Chapitre trois

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Parigi, Francia.

Parigi, Francia

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🌑

Altri giorni erano passati e di quel Lee Know non se ne ebbe più traccia ed Han Jisung era assolutamente contento di questo fatto. Pensava che togliersi di dosso quel ragazzo sarebbe stato difficile ed invece tutto il contrario.

Finalmente era giunto il fine settimana e Jisung poteva rilassarsi da tutte le telecamere che puntavano giornalmente la sua figura. Nell'ultimo periodo aveva iniziato a girare una pubblicità per pubblicizzare il nuovo profumo di Versace ed era assolutamente distrutto.

Jisung aveva deciso di farsi un giro per la capitale, aveva bisogno di un po' d'aria fresca, quindi si munì di berretto e mascherina ed uscì di casa. Il cantante preferiva di gran lunga starsene a casa per conto suo, ma anche lui sapeva che uscire per godersi un po' quei raggi solari e quell'arietta faceva bene e quindi quando trovava il tempo si svagava in questo modo.

Era intenzionato ad andare ad un bar vicino casa sua e bersi un buon caffè mattutino come piaceva a lui. Era solito andare in quel piccolo bar e passare qualche minuto o anche solo qualche secondo nel caldo di quel locale accogliente e autunnale.

Dopo una breve camminata per il marciapiede della capitale, riuscì ad intravedere la scritta in corsivo di un marroncino chiaro e ripassata da una tonalità più scura. Jisung adorava quel bar, gliel'ho aveva fatto scoprire Chris, il suo manager, durante i primi anni del mondo della musica. Al tempo non conosceva bene Parigi, aveva vissuto per lo più a Bordeaux quando si era trasferito dalla Corea del Sud alla Francia per via del lavoro dei suoi genitori.

Appena mise piede nel bar il profumo alla cannella che emetteva quel posto gli entrò subito nelle narici ma non era un odore fastidioso, anzi sapeva di casa. Per Jisung quella era casa.

Si sedette ad uno dei tavoli più isolati che erano quelli con i divanetti e quando appoggiò la schiena allo schienale riuscì a rilassarsi veramente. Era ciò di cui aveva proprio bisogno, un salto nel suo bar preferito.

La cameriera lo raggiunse in pochissimo tempo, non c'era molta gente quella mattina, e con una penna ed un taccuino in mano gli chiese dolcemente cosa volesse ordinare. Jisung le aveva risposto che un semplice caffè gli sarebbe più che bastato ma quando la signorina si stava per inchinare e girare i tacchi, un'altra voce la fermò.

"Per me un cappuccino per favore."

Jisung alzò il viso nascosto dalla mascherina e da sotto la visiera del berretto verde scuro vide un ragazzo sedersi accanto a lui e sorridergli. Più che un sorriso sembrava un ghigno, ed era quel ghigno.

"Ehi Ji, stavi già ordinando senza aspettarmi?"

E Jisung avrebbe voluto rispondere con qualcosa come "Ma chi ti conosce" aggiungendo un qualsiasi insulto, ma non poteva. Doveva fare finta di conoscerlo, sennò la cameriera si sarebbe insospettita.

"Pensavo non saresti più venuto, ho aspettato tanto!" Disse mostrando un sorriso pressoché falso da sotto la mascherina nonostante cercasse di fare del suo meglio per renderlo vero agli occhi della signorina che intanto aveva aggiunto anche l'ordine di quel ragazzo assieme al caffè di Jisung prima di andarsene via per prepararli e lasciare da soli quei due.

Il cantante prese a esaminare quel ragazzo purtroppo famigliare con quei capelli rossicci, quegli occhi scuri, quelle labbra tirare in quel ghigno...

Era lui.

È Lee Know.

Han Jisung aveva sperato con tutto se stesso che quel supercattivo avesse perso le speranze ed invece, adesso, si era rimostrato a lui senza la fatidica maschera che gli copriva il volto e doveva essere sincero, Lee Know aveva un bell'aspetto. Beh, non che avesse dubbi riguardo ciò, ma non se lo era aspettato così bello, così divino. Ma Jisung -- Stranger in realtà -- non poteva starsene in silenzio e osservarlo per bene, no, doveva per forza chiedere come mai fosse di nuovo lì a scartavetrargli i controcoglioni.

"Adesso mi segui pure?" Chiese in un sussurro trovandosi costretto a doversi avvicinare a lui per non farsi sentire dai pochi presenti in quel locale. In risposta il ragazzo tirò fuori dalla tasca della giacchetta grigia che stava indossando un piccolo diario verde su cui prendere note e una penna nera con la quale scrisse sopra le pagine bianche e nuove di zecca di quel libretto che aveva appena aperto. Finito di scrivere, lo passò a Jisung.

<<Il mio vero nome è Lee Minho>>

Il modello si riappoggiò allo schienale del divanetto e con un sonoro sbuffo decise di afferrare anche lui il diario e la penna per comunicare in quel modo.

<<Sapere il tuo nome non faceva parte della mia domanda.>>

Sul volto di Lee Know -- o meglio dire Lee Minho -- si formò un lieve sorriso, forse canzonatorio, e riprese il libretto verde tra le mani.

<<Sono qui per farti una proposta.>>

Jisung non era intenzionato di sentire, no, scusate, leggere ciò che stava per scrivere Minho perché aveva già in mente un'idea di quale proposta stesse parlando ma, ahimè, non poteva mica alzarsi e uscire dal locale, non dopo che aveva ordinato il suo caffè e messo in scena il teatrino di poco prima. Quindi, quando Minho gli ripassò il diario dopo che aveva finito di scrivere con la sua calligrafia veloce ma leggibile, Jisung lesse ciò che spingeva quel ragazzo a seguirlo ovunque.

<<Vorrei che collaborassimo assieme. Mi servirebbe una mano per riprendermi una collana di famiglia che il figlio di Seo Seojun mi ha rubato tempo fa, e tu sei l'unico che potrebbe aiutarmi. Entrambi odiamo i Seo e penso che a te non dispiacerebbe far passare le pene dell'Inferno anche a Seo Changbin. Correggimi se sbaglio.>>

Jisung dovette pensarci bene prima di prendere la penna dal tavolo e rispondere. Prima di tutto avrebbe sicuramente fatto delle domande, se non molte domande, a Minho e doveva assolutamente mettere certe cose in chiaro. Poi lui non sapeva minimamente della sua esistenza fino a qualche giorno prima, nessun giornale e nessun telegiornale aveva mai pronunciato o scritto il nome del supercattivo Lee Know. Forse erano pochi a conoscere questo nome, e tra quei pochi adesso faceva parte anche Stranger, colui che lavora nell'ombra ma che è comunque conosciuto, almeno in una parte della Francia.

La cameriera tornò con il cappuccino di Minho ed il caffè di Jisung ma se ne andò di nuovo via presto dagli altri clienti.

E se Lee Know in realtà stesse solo pianificando una qualche trappola elaborata per ucciderlo? Stranger non poteva farsi fregare, doveva essere più astuto. Allo stesso tempo, però, era strano il fatto che quel supercattivo si fosse addirittura intrufolato in casa sua per fargli una proposta del genere, magari non stava architettando niente di diabolico.

Vabbé, tanto valeva provare.

<<Quindi quella notte eri in casa di Seo in cerca della collana?>>

<<Più che per la collana, ero intenzionato anch'io ad ucciderlo. La collana è nella casa di Seo Changbin la quale è abitata da maggiordomi, donne delle pulizie, telecamere e allarmi sofisticati e difficili da mettere fuori gioco se da soli. Uccidere suo padre significa fare un funerale nel quale ci saranno tante persone. Sarebbe perfetto usare quel momento per conforderci tra la massa.>>

Il ragionamento di Minho non faceva una piega, e Stranger di questo ne era consapevole ma aveva molte altre domande alle quali avrebbe preferito ricevere risposte a voce e non tramite della carta. Avrebbero perso solo tempo in quel modo. Quindi si ritrovò costretto a finire alla svelta il suo caffè e scrivere le ultime parole che chiusero quella conversazione sul diario.

<<Va bene, collaboriamo.>>

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