Capitolo 11

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Il momento in cui un uomo si interroga

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Il momento in cui un uomo si interroga

sul significato e sul valore della vita,

egli è malato,

dato che oggettivamente

non esiste nessuna delle due cose;

col porre questa domanda uno sta

semplicemente ammettendo di avere

una riserva di libido insoddisfatta

provocata da qualcos'altro,

una specie di fermentazione che ha

condotto alla

tristezza e alla depressione

Singmud Freud

[estratto di una lettera scritta a Marie Bonaparte]

~ ☔️ ~

Le vene nelle mie tempie pulsano tanto da farmi male, gli occhi minacciano di esplodermi e le dita delle mani e dei piedi sono intorpiditi.
Non so cosa sia successo, un attimo prima ero al Lago Maggiore e l'attimo dopo mi ritrovo in una cella umida e buia.

«Theseus» dico cercando di sollevarmi, senza successo. Mi sento debole e stanca, ho le vertigini e persino la nausea. Qualsiasi cosa mi abbiano fatto, ci sono andati giù pensati.
Sento un conato di vomito salirmi in gola, mi volto in tempo per rovesciare accanto a me e non sporcare i vestiti.

Quando finisco poggio la testa sul muro e sorrido, ho la merda fino al collo e il mio pensiero va ai vestiti, che stupida che sono.
Apro gli occhi, all'inizio è tutto confuso e sfocato, dopo un paio di battiti la mia vista si stabilizza.

In questa cella c'è freddo, non c'è nemmeno un letto o un gabinetto per i propri bisogni. Da qui posso vedere tutto il corridoio con altre celle uguali alla mia.

Chiudo di nuovo gli occhi, la testa sembra pesare un macigno. Provo a sollevarmi di nuovo, stavolta ci riesco. Faccio dei passi verso le sbarre ma solo a quel punto mi rendo conto che ho una catena intorno alla caviglia sinistra.

Certo, ci mancava solo questa. Strano non essere trattata come un animale, dopotutto. Sono in una prigione, che mi piaccia o meno.

«Hestia Craven?» sento urlare dal fondo del corridoio, allungo una mano fuori dalle sbarre e la muovo lentamente, troppo debole anche per parlare.

Hestia CravenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora