𝒱𝐸𝒩𝒯𝐼

14 2 0
                                    

ARTEM

"Vedo i fili che si tirano
mentre respiri,
sapevi di avere una ragione
ti ha ucciso come le malattie.
Lo sento nella tua voce
mentre parli,
non puoi essere curato"
-The Neighborhood

24 ore prima.

𝒞𝒶𝓏𝓏𝑜, sono in ritardo.
-Blyat, posso andare ora?- Chiesi, sperando di poter fuggire via.
-Non hai ancora finito, non ti pagherò- rispose mio padre senza concedermi la possibilità di scappare prima di aver completato il lavoro.

Quel pomeriggio mi trovavo a lavoro con lui ma ironicamente non era stata una mia scelta, ero stato costretto a fargli compagnia. Papà lavorava sulle barche occupandosi principalmente delle riparazioni. Dato che ero troppo giovane per avere un lavoro indipendente spesso lo assistevo guadagnando qualcosa. Tuttavia, quel giorno si rivelò più impegnativo del solito e mio padre non voleva mandarmi a casa prima del tempo. Dovevo ancora lavarmi, vestirmi o quantomeno rendermi presentabile. Era il compleanno di Laetitia e sapevo che mi avrebbe notato, quindi dovevo apparire il più decente possibile... un pensiero sorprendente considerando che ero abituato a passare inosservato. Certamente non potevo presentarmi con pantaloni sporchi e una maglia macchiata di una strana sostanza nera. Finalmente mi ero reso conto di aver catturato la sua attenzione e da quella sera in poi, avrebbe saputo della mia esistenza e non mi avrebbe più ignorato. Dovevo essere presentabile nel caso il suo sguardo fosse caduto su di me. Tuttavia, ero così vicino a perdere la pazienza con mio padre, tanto da desiderare di sfogare la mia frustrazione con un pugno, se solo avesse continuato a trattenermi per altri dieci minuti. -Papà, devo davvero andare, sono in ritardo- implorai ma lui continuò a martellare su un chiodo traballante, ignorando completamente la mia richiesta. La festa era iniziata due ore prima e mancava solo un'ora alla mezzanotte, che segnava l'inizio del 28 luglio. Ero lì, pregando di essere liberato per tornare a casa, mentre gli tenevo la torcia per illuminare il suo lavoro.

Ero abituato a rimanere in cantiere fino a tarda notte, considerando che mio padre lavorava fino a tardi, ma il mio disagio non era tanto legato alla mancanza di sonno quanto allo sforzo fisico di lavorare su e giù per le barche. -Dove devi andare?- Mi chiese all'improvviso cogliendomi di sorpresa. -A una festa di compleanno- risposi senza entrare nei dettagli, non volendo che pensasse che stessi scappando dal lavoro per andare in discoteca, altrimenti avrebbe iniziato a farmi la predica sulle priorità della vita, cosa che non volevo sentirmi dire, specialmente in quel momento. -Di chi?- Chiese dimostrando un raro interesse per la mia vita e mi domandai perché lo stesse facendo proprio in quel momento così inopportuno. -Di un amico quindi, se non ti dispiace, ti saluto- dissi mentre mi allontanavo senza voltarmi, consapevole dei suoi occhi puntati sulla schiena, ma determinato a non farmi fermare o guardare indietro, temendo che potesse richiamarmi e farmi perdere altro tempo. Mi resi conto di aver lasciato mio padre nell'oscurità solo una volta dentro casa e cagato sotto gettai la torcia sul divano, già sentendolo imprecare in ucraino. Senza perdere altro tempo corsi sotto la doccia quasi scivolando, ma la paura di arrivare ancora più in ritardo superava la preoccupazione di farmi male. L'acqua calda scese su di me portando via la tensione accumulata. La voglia di vedere Laetitia mi aveva consumato nei giorni precedenti, dall'ultimo nostro incontro alle giostre fino a quella sera. Avevo riflettuto a lungo su come comportarmi quando l'avrei rivista ma nemmeno giorni di preparazione mentale mi avevano reso sicuro. Mi sentivo leggero, felice, come se stessi fluttuando sulle nuvole; sembrava un sogno troppo grande per essere vero.

Ero così assorto nei miei pensieri che non mi resi conto di essere arrivato alla Decadence, un locale ben noto per essere costoso. Ma trattandosi del diciottesimo compleanno di Laetitia Martin non era sorprendente che avesse scelto di festeggiare lì. Oltre alla sua reputazione di essere costoso, il locale era noto anche per le famose "ballerine", un eufemismo per non dire "prostitute". E per le camere riservate a chi voleva consumare una notte di puro svago, insieme a loro. Mi ripugnava quella realtà, ma per le persone disgustosamente ricche erano attività quotidiane, un modo per soddisfare i loro desideri. Lanciai solo uno sguardo fugace al buttafuori, che mi ricambiò con uno di disapprovazione ma preso dalla fretta non gli diedi ulteriormente peso. Mi colpì subito l'odore dolciastro di alcolici e sigarette mentre entravo, e sorrisi vedendo tutti i miei amici già al centro della festa, divertendosi. Mancavano solo venti minuti alla mezzanotte ed ero estremamente felice. Tutti gli invitati erano vivaci e l'aria era impregnata di festa, estate e spensieratezza. Dapprima salutai una coppia della comitiva di Émilien, due batteristi, e ricambiarono in modo distratto impegnati a risucchiarsi la lingua a vicenda, in un bacio passionale. Quasi fui travolto da un gruppo di ragazzi che correvano verso il bar e pensai che avrei preso da bere più tardi, magari con Roman, Rajin o Kenneth. Rajin era diventato un caro amico negli ultimi mesi e provavo un forte senso di fiducia nei suoi confronti. Probabilmente avrei anche parlato con lui della "questione Laetitia", sapendo che non avrebbe giudicato. Invece mi fidavo per metà di Nemina e sapevo che Rajin avrebbe parlato con lei se glielo avessi confessato, quindi evitai di farlo. Con Kenneth c'era ancora lavoro da fare; era restio a darmi piena fiducia e confidenza ma era comprensibile, d'altronde era come sua sorella. Con Roman invece ero arrabbiato, non riuscivo a capire il suo atteggiamento in quel periodo e avrei voluto dargli un pugno. Si comportava da stronzo solo quando Émilien era intorno. Mi voltai e mi bloccai improvvisamente quando vidi una figura alta e snella.

Baby, i'm yours On viuen les histories. Descobreix ara