Capitolo 8

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"Le donne passano più tempo a chiedersi cosa pensano gli uomini di quanto gli uomini pensino"

(Anonimo)

POV : REBECCA

Sto impiegando più tempo del previsto per prepararmi.

Ieri sera mi è arrivata una mail del professore di scrittura creativa in cui specificava che la lezione di oggi si terrà nel polo A, nella classe N5. Esattamente la classe in cui la settimana scorsa sono entrata per sbaglio. Esattamente nella classe in cui ho conosciuto Riccardo. Dannazione!

Ci sto mettendo tanto impegno a farmi carina perché potrei rivederlo?

La vocina nella mia testa mi sta ponendo questa domanda da circa cinque minuti, ma la ignoro scacciandola.

Se fosse così, sarei pazza oltre che stupida.

Fissandomi allo specchio, noto che in effetti sto molto bene. Ho una canottiera bianca che mette in risalto le curve del mio seno non esagerato, con sopra un cardigan beige che si abbina alla mia carnagione.

Il trucco è leggero, ma  mette in risalto il taglio degli occhi, facendo sembrare ancora più intenso il mio sguardo.

«Tutto questo per un ragazzo? Assolutamente no! »

Rinuncio all'idea di mettere il mascara e lego i lunghi capelli in una crocchia, ribellandomi a mio unico neurone che vuole rendermi ridicola.

Tanto nemmeno lo incontrerò, se ci siamo noi nella sua aula, non potrà esserci il suo corso. Mi sembra logico.

Basta, sembro una tredicenne che si è presa una cotta per un ragazzo che le ha tenuto la porta aperta in un bar. E non è così, non mi piace.

Non voglio uscire con Riccardo. Non voglio conoscerlo né instaurare un rapporto con lui. È un bel ragazzo, è stato gentile ma niente di più. Non sarà mai nulla di più. Non posso stare vicino a nessuno adesso, non ora che ho bisogno di ricostruire me stessa. La vita mi ha mostrato il suo lato oscuro, la sua precarietà. Non posso perdere ancora una volta. E il miglior modo per non perdere niente è non legarsi a nulla e nessuno.

Esco con questo pensiero impresso nella mente e mi dirigo a lezione, stringendomi nel cardigan per l'aria fredda mattutina.

Salgo nell'edificio familiare e trovo l'aula senza problemi.

Apro la porta e il mio cuore manca un battito. In piedi in mezzo all'aula c'è proprio Riccardo che chiacchiera tranquillamente con un altro ragazzo.

Deve aver fatto una battuta, perché sorride mostrando quelle fossette fastidiose. É un sole, penso e me ne pento all'istante mordendomi il labbro. Cosa mi sta succedendo? Lui se ne sta lì, con maglia nera a maniche lunghe aderente che gli fascia i pettorali e i bicipiti. E io me ne sto qui, paralizzata davanti all'ingresso dell'aula a fissarlo come se non avessi mai visto un ragazzo. Bloccata, finché qualcuno non mi scontra per passare.

« Scusami » mi affretto a dire alla ragazza che mi supera, senza degnarmi di un'occhiata.

Il breve scambio però cattura l'attenzione di Riccardo. Sento il suo sguardo addosso e appena mi giro incontro i suoi occhi azzurri con un luccichio di  divertimento.  Beccata.

Riccardo congeda l'amico e viene verso di me sorridendo con quell'aria di strafottenza. Vorrei strapparglielo dalla faccia quel fottuto sorriso. Invece gli vado incontro, come attratta da una calamita.

« Sai, la scusa dell'aula sbagliata funziona solo la prima volta. Se avessi avuto voglia di vedermi, sarebbe bastato chiedere».

Alzo gli occhi al cielo istintivamente. « Oddio, è impressionante quanto tu sia egocentrico»

Oltre le nuvoleWhere stories live. Discover now