CAPITOLO 28 • Save me -Parte 1-

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CAPITOLO 28
Save Me -Parte 1-

Giorno 1

Ultimamente Jimin avrebbe potuto contare sulle dita di una mano le notti in cui era riuscito a riposare serenamente, senza particolari pensieri che potessero turbare il suo sonno.

Quello, poteva essere annoverato sicuramente tra i risvegli peggiori della sua vita.

La testa gli pulsava convulsamente per via del colpo che lo aveva tramortito e di cui non aveva neanche fatto in tempo a rendersi conto. Provò ad aprire gli occhi, ma un fastidioso pizzicore lo costrinse a tenere le palpebre serrate.
Avvertiva su di sé uno strano calore di una forte luce puntata proprio sul suo viso che, istintivamente, gli fece venir voglia di strofinarsi gli occhi, non riuscendo a capire, lì per lì, cosa gli impedisse di portare le sue mani proprio in direzione di essi.
Ci volle qualche momento per realizzare che entrambe erano bloccate da qualcosa.

Gli occhi facevano ancora difficoltà ad aprirsi per via dell’intenso fascio di luce che non gli rendeva le cose semplici e la sua mente si sentiva ancora troppo stordita per elaborare qualsiasi tipo di pensiero.

Forse aveva dormito troppo o aveva dormito male e il suo corpo era ancora intorpidito per rispondere ai comandi, ma più provava a dimenarsi, più sentiva i suoi arti, incluse le gambe, essere pressati da un qualcosa che ne impediva i movimenti, fino a che uno sfrigolio metallico lo fece destare dal suo stato di semincoscienza inducendolo ad aprire finalmente gli occhi.

L’orribile sensazione di avere degli aghi infilzati nelle pupille passò nettamente in secondo piano quando realizzò a fatica che ciò che teneva ancorato il suo corpo e ne impediva i movimenti non erano altro che delle cinghie.

In un lampo, il panico si propagò su tutto il corpo e Jimin prese a dimenarsi ancor di più causando un acuirsi del suo mal di testa. Un movimento più brusco del capo gli provocò un violento capogiro che gli fece strizzare gli occhi e sibilare un verso di dolore, obbligandolo a distendersi nuovamente.

La luce puntata addosso continuava ad abbagliarlo fastidiosamente e non c’era modo di sottrarsi ad essa.
Jimin provò a riaprire gli occhi, questa volta con più lentezza, rimanendo steso su quella specie di lettino troppo sottile e scomodo.

Iniziò a scrutare l’ambiente circostante, ma più si guardava intorno, più l’ansia gli saliva.

Le pareti erano grigie, sporche e c’era un forte tanfo di umido e muffa. Non sembrava esserci alcuno sbocco d’aria o di luce naturale. Non c’era nulla in quel posto che pareva essere un sotterraneo, uno scantinato, uno dei quei luoghi tetri e paurosi che era abituato a vedere nei film horror che Taehyung lo costringeva a vedere di tanto in tanto.

Lo sguardo di Jimin passò nuovamente alle sue mani legate, accorgendosi solo in quel momento del tubicino, collegato a un contenitore sostenuto in alto, inserito nel suo polso sinistro.

“Dove mi trovo? Perchè sono qui?”

<<Ben svegliato!>>

Una voce alle sue spalle gli mozzò il respiro. Non si era accorto di non essere solo e ora la paura si era insinuata in ogni cellula del suo corpo.
L’ennesimo movimento brusco gli causò un altro giramento di testa e la vista gli si appannò per qualche secondo da non riuscire a mettere a fuoco la figura che si era ora spostata di fianco a lui.

Aveva il volto coperto da una mascherina chirurgica, ma il blu dei suoi capelli risaltava per via dell’intensa luce bianca che colpì anche il suo viso.

<<H-Han?>>

<<No ragazzo, non sono Han>> gli rispose l’altro mentre maneggiava con l’ago cannula.

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