» domandò nostra madre.
«Oh si, due marmocchi urlanti.» commentò Lucia in tono sarcastico.
«Ah, quindi sarà una coppia giovane.» ipotizzò mia madre, come se tutti facessero i figli a 20 anni come lei.
«Per l'età non ne sono sicura, ma sono una coppia di gay.» disse Lucia facendo quasi strozzare mio padre.
Ci vollero alcune pacche dietro la schiena, da parte di Dario, e qualche sorso d'acqua per farlo riprendere.
«Cos'hai detto?» domandò lui.
«I vicini...» disse Lucia con calma, senza togliersi quel sorrisetto stronzo dal viso. «Sono due uomini gay.»
«Due uomini gay? E chi glieli ha dati i bambini?» domandò nostra madre sorpesa quanto suo marito.
«Ormai si possono avere figli in tanti modi, mamma.» le spiegò Dario con calma.
«Lo so, ma non capisco con quale criterio lascino due bambini a due uomini.» continuò lei.
«Oh per favore, non mi dirai che anche tu sei come quelli che pensano che per crescere dei figli ci vogliano un padre e una madre?» domandò lui con un piccolo sorriso, la questione gli sembrava assurda, ma non lo era così tanto.
«Certo, il padre gli insegna una cosa e la madre un'altra. Ci vuole equilibrio.» rispose nostra madre facendogli sparire quel sorriso dal viso.
«È un pensiero assurdo, io non penso che questo serva per far crescere bene un bambino.» si lamentò lui.
«Ah no? E secondo te cosa serve?» gli chiese lei con calma.
«Amore, solo questo.» disse Dario.
«Parli come loro adesso?» domandò nostro padre in tono sarcastico.
«Come "loro"?» chiese mio fratello in tono confuso. «Se intendi come "le persone intelligenti" allora si.»
«Stai dicendo che noi non lo siamo?» ribatté nostro padre in tono duro.
«Se pensate ancora che in questo mondo ci sia bisogno di una madre e di un padre per crescere bene, allora mi tocca dirti di no, non lo siete.» commentò lui in tono lento, ma piuttosto sicuro.
Adoravo la sicurezza di Dario, la sincerità che aveva e la forza di dire ciò che pensava a chiunque, anche ai nostri genitori. Io non ci riuscivo.
«Ma come ti permetti?» gli chiese nostro padre alzando il tono di voce.
«Basta guardarti indietro, la maggior parte dei genitori sono state persone cis etero, eppure non mi sembra che tutti i loro figli siano cresciuti bene.» gli spiegò Dario con una certa calma, io al posto suo mi sarei già innervosita.
«Ci volevano due schiaffoni in più.» ribatté nostro padre.
«Certo, perché tu risolvi tutto con la violenza, vero?» continuò Dario leggermente innervosito.
«Che ti prende stasera?» continuò nostro padre in tono confuso.
«Ma niente, è solo che ha frequentato quella coppia gay, e magari ora è diventato uno di loro.» commentò Lucia in tono divertito.
«Senti, ma la pianti??» le chiese Dario con fare più nervoso.
«Perché? Ti ho visto fare avanti e indietro con quei bimbetti, li hai aiutati anche con gli scatoloni, cos'altro avresti voluto fare?» ribatté Lucia velocemente.
«Stai zitta.» continuò Dario.
«Se sei gay puoi dirlo.» commentò lei ridacchiando.
«Non lo sono, e anche se fosse non ci sarebbe nulla di male. Sono persone come noi.» disse lui.
«Oh non credo proprio.» replicò Lucia con fare altezzoso.
«Cosa vuoi insinuare?» chiese Dario senza capire.
«Sono come te, non come me.» rispose lei velocemente.
«Tanto meglio, nessuno vorrebbe essere una testa di cazzo come te.» ribatté Dario.
«Ripetilo se hai il coraggio.» si incazzò Lucia facendo il giro del tavolo e piazzandosi davanti a mio fratello, avrebbe voluto anche alzare le mani, ma nostro padre la fermò e le disse di tornare al suo posto.
«Basta, smettetela.» urlò lui non appena lasciò andare Lucia che tornò lentamente al suo posto. «Non mi interessa cosa avete da dire, in questa casa nessuno dovrà avere a che fare con quelle persone.»
«Cosa? Perché?» chiese Dario in tono nervoso.
«Perché non mi piacciono e non voglio che voi abbiate a che fare con loro.» rispose lui semplicemente, non aveva una scusa sensata da dire e lo sapeva.
«Non li conosci nemmeno.» si lamentò Dario.
«Non mi importa, non voglio conoscerli.» commentò mio padre.
Io ero già poco predisposta a fargli conoscere Sam, non mi sembravano avere la giusta mentalità, e con quei discorsi lo confermarono solo. In quel momento ero più convinta a voler tenere Sam lontano dalla mia famiglia.

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