CAPITOLO 21

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È il giorno successivo, sei all'ospedale. Nella sala d'attesa ci sono i tuoi genitori, il comandante e la direttrice, che non dormono da tutta la notte aspettando ansiosamente aggiornamenti sulle tue condizioni.
In carcere, invece, a voler uscire erano più di tutti Ciro, Silvia, Naditza, Kubra, Edoardo e Mimmo.
Ciro era sempre di cattivo umore, rispondeva male a tutti, non dormiva e non mangiava. L'unica cosa di cui era certo e che non si sarebbe mai potuto riprendere fin quando tu non fossi stata bene, oltretutto, sei anche morta prima che poteste risolvere la situazione con Viola, quindi sei morta pensando che lui l'abbia fatto per tradirti o perché era attratto da lei. E questo, lo fa stare ancora peggio.
Silvia e Naditza, pensano solo a te: la mattina quando cercano il tuo buongiorno, la notte quando si mettono sul letto facendo i vostri soliti discorsi, ma tu non ci sei mai.
Kubra lo stesso e, per non piangere da sola, ha chiesto, momentaneamente, di essere trasferita nella cella dove eri tu con Nad e Silvia.
Edoardo sta malissimo per te, non può pensare nemmeno che qualcuno ti abbia sparato. Di notte piange, ma cerca di non farsi vedere. In questi giorni, è stato quello che più ha sostenuto Ciro insieme a Pino, Pirucchio, Totò e Milos, e l'unico con cui Ciro sta cercando il colpevole per preparare una vendetta.
Mimmo è sempre solo invece, pensa continuamente a te e alla tua famiglia, che potrebbe dargli la colpa per non esserti riuscito a proteggere. E se loro gli addossano la colpa e vanno contro di lui, lo farai anche tu, e ha paura di perderti.
Il comandante e Beppe, invece, si sostengono a vicenda. Beppe pensa che, come al solito, abbia sbagliato tutto, iniziando dal comportamento, e il comandante cerca di convincerlo che non è così, perché lui non poteva sapere cosa stava accadendo, nessuno poteva. Ma anche lui si da continuamente la colpa per non essere riuscito a salvarti, per non essere riuscito a proteggerti.
Liz e Nunzia, sono più vicine che mai, sperano solo che tu riesca a rimanere in vita. Manca tutto di te lì dentro: la tua simpatia, il rapporto tra te e loro. Eri praticamente una figlia.
Lino, non può ancora pensarci e non ci riesce perché più ci pensa e più rivede te su quella strada, vicino al mare, con il sangue che ti scorreva dalla bocca e cadeva sui vestiti già impregnati. Gli fa pensare a quanto in realtà lui e i suoi colleghi siano impotenti di fronte a certe situazioni, proprio come quando con suo padre investì una ragazza e non poté far nulla per salvarla.
Gennaro prega, prega continuamente che Dio faccia un miracolo e ti aiuti a svegliarti, altrimenti, probabilmente, non crederà neanche più in Lui.
La direttrice ti voleva troppo bene, ha fatto di tutto per te, ha anche lottato per farti uscire dalla malavita, ma nulla. Anche lei, senza potere. Piange da giorni da sola o nelle braccia del comandante. Oltre a questo sa anche che una volta che ti riprenderai, dovrai ritornare lì, tra le sbarre, per il ragazzo che hai ucciso. E i suoi sforzi, ancora una volta, non sono serviti a niente.

La direttrice e il comandante cercano di dare sostegno ai tuoi, ma nessuno riesce davvero ad aiutarli in quel momento, sono interessati solo a te.
Passa qualche ora e l'infermiera esce dalla sala dove sei tu, chiudendo la porta dietro di sé.
"Come sta?" domanda subito tua madre alzandosi in piedi
"Signora, non ci sono miglioramenti, ma si sveglierà, ne siamo convinti" dice mentre va via e tutti si siedono di nuovo, tranne tua madre che la ferma.
"Le vostre convinzioni non ci servono" dice con tono minaccioso e gli occhi ancora bagnati dalle lacrime "Chell è figlm e si nun s scet, ij ma pigl cu vuij, at capit?"
"Signora, mi dispiace ma non possiamo farci nulla"
"V dispiac? Allor c vag ij addù ess" risponde sicura mentre si avvia verso la sala dove sei tu
"No signora, non può vederla"
"Ma vuij chi cazz sit?" Tua madre si ferma e si gira verso la dottoressa che era rimasta dietro
"Ij song a mamm e vuij acalat a cap ca nun sit nisciun" continua ma l'infermiera non le risponde e va via
"Sta cess" torna a sedersi sulla sedia della sala d'attesa continuandola a guardare male mentre tuo padre le stringe la mano e il comandante e la direttrice, che riescono a percepire il suo dolore, cercano di consolarla mostrando la loro vicinanza.

*Il giorno dopo, da te*
Sei sul lettino e sei attaccata a molti macchinari, tra cui tubi per respirare e flebo. Hai gli occhi chiusi da un giorno e passa ormai, nessuno vuole perdere le speranze perché sanno quanto sei forte ma adesso, per la prima volta, tutti stanno considerando anche l'altra opzione, quella più dolorosa.
Ad un certo punto, però, inizi a sentire i rumori degli apparecchi a cui sei collegata, e apri lentamente gli occhi. All'inizio non capisci dove sei ma poi, guardandoti intorno, ti ricordi di quella sera, degli spari, del comandante e di Ciro.

Per rimanere vivi | Ciro RicciWhere stories live. Discover now