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Ci sono tante cose che non ho mai visto.

Non ho mai visto i fiori, il sole, la pioggia, la luna, la neve, i prati, e altre tante miliardi di cose.

Le persone qui raccontano che una volta il mondo era bellissimo.
Che c'erano città popolate da famiglie, bambini, e luoghi con dei bellissimi prati, laghi, ruscelli, e centinaia di fiori di ogni tipo. Dicono che erano colorati, avevano forme differenti, e profumano pure. Chissà quale era il loro profumo. Mi piacerebbe poterli annusare anche solo una volta.

Non so se queste storie siano effettivamente vere, non so se siano tutte bugie, o finte storielle, come quelle che si raccontano ai bambini. Ma quello che so, è che adesso il mondo è cambiato.

Dicono che le tempeste solari hanno distrutto tutto. Che la terra è arida, e che le persone lottano e fanno guerre solo per un po' d'acqua.
Il tempo è cambiato, e le stagioni non esistono più. C'è solo caldo, caldo caldo caldo e ancora caldo. E che l'unica fortuna, può essere di trovare un po' di vento.

Non piove spesso, e se piove l'acqua è sporca, e ricca di sabbia, - che ormai è ovunque. - Ma tuttavia, gli scienziati hanno inventato un modo per purificare l'acqua.
Essa è divisa in razioni, ed è possibile avere una sola tanica a settimana, ma spesso, i tempi si dilungano di più, se non piove.

Dicono anche che le poche persone rimaste vivono sottoterra.
Anche noi viviamo sotterra, e ci dicono che loro ci stanno proteggendo.
Che "loro" ci stanno tenendo al sicuro, e che ci hanno salvato.

Non so se neanche questo sia vero.
Io non mi fido di loro.
Non mi fido di nessuno.

Sono chiusa in una stanza, sottoterra, da quando ne ho memoria.
Non ricordo cosa sia successo quando ero piccola, non ricordo nulla di nulla, se non il mio nome.

Mi chiamo Heaven.

Non ricordo se avevo una famiglia, se ho mai vissuto nel mondo "bellissimo" che raccontano, e non so se ho mai corso in un prato, e annusato il profumo dei fiori.

Da quello che so, ho sempre vissuto in questa stanza, sottoterra, senza mai vedere nulla.
C'è un bagno, un lettino, e varie cianfrusaglie in metallo. La stanza è tutta grigia, in pietra. Qui sotto non fa caldissimo, e né freddo.
Si sta bene. È il mio corpo, ad essere caldo.

Ci sono poche cose che mi è concesso fare.
Come ci sono poche cosa che mi è concesso chiedere, o vedere.

«Heaven Glass, si alzi e si metta la benda.» Dice una voce maschile, metallica, che esce da un'altoparlante posizionato nell'angolo in alto a sinistra della stanza.

La voce si sente sempre a quest'ora.

Mi alzo da terra, afferro la benda, e me la lego intorno alla testa, in modo da coprire i miei occhi. C̶o̶s̶ì̶ c̶h̶e̶ n̶o̶n̶ p̶o̶s̶s̶a̶ u̶c̶c̶i̶d̶e̶r̶e̶. Così che non possa vedere.

Ogni ragazzo che si trova qui, ha la sua stanza e fuori a sorvegliarlo ha la propria guardia.
La mia entra, mi afferra per un braccio, e mi porta probabilmente nella sala principale.

"Così che puoi stare con i tuoi simili" hanno detto.
"Così che puoi parlare con qualcuno" mi hanno ripetuto.

Ma io non voglio. Voglio tornare nella mia stanza, non voglio vedere nessuno. Io non posso vederli.

Percorriamo il corridoio, e raggiungiamo la sala principale. Lo sento aprire la porta, e spingermi all'interno, per poi richiuderla.

«Haven Glass, può togliersi la benda.» Mi dice la voce metallica.
Come al solito non l'ascolto. Non ho la minima intenzione di togliermi la benda dagli occhi.

Forse dovrei fidarmi.
Forse dovrei fidarmi e toglierla.
Ma non voglio. Non voglio e non posso.
Non posso vedere, non posso u̶c̶c̶i̶d̶e̶r̶e̶ guardare qualcuno.

Cammino strusciando la mano contro il muro, appoggio la schiena contro la parete, e mi siedo a terra, aspettando che la mia guardia torni a prendermi.

Lui sta praticamente ventiquattro ore su ventiquattro davanti alla mia stanza, senza fare o dire nulla. Ogni tanto mi guarda, dato che la vetrata è trasparente. Ma non dice niente. Forse perché non può.

Io posso guardarlo, perché tutte le guardie indossano una tuta nera che li ricopre ogni centimetro di pelle, così come il viso, che è coperto da una maschera.

Certe volte vorrei chiederli come si chiama, oppure chiederlo di raccontarmi qualcosa sul mondo "bellissimo" che una volta esisteva.

Chissà se lui ci ha mai vissuto, chissà se l'ha mai visto, oppure chissà se conosce il profumo dei fiori.
Chissà chissà chissà e chissà.

Vorrei parlarli, vorrei che mi parlasse.
Ma non posso, e lui non può.

Nel frattempo, ascolto quello che dicono gli altri ragazzi. Penso che ci siano altre tre, o quattro persone intorno a me. Ad ogni modo, ho sempre trovato interessante ascoltare i discorsi degli altri. Non posso farne a meno.

Sento dei passi, e qualcuno si siede al mio fianco.
«Puoi toglierla la benda, lo sai?» Mi fa una voce femminile.
«Noi non possiamo ferirci a vicenda, perché siamo uguali.»

"Siamo uguali"  e chi sono i diversi?
Siamo noi, che nel sangue abbiamo delle mutazioni, oppure loro, che non ne hanno?

La ragazza poggia una mano sulla mia e dice: «Vedi, puoi toccarmi senza ustionarti.»

Mi volto di scatto verso di lei, ma senza togliermi la benda dagli occhi. «Come è possibile?»

«Te l'ho detto, noi non ci possiamo ferire a vicenda.» Ritira la mano, e poi continua: «Se una persona normale mi avesse toccata, a quest'ora si sarebbe ustionata, come se avesse messo la mano su una teglia appena uscita dal forno.»
Porta una mano sulla mia benda cercando di togliermela, ma io la fermo.
«Avanti, puoi fidarti di me!»

"Io non mi fido di nessuno" vorrei risponderle.
«Il mio calore è più potente del tuo.» Affermo.
«Se ti guardo, non ti lascerei una semplice bruciatura, ma ti ucciderei.»
Mi mordo il labbro nervosamente. Dire ad alta voce quello che posso fare è più doloroso che pensarlo.

«E allora?» Immagino che stia facendo spallucce.
«Ti ho detto che tra di noi siamo immuni al colore.» Mi prende di nuovo per mano, giocherellando con le dita.
«Il tuo calore sarà anche più potente, ma non ci farai del male.»

"Non ci farai del male" ma se lo facessi? Se il mio calore fosse così forte da superare anche l'immunità? Se mi togliessi la benda, e lei bruciasse sotto il mio sguardo? Se la uccido, quando vorrei solo poterla guardare normalmente?

Scrollo la testa, e mormoro: «Sto bene così.»
Mi sento più sicura con la benda sugli occhi. Mi sento meno letale, meno pericolosa, perché so che non potrei uccidere nessuno.

Anche se vorrei strapparmela di dosso, vorrei poter guardare in faccia le persone senza ucciderle, vorrei potermi sentire normale.

Ma non lo sono, noi non siamo normali.
Loro ci chiamano "i geneticamente modificati"
Siamo un errore, un qualcosa che non sarebbe dovuto accadere.
Siamo sbagliati.

𝑺𝑯𝑨𝑻𝑻𝑬(𝑹𝑬𝑫) -𝒾𝓃𝒻𝑒𝓇𝓃𝑜 𝑒 𝓅𝒶𝓇𝒶𝒹𝒾𝓈𝑜-Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora