40

312 16 4
                                    






È arrivata la notte.
Abbiamo camminato per non so quanto, alla ricerca di un'edificio che fosse in "buone" condizioni. Per lo meno che avesse un tetto stabile, e non ci crollasse addosso.

Quindi, abbiamo trovato un'edificio, che al primo piano ha un'appartamento. Non è messo malissimo, è un po' distrutto e c'è polvere ovunque, ma perlomeno è sicuro. Abbiamo anche trovato delle lattine di frutta, e altre di legumi. Gli alimenti sotto vuoto sono gli unici a non essere marciti.

Abbiamo anche trovato dell'acqua. C'erano varie borracce ermetiche sul pavimento, e qualcuna era piena. Inoltre abbiamo provato ad aprire il rubinetto del bagno, abbiamo messo un contenitore sotto, e l'acqua è scesa di colpo, ma pochi secondi dopo è finita. Abbiamo giusto un contenitore per poterci lavare e bere.
Ma per lo meno, è già qualcosa.

Abbiamo finito di cenare poco fa. Abbiamo messo mezza scatola di fagioli nel pentolino, li abbiamo cotti con il nostro calore, e li abbiamo divisi in quattro porzioni. Non abbiamo mangiato molto, ma dobbiamo razionare il cibo, almeno finché non ne troviamo altro.

Ora sono in una camera da letto.
C'è un letto matrimoniale, dei comodini, un armadio con ancora dei vestiti dentro, e un mobile con delle piccole cornicette sopra.

Ne afferro una, e la osservo: È una foto. Una foto di una donna che tiene in braccio un bambino. Al
Suo fianco c'è un uomo, che invece tiene per mano una bambina, con dei capelli ricci ricci, un grazioso vestitino rosa, e un bellissimo sorriso. Sullo sfondo c'è la città. Questa città. Quando ancora era abitabile, e le tempeste solari non avevano distrutto tutto.

Che bello. Che meraviglia, che era. Mi viene da pensare. Ma poi lo sguardo mi cade di nuovo sulla famiglia, e il mio cuore si stringe, e lo stomaco si contorce.

Chissà se sono ancora vivi. Chissà se sono riusciti a trovare un bunker, e a fuggire alle tempeste solari. Chissà se sono vivi.

Appoggio la cornicetta, e la metto a faccia in giù.
Se vedo ancora quei volti potrei mettermi a piangere.

Mi volto, che c'è Hell che sta cambiando le lenzuola del letto. Ne prende delle pulite dall'armadio, a le rincalza al materasso. Prende un'altro lenzuolo, e lo mette sopra come coperta. E infine, prende delle federe pulite, e le cambia a quelle vecchie. Getta tutte le coperte impolverate in un'angolo della stanza, e torna a sistemare un'ultima piega rimasta sul letto.

«Che precisone» mormoro osservandolo.
«Lo sai che dormendo ci saranno altre trecento pieghe, vero?»

«Lo so. Ma è più soddisfacente dormire in un letto con le lenzuola in ordine, no?»
Si toglie li stivali, si sbottona la tuta nera da guardia che indossa ancora, e resta in maglietta, pantaloncini corti, e calzini. Si lascia cadere nel letto, sprofonda la testa nel cuscino, e mormora: «Resti lì in piedi?»

Deglutisco, mi ricordo che devo respirare, e fisso la tuta che indosso, pensando che c'è un piccolo problemino: Non mi ricordo se ho messo qualcosa sotto.

Nella mia cella, oltre alla tuta, avevo a disposizione una canottiera, e un paio di pantaloncini neri aderenti. Solo, che quando ero di fretta, mi mettevo direttamente la tuta, sopra la biancheria intima.

Quindi, adesso non ricordo proprio se ho qualcosa sotto. La tuta è così stretta che non riesco a capirlo. E di certo non mi andrebbe di fare uno spogliarello per capirlo.

Potrei tirare giù un pochetto la cerniera, ma sarebbe un tantino imbarazzante togliermi la tuta, e rimanere in mutandine e reggiseno.

Deglutisco ancora, li do le spalle, e abbasso leggermente la cerniera per vedere se ho qualcosa sotto.

Si, ho i vestiti.

𝑺𝑯𝑨𝑻𝑻𝑬(𝑹𝑬𝑫) -𝒾𝓃𝒻𝑒𝓇𝓃𝑜 𝑒 𝓅𝒶𝓇𝒶𝒹𝒾𝓈𝑜-Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora