Prologo

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❝ Blue jeans, white shirt
walked into the room
you know,
you made my eyes burn ❞


Si dice che la prima immagine che si ha una persona, sarà quella che definirà l'intera relazione con la stessa.

Quella che mi ricordo di lui è di quando entrò per la prima volta nell'aula. Dei blue jeans gli cadevano sui fianchi e una maglietta aderente gli fasciava il petto con misurata maestria. Pensai a quanto fosse folle che un uomo vestito in maniera così anonima potesse rubare la mia attenzione, inebriandomi con la sua aura così enigmatica e affascinante.

Mi sembrò strano che non avesse voluto seguire le rigide regole d'abbigliamento previste anche per i professori: almeno una camicia e una cravatta blu, come il colore della scuola, su pantaloni scuri rigorosamente classici.

Comunque, non ho più trovato nessuno che fosse così sublime in semplice jeans e maglietta bianca.

Allora aveva circa sulla trentina, forse ancora ventinove per l'esattezza, col fisico asciutto e la muscolatura non esageratamente pronunciata.

Per sciogliere la tensione del primo giorno, scostava di continuo dietro l'orecchio un ciuffo appena ondulato di capelli biondo caramello, che continuava a cadergli su occhi blu da angelo del paradiso.

Mentre passeggiava avanti e indietro l'aula, come tastando il nuovo territorio, non riuscivo a togliere gli occhi di dosso da quelle labbra piene, contornate da una mascella ovale che, quando si muovevano per parlare e raccontarci del suo approccio alla didattica, avrebbero potuto spedirmi pure all'inferno.

Lo osservai avidamente per tutto il tempo e, per fortuna, supponevo non se ne fosse nemmeno accorto.

«Dopo la fine della lezione, gradirei se qualcuna di voi rimanesse in aula per riassumermi tutti gli argomenti che avete trattato in filosofia con il precedente professore» ci chiarì guardando intensamente negli occhi proprio me.

In soggezione e d'istinto, alzai la mano. «Potrei farlo io» esclamai con voce malferma e sottile, mordendomi il labbro inferiore. «Sono Lana Grant.»

Il professor Galen nascose un sorriso e mi annuì in assenso. D'altronde ero una delle migliori del corso e chi meglio di me avrebbe potuto fare una cosa del genere con dovizia e puntualità.

«Ora potete andare» annunciò.

Mentre le ragazze sfilavano fuori dall'aula, io rimasi seduta al mio posto e con molta calma, riposi il mio materiale nella sacca a tracolla lasciandola a terra.

In attesa che anche lui finisse di sistemare le sue carte, mi lasciai andare sullo schienale, rilassata dal non dover essere più costretta a mantenere la compostezza che contraddistingueva ogni studentessa della Clear Lake University rispetto alle altre accademie femminili.

Lo seguii con gli occhi mentre avanzava verso la porta e udii lo scatto della serratura.

Quando puntò lo sguardo su di me, sentii come un proiettile colpirmi all'altezza del cuore. «Così stiamo più tranquilli, che dice?»

Annuii intimidita. Non immaginavo che ci fosse addirittura bisogno di chiuderci a chiave.

Tornò a passi felpati alla cattedra e con le dita mi fece cenno di avanzare verso di lui. Così mi alzai dalla sedia, cercai di lisciare la gonna con le mani e mi fermai di fronte a lui, con le braccia allungate e le mani giunte a pugno davanti a me. «Cosa le interessa sapere di preciso, professore?»

Da così vicino il suo sguardo profondo mi metteva ancora più in soggezione; era stramaledettamente profondo. Un abisso blu in cui avrei potuto affogare senza possibilità di salvezza.

Si strofinò accuratamente le mani con una salvietta umidificata e poi fece il giro della cattedra fino a raggiungermi dall'altra parte.

Seguendo la sua traiettoria mi girai anch'io verso di lui, finendo fra il suo corpo e la cattedra. Eravamo così pericolosamente vicini.

Deglutii spaventata mentre il cuore aveva incominciato a martellarmi nel petto. Sentivo di essere diventata una preda incapace di proteggersi e desiderosa di perdere il controllo. Era il suo ascendente su di me, una luna che attirava la marea.

Mi prese una lunga ciocca di capelli, rigirandosela fra le dita in contemplazione. «Non vedevo l'ora che rimanessimo soli. Signorina Grant, giusto?» La sua voce roca diventava un eco nella mia testa.

Annuii impercettibilmente, di nuovo, incapace di proferire qualsiasi parola.

Nessuno mi aveva ancora insegnato come interagire con un uomo, come oppormi.

«Lei ha qualcosa che...» accennò a dire, senza completare la frase. «È stata la prima che ha catturato il mio sguardo.»

Mi spinse deciso verso la cattedra e per non perdere l'equilibrio, mi poggiai con i palmi aperti sul bordo. «Professore...» sussurrai.

«La verità è che so già il programma che avete imparato fino ad oggi, vorrei darle solo una lezione extra. Solo a lei.»

Lo sento parlarmi ancora, nell'orecchio, quando attorno a me è tutto silenzioso.


Blue Jeans (tratta dall'album "Born to Die")

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Blue Jeans (tratta dall'album "Born to Die")

Prom (gone wrong) ☯Where stories live. Discover now