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LAETITIA

"So che sei malato,
spero che tu aggiusti
qualunque cosa sia rotta"
-The Neighborhood

𝒞𝑒𝓇𝒸𝒶𝒾 di respirare profondamente ma l'ansia ostacolava il corretto funzionamento dei polmoni. L'ennesimo voto negativo della settimana mi pesava, nonostante i miei sforzi, non riuscivo a ottenere neanche una sufficienza. Era febbraio e ricevere un'insufficienza significava dover recuperare la materia prima della fine dell'anno scolastico. Le piastrelle fredde creavano un contrasto con la mia pelle bollente mentre ero prostrata a terra, cercando di trattenere le lacrime e di evitare un attacco di panico.

Purtroppo era una reazione usuale, si manifestava ogni volta che mi sentivo sopraffatta dagli eventi e non sapevo come reagire. Qualcuno bussò alla porta del bagno in cui mi ero chiusa e non mi preoccupai di rispondere. -Laetitia? So che sei qui dentro- disse Laramey con un tono preoccupato, sbuffai e controvoglia aprii la porta. Mi fissò con un'espressione preoccupata e disse:-Se non rientri, ti metteranno una nota. Mi sono offerta di controllarti; sei fuori già da un quarto d'ora.-
-Laramey sto bene- interruppi bruscamente tagliando la conversazione.
Lei mi guardò dritto negli occhi.
-È per quella cosa, vero?- annuii a malincuore, la ragazza si chinò arrivando alla mia altezza e i nostri sguardi si incontrarono. -Sto bene, passerà da solo come sempre. Grazie per esserti interessata.- Ignorai la sua mano tesa mentre mi alzavo e mi avvicinai ai lavandini.

-Devi imparare a lasciare da parte l'orgoglio ogni tanto- disse amaramente commentando il mio atteggiamento. Risposi con un sorriso sarcastico. -Se rinuncio all'orgoglio è la mia fine.- Sciacquai il viso con energia, come se ciò potesse liberarmi dalla frustrazione. -Davvero? Se fosse così, non falliresti ogni volta che provi a fare qualcosa per colpa di ragazzo.- Le sue parole mi fecero alzare la testa di scatto; mi voltai verso di lei e, con passo deciso, mi avvicinai fino a trovarmi a pochi centimetri dal suo viso. Non mi curai di avere la faccia gocciolante d'acqua.
-Ti suggerisco di evitare di introdurre argomenti non pertinenti. Credi davvero che la mia situazione attuale sia dovuta a Dominique?- Risposi con una risata piena di finto divertimento, come se avesse detto la battuta più divertente dell'anno. Lei non si lasciò intimidire e continuò con coraggio. -Non parlo di Dominique, ma di...-
-non... pronunciare quel cazzo di nome. Non ti permettere Laramey- la interruppi fissandola intensamente, come se volessi scrutare la sua anima dietro quegli occhi verdi. Scossi leggermente la testa, le girai le spalle e mi avvicinai ai lavandini, stringendo il bordo con forza.
-Anzi non nominare nessuno. I loro nomi mi disgustano.- Strinsi così forte il bordo in ceramica che le nocche diventarono bianche e chiusi gli occhi provando a calmarmi. -Grazie per esserti preoccupata. Potresti tornare in classe e dire alla professoressa che non sto bene e che rientrerò presto?- Non ricevetti risposta, solo dopo qualche secondo sentii i passi allontanarsi e la porta del bagno sbattere violentemente.

Al tempo conducevo una vita caratterizzata da una modestia quasi... assente. Proveniente da una famiglia agiata, mio padre ricopriva il ruolo di CEO in un'azienda nel cuore di Manhattan, mentre mia madre era una rinomata cardiochirurga. Non conobbi mai la povertà, ma i miei genitori si spaccavano per far crescere tutti noi con solidi principi, lontana dall'essere viziata come molti potrebbero pensare. Mia madre era particolarmente determinata affinché i suoi figli mantenessero l'umiltà nonostante il benessere economico. Consapevole delle possibili critiche, si dedicò con impegno a smentire tali aspettative e oggi posso affermare che ha ottenuto pieno successo nell'intento. Madre di quattro figli, il primogenito di ventiquattro anni all'epoca era Jilbert Martin. Circondato dall'affetto di entrambi i genitori fin dalla nascita, che nonostante gli impegni lavorativi, trovavano sempre il modo per essere presenti. Frequentò la migliore scuola del paese e, una volta raggiunta la maggiore età, prese a seguire le orme paterne, entrando a far parte dell'azienda di famiglia.

Baby, i'm yours Where stories live. Discover now