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Trenta minuti più tardi ci troviamo a camminare sotto al cielo cocente estivo, su una stradina in salita diretti verso questo fantomatico "Signor Orlando". Tra gli alti palazzi che torreggiano su di noi non passa nemmeno un filo di vento e se non mi fossi fermata a prendere un po' d'acqua probabilmente sarei già svenuta. Mike cammina davanti a me impassibile come se il sole non gli stesse vomitando addosso fiumi di calore da almeno venti minuti.
Sbuffo e ansimo rumorosamente. Mike si gira verso di me e incrocia le braccia al petto «Io te l'avevo detto che saremmo dovuti andare con la macchina, ci avremmo impiegato meno di dieci minuti e saremmo stati al fresco, con l'aria condizionata.»
«Ma no, io adoro camminare a piedi» Fingo una rapida corsetta e alzo il pollice per rendere la bugia più credibile.
Mike scuote la testa rassegnato e alza gli occhi al cielo «E va bene, se lo dici tu»

Non avrei mai potuto accettare una richiesta del genere. Io e lui soli nella macchina mentre lui guida? No. Era una cosa che poteva succedere solo nei sogni. Anzi, nemmeno. Mi sembrava una cosa troppo "intima", nel senso che poi avrei avuto l'impressione che Mike non fosse solo un conoscente, o che il nostro legame avesse fatto un passo in avanti e questo non poteva assolutamente succedere.
«Siamo quasi arrivati. Ti avverto che il Signor Orlando è una persona un po' eccentrica, ma è un buon uomo.»
Annuisco.
Ci fermiamo di fronte a uno di quei palazzi imponenti che mi facevano mancare l'aria. Mike suona al citofono. Una voce metallica risponde «Chi c'è?»
«Ciao Orlando, sono Mike»
«Ciao Mike, sesto piano, scala B, numero 120, come al solito»
Sesto piano? Spalanco gli occhi.
Devo salire altri sei piani a piedi?
«Immagino che tu non voglia prendere l'ascensore perchè "adori salire le scale"» mi anticipa Mike. In effetti appariva pericoloso anche quello.
«Esatto» improvviso un sorriso falso mentre mi asciugo col polso la fronte grondante di sudore e mi avvio verso le scale.
«Mi rendo conto che il tuo amore folle per le scalinate ti acceca, ma la scala B è da quella parte» indica verso destra, dove un cartello enorme con la lettera "B" sarebbe stato visibile anche ad una talpa.
Faccio un sorriso idiota e mi gratto dietro la testa, palesemente in imbarazzo. Che stupida. «Si, giusto»

Quando finalmente giungiamo a destinazione una figura bizzarra ci apre la porta.
Innanzitutto il "Signor Orlando" non è poi così tanto un "Signore", nel senso che immaginavo di trovare alla porta una persona un po' anziana, invece avrà al massimo cinque o sei anni in più a me.
Porta una redingote grigia, una camicia nera, pantaloni classici e uno stravagante cappello a cilindro. I capelli e baffi rossicci incorniciano gli occhi verdi e le labbra esili.
Il Signor Orlando guarda il nostro sudore con disprezzo mentre ci invita ad entrare. Mi chiedo come faccia lui a resistere con tutta quella roba addosso.
La sua voce stridula si sposa perfettamente con il suo aspetto esteriore.
«Accomodatevi qui» ci dice  indicando due sedie che si trovano di fronte ad un tavolino di vetro posto in una stanza che probabilmente funge da studio.
Il tavolo è pieno di documenti buttati alla rinfusa, su di essi c'è una grossa lente d'ingrandimento e sulla destra una pila di vecchi libri ingialliti.
Le pareti verde oliva sono tappezzate da cristalliere in legno nero in cui sono presenti migliaia di oggetti strambi e antichi, da vecchi orologi coi baffi orlati d'oro a statuette di cristallo di ogni genere di colore e forma.
Il signor Orlando si siede di fronte a noi. La finestra alle sue spalle si apre su un ampio balcone che affaccia su un panorama mozzafiato e dipinge tutta la città dall'alto.
Da qui si riesce a vedere il mare, la costa, le navi che imbarcano, le case e perfino il parco dove un ora fa stavamo mangiando un gelato.
L'atmosfera di questo appartamento è così accogliente che seppure non riuscissi a scoprire da Orlando le informazioni desiderate sarei ugualmente felice per essere stata qui.
«Allora, di cosa volevate parlarmi?» Chiede Orlando.
«Si tratta della collana che porta al collo Gemma» risponde Mike, indicando la collana dal ciondolo sproporzionato che si poggia delicatamente sul mio petto. Gliela porgo.
Orlando la osserva scrupolosamente con la lente d'ingrandimento, inizia dalla catenina d'oro e termina con la gemma blu.
Io e Mike di tanto in tanto ci scambiamo occhiate impazienti.
«Dove l'ha trovata, Signorina Gemma?» Mi chiede Orlando, mentre tiene gli occhi fissi sul diamante.
«È una lunga storia. In breve: Ho scoperto da poco di essere stata adottata e la mia famiglia adottiva mi ha spiegato che da bambina mi hanno trovata sull'uscio di casa con questa al collo»
Orlando mi osserva, aspettando che io prosegua «Sono venuta qui perché vorrei scoprire qualcosa riguardo le mie origini e forse Lei potrebbe darmi una mano» Mi volto per un attimo a guardare Mike con sguardo interrogativo, prima di posare nuovamente gli occhi sul bizzarro Orlando che mi guarda con occhi sgranati. «Non so, dobbiamo darci del Lei?» Chiedo confusa.
Il Signor Orlando non risponde alla mia domanda, invece aspira una boccata di pipa e dopo un istante di riflessione inizia a parlare.
«Si beh, allora: La catenina è oro puro, credo si tratti di un ventiquattro carati. Il diamante è una preziosa pietra di zaffiro. Non ho mai visto una pietra tanto grande quindi direi che il valore sia pressoché inestimabile. Questa collana avrà all'incirca sessant'anni, ma è tenuta molto bene. Sicuramente questo zaffiro non proviene da questa città. Le miniere di zaffiro nascono solo in rare posizioni geografiche in cui sono presenti particolari composizioni rocciose. Si tratta di un oggetto più unico che raro per cui vi offrirei qualsiasi somma per aggiungerlo alla mia collezione, ma credo di aver capito che non è vostra intenzione venderlo.»
Toglie finalmente gli occhi dal diamante e mi lancia un occhiata.
«No, infatti.» dico.
«Peccato» Orlando abbassa gli angoli della bocca e mi restituisce la collana.
«Nient'altro?» Chiede Mike incredulo.
«Nient'altro.» Risponde il Signor Orlando con tono piatto «Ah. C'è una piccola sigla dietro al diamante.»
«Che sigla?» chiedo io, spalancando gli occhi.
«MSV. Significa qualcosa per voi?»
Ci rifletto per alcuni secondi, ma non mi viene in mente niente.
«No...» rispondo sconfortata.
Mike si alza e porge la mano al Signor Orlando «Ti ringrazio, è stata un piacere, come sempre»
«Il piacere è tutto mio» risponde Orlando
Imito Mike e andiamo via.

~~~

«Questa volta che ne dici se prendiamo l'ascensore?» Mi chiede Mike sorridente.
L'idea di stare in ascensore sola con lui mi spaventa. Ma mi ha accompagnato fin qui sotto al sole e l'ho praticamente costretto a salire sei piani a piedi. Cercherò di essere indifferente alla sua presenza. Facile.
«D'accordo» gli sorrido.
Ci incamminiamo verso l'ascensore.
«Cosa c'è che non va?» Mi chiede, guardandomi.
«Siamo al punto di partenza. Quella sigla non ha senso.»
L'ascensore arriva ed entriamo. Mike preme il pulsante per il piano terra. Le porte si chiudono.
«Non ti preoccupare, qualcosa ci faremo venire in mente. Ovviamente il Signor Orlando non poteva sapere già le tue origini. Ci ha semplicemente fornito delle informazioni che potrebbero esserci utili per scoprirle. Non siamo affatto al punto di partenza» Mi rassicura Mike.
«Lo spero, ma mi sembra tanto di essere in alto mare.» dico, inquieta.
«Tranquilla, ce la faremo» Mi sorride e i suoi occhi diventano improvvisamente miele nella tempesta.

Ce la faremo

Gemma del MareWhere stories live. Discover now