4. One Million Dollars

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4. Un milione di dollari.

«Lasciami, è l'ultima volta che te lo dico.» «Se ti lasci baciare sì» disse lui. Avevo ruotato il collo verso di lui già da prima, posò una mano sul mio viso, e mi fissò insistentemente le labbra. Mi si mozzò il fiato in gola, mentre il cuore iniziò a battere fortissimo. Le gambe si fecero molli, e il cervello sconnesso. Si avvicinò di più al mio volto, e sentii qualcosa scoppiarmi nel petto quando portò nuovamente i suoi occhi sui miei, e rimaneva a qualche millimetro dalle mie labbra. Abbassò lo sguardo su di esse con l'intenzione di baciarmi, e nonostante ogni cellula di me gli gridasse di farlo, gli mollai uno schiaffo in faccia. «Ahi! Stai calma» gemette, e in seguito un affascinante sorriso gli si formò asimmetrico sulle labbra perfette. «Non provare a baciarmi» dissi rabbiosa, poiché mi stava ipnotizzando, e non lo potevo permettere. Afferrai la maniglia e saltai giù dall'auto. Mi seguì e mi prese il polso prima di farmi finire con le spalle contro lo sportello. «No. Non farlo, non voglio» dissi, tentando di mentire nel miglior modo possibile. Ero agitata, a causa delle sue mani fissate con decisione sui miei fianchi. «Sì, lo vuoi» mi contraddisse, mentre le punte dei nostri nasi per poco non si sfioravano. «Come lo sai?» divenni insicura e deglutii. «Lo so.» si avvicinò di più, facendomi percepire il suo respiro più prossimo che mai, «e poi non puoi rimangiarti tutte le cose che mi hai detto» bisbigliò al mio orecchio, riempiendomi di brividi. «Sì che posso» affermai decisa. «Sicura?» la sua mano scese lentamente sulla gamba, che per poco non cedette. Quasi tremai per il modo con il quale mi infliggeva le sue torture e nello stesso tempo mi ipnotizzava con quegli occhi magnetici. «Ti ricordi cosa provavi, quando facevo questo?» sfiorò la pelle nuda della mia coscia, facendomi percepire quanto mi desiderasse, quanto mi volesse toccare. Strinsi le mie gambe  tra di loro, per evitare di sentire quel brivido tra di esse, e per evitare che la sua mano sarebbe giunta lì. «Non provo più niente». Sembrava ci fosse un filo interlocutore tra le nostre pupille, infatti percepì che stavo dicendo la più grande bugia dell'ultimo decennio. Lo capii perché gli si formò quel mezzo sorriso irresistibile in viso. «Non ricordi neppure come volevi che ti toccassi?» mormorò nuovamente al mio orecchio, e quando pronunciò quelle parole, il solo pensiero trasformò quel brivido in una forte pulsazione. Mi accorsi che trattenevo il respiro da troppo tempo, così posai le mani sulle sue spalle e lo allontanai di qualche centimetro da me, per correre via da quella gabbia che aveva creato con lo sportello dell'auto. Rise mentre boccheggiavo. «Non c'è niente di divertente in tutto questo.» Gli diedi le spalle, e fissai la strada completamente vuota difronte ai miei occhi. Aspetta, perché era completamente vuota? «Dove sono tutti?» mi allarmai guardando attorno a me, e cercando anima vivente. «Non me ne frega un cazzo di dove siano finiti. Lasciati baciare da me. Ti voglio baciare» mi supplicò, e sembrò sapesse quali parole utilizzare per farmi schizzare via il cuore dal torace. Mi voltai provando a sembrare impassibile «ma io non faccio ciò che vuoi tu. Non mi lascerò baciare per niente al mondo. Provaci di nuovo e ti denuncio per stalking» dissi ferma, ed incrociai le braccia al petto. Scoppiò a ridere «però ti piace il mio "stalking"» mimò le virgolette. «Cosa te lo fa credere?» «Un secondo e ti saresti lasciata baciare» affermò, e non aveva tutti i torti. Mi irritai. «A proposito di stalking.. Pola, quella tua amica, non se la passa bene.» «E da quando tu parli con lei?» mi inacidii. «Mi piacciono le rosse naturali» ridacchiò, e io gli rivolsi uno sguardo trucido. L'avrei volentieri ucciso con gli occhi. Mi voltai nuovamente per evitare avesse visto come ero gelosa. Mi sedetti sul cofano dell'auto con le braccia strette al petto. «Scherzavo. Mi piacciono solo le biondine irrequiete e acide come te» disse raggiungendomi. «Non sono bionda!» ringhiai, e lui sollevò le mani. Si mise difronte a me, e afferrò una ciocca dei miei capelli giocandoci tra le dita. «È lo stesso, sarai sempre la mia bionda» sorrise divertito. «Non sono né tua, né bionda» dissi secca,  saltando giù dal cofano, per evitare di vedere quei suoi stupidi occhi stupendi. Facendolo, lui giocò con la mia coda e attraverso di essa mi afferrò, e mi fece voltare. In una frazione di secondo sfiorò le mie labbra, ma non le baciò. Mi sentii mancare, e palpitai come non mai. Mi prese i fianchi, e mi attirò di più a se. «No» indietreggiai il più possibile. «Dai cazzo. Voglio baciarti» si avvicinò nuovamente. Mi liberai dalla sua stretta. «Non provarci più!» boccheggiai e gli si formò lo stesso sorriso di prima in viso. «Pensavo mi avrebbe fatto sentire meglio» disse sollevando le spalle. Ignorai il suo sciocco atteggiamento. «Dove siamo?» domandai, prima di riprendere la borsa che era rimasta in macchina. Ci frugai dentro, per cercare il cellulare. «In mezzo al nulla» rispose lui. «Fantastico. Il carro attrezzi dovrà solo venire in mezzo al nulla» sbuffai, suscitandogli una piccola risata. Sentii delle voci, e poi quei quattro riemersero dall'angolo della strada. «C'è una specie di casa» disse Julie raggiungendoci. «Una specie di casa. Bene» Jake mi prese la mano, e iniziò a trascinarmi da qualche parte. «Vediamo se qualcuno può rimettere a posto quel cesso della tua auto» disse rivolto a Travis, mentre per poco non mi faceva cadere. «La smetti!» mi lamentai, mi sembrava di indossare i tacchi pur avendo le converse. «Voi non venite?» chiesi io, e quasi simultaneamente scossero la testa. «È inquietante» disse Simon. «Bene allora andiamo» cambiai del tutto idea e mi liberai dalla sua mano per correrci incontro. «Che è successo alla fifona che non dormiva dopo un film horror?» chiese lui stupito. «È svanita» risposi accelerando il passo. Ricordavo di aver già visto quella casa di giorno, ma devo ammettere che di notte era completamente diversa da un innocua casa abbandonata.
Il giardino incolto, la porta semi distrutta, così come le mura screpolate. C'erano più terrazzi, che al tempo in cui la casa era ancora abitata saranno stati bellissimi. «Ci vuoi ancora entrare?» fece qualche passo verso il cortile. «Mi sembra piuttosto abbandonata» affermai seguendolo. «Allora lo facciamo solo per divertimento» disse giungendo difronte alla porta. Afferrò la maniglia, e si aprì generando un lungo scricchiolio. Lo superai e mi ci inoltrai dentro. «È davvero svanita» commentò, mentre mi guardavo intorno. Vecchie carte da parati, finestre semi distrutte, tappeti antichi e qualche lampada non funzionante. Dei quadri erano appesi ai muri, e a catturare la mia attenzione fu quello di un signore vecchio e barbuto. Entrai nella prima camera sulla destra, completamente buia. C'era un divano impolverato, e un tavolo al centro. «Li chiamiamo?» domandai. Non ricevetti risposta, secondo dopo secondo il timore iniziava a riemergere. «Jake?» lo chiamai e non appena mi voltai vidi una sagoma nera. Sussultai e cacciai un grido, e poi capii che era solo un cappotto, appeso ad un appendiabiti. «Che succede?» sopraggiunse lui. «Ma dov'eri finito?» lentamente il mio battito cardiaco si regolarizzò. «Sei tu che eri sparita» si avvicinò pericolosamente. «Saltiamo la parte in cui tu me la fai pagare, sei confusa ed indecisa e passiamo direttamente al dunque» mi prese i fianchi e mi attirò a se nuovamente. Persi il respiro. «Non c'è nulla da saltare. Noi. Non. Arriveremo. Mai. Al. "Dunque"» scandii bene le ultime parole, e mimai le virgolette. «Ma io ti amo, tantissimo» mormorò, quasi sfiorandomi le labbra. Si riformò quel brivido mentre teneva la sua vita stretta alla mia. «No. Tu non mi ami. Tu pensi di amarmi. Ma indovina.. Quando si ama una persona si parla con lei. Alla base di un rapporto c'è quella cosa chiamata fiducia.. Non so se intendo» incrociai le braccia al petto. «Bene, se non è amore il mio allora come lo chiami?» «Perché me? Ci sono tantissime belle ragazze che ti corrono dietro come quelle cheerleader. Mi consideri immatura, orgogliosa, permalosa, egoista, menefreghista. Allora perché vuoi me?» Si accigliò. «Non sei niente di tutto questo. Non sei immatura, sei piccola. E nemmeno permalosa ma sensibile. Né menefreghista e neppure egoista, solo determinata. Be' sì, penso che tu sia un po' orgogliosa.. Ma sono innamorato di te. E puoi credere a questo, se te lo sto ripetendo senza soste da due giorni» pronunciò. «Non sono piccola solo perché sono più piccola di te» gli puntai un dito contro il petto e rise. «Hai ascoltato solo questo di quello che ti ho detto?» disse, e poi sospirò. «Sì, sei piccola e mia. Sei la mia piccola, e di nessun altro. Ora baciami.» Dai suoi occhi che richiamavano gli abissi marini scesi a quelle labbra perfette, dopo aver ammirato ogni suo lineamento. Perché era così bello? Sarebbe stato tutto più facile in altra maniera. Percepii il suo respiro troppo vicino, e le sue labbra anche. Il mio cuore aveva ripreso a battere fortissimo quando mi strinse i fianchi attirandomi di più a se. Le sue dita salirono sulle costole, e poi mi prese il viso tra le mani. «Baciami» sussurrò, mentre le mie gambe iniziarono a tremare e a farsi molli. Socchiusi le palpebre, lasciandomi trasportare da quell'attimo. Sussultai, avendo sentito un forte rumore provenire dall'ingresso. Compresi lo sbaglio enorme che avrei commesso se mi sarei lasciata persuadere da lui. Sbuffò. «Non mi importa dei serial killer. Ho detto che mi devi baciare» disse, e fissò di più le mani sul mio viso per impedirmi di scappare. «Non mi importa di quello che dici. Ho detto che non ti bacio» indietreggiai, e sospirò pesantemente. «Lo stavi per fare ben tre volte. Non sei molto determinata ripensandoci» disse sghembo, prima di inoltrarsi verso l'ingresso. «Ma che fai!» bisbigliai. «Uh.. Vuoi che torni lì da te?» disse beffardo. «No, andiamo via» feci qualche passo svelto, finché non lo raggiunsi. Uscimmo fuori da quella strana casa, e controllai se prendeva, ma niente. Camminai spedita fino all'auto, dove una volta arrivati lui sollevò il cofano e armeggiò in modo incomprensibile per me, date le mie scarse conoscenze meccaniche. In macchina Julie e Simon erano abbracciati, mentre Jeremy parlava con Travis. Era così strano che non fosse passato nessuno per quella strada fino ad allora. Rientrai dentro, e Jake fece lo stesso. «Falla partire» disse sbattendo lo sportello. «Che hai fatto?» domandò Travis girando la chiave e accendendo la macchina. «Non aveva niente. Idioti» confessò lui. «Per quale diavolo di motivo non l'hai messa apposto subito!» sfuriai. «Non mi andava» disse disinvolto, con sufficienza. «Meglio. Non mi interessa nessun progetto astronomico» disse Simon. «Dio li fa e poi li accoppia» disse Julie, e risero entrambi. «Questa frase l'ho già sentita» ridacchiò Simon. Travis guidò verso casa nostra, e mi stavo per addormentare quando arrivò proprio sotto al mio palazzo. Amavo i viaggi in macchina, amavo prendere sonno nel sedile dell'auto di papà da bambina. Quando mi addormentavo, durante quei brevi periodi in cui tutto a casa andava bene, lui mi portava in braccio fino al mio letto. Io ero stanca, e fingevo di dormire profondamente solo per stare tra le braccia di mio papà, per passare anche pochi minuti solo con lui. Riaprii le palpebre e mi ritrovai in braccio a Jake mentre percorreva le scale. Mugugnai qualcosa di incomprensibile mentre inspiravo il suo profumo, e poi richiusi le palpebre. «Ce le ho le gambe» biascicai una volta nel pianerottolo. Citofonò, e in seguito Drake aprì la porta di casa. Mi accompagnò in camera e una volta stesa sul letto acchiappai il suo collo tra le braccia e lo trascinai accanto a me. Mentre dormivo facevo così, tra lo stato conscio ed inconscio. «Stai qui anche stanotte» bofonchiai rannicchiandomi su di lui. «Stanotte non c'è nessun ubriaco da soccorrere» disse, lasciandomi percepire il suo fiato, che per qualche ragione sapeva di menta sul mio collo. Schiusi le palpebre e guardai i suoi occhi. «Resta» dissi appoggiandomi al suo petto caldo. «Dammi un motivo.» «Voglio che tu resti con me» confessai, e dopo poco mi addormentai. Il cellulare trillò nel cuore della notte. Era scritto sempre "numero anonimo" ed io attaccai per la terza volta. Jake non si svegliò, ma alla quarta chiamata, fu il suo di cellulare a vibrargli in tasca. Si strofinò un occhio, dopo che io li avevo appena riaperti entrambi. Si accigliò e strusciò il dito sopra allo schermo. «Sì?» disse assonnato. Attesi preoccupata mentre mi stringevo alla sua maglietta. Scattò sui gomiti. «Cosa?» Mi mangiucchiai le unghie, mentre il cuore batteva fortissimo. Temevo sarebbe stata un'altra brutta notizia e non ce l'avrei fatta. «Chi è?» chiesi io. Mi passò il cellulare e si riabbandonò al materasso. «Alexis» sentii la sua voce gelida. Rimasi stupita, ma d'altronde era l'unico in grado di ricomparire così in piena notte. «Cosa c'è? Stavo dormendo» mi lamentai. «Sono nei guai. Ho bisogno di un milione di dollari» disse, ed io balzai seduta. «Cosa?!» «Sono sotto casa tua, aprimi» disse lui. «Sotto casa mia? Cosa.. Ma di che parli? Pensi che ce li abbia io tutti quei soldi?» farneticai, e Jake riaprì le palpebre. «Che succede?» domandò preoccupato. L'attimo dopo sentii citofonare, e lui chiuse la chiamata. Mi alzai in piedi fiaccamente, ed andai ad aprire, anche se non ne avevo voglia. Attesi dietro alla porta, finché non giunse nel pianerottolo. Aveva un espressione preoccupata, quella che Alex non aveva mai. Era superiore, in genere. O altre volte sarcastico e stronzo, ma mai preoccupato. Le sopracciglia involontariamente aggrottate, le labbra perfettamente serrate così come la mascella. Teneva i pugni nelle tasche della giacca, mentre arrivava ad incrociare il mio sguardo con quegli occhi spaventosi. Alex aveva gli stessi occhi della mamma, per questo mi incutevano ancora timore. Venni percorsa da un brivido quando fece un altro passo verso di me, e arrivò a mezzo metro dallo zerbino. Attendemmo per un arco di tempo molto lungo prima che uno dei due parlasse. «Mi farai entrare prima o poi?» disse, con quel tono che non gli si addiceva. Mi diede conferma delle mie deduzioni. «Cosa ci fai qui?» dissi fredda. «Te l'ho detto» entrò dandomi una spallata. «Ti sbagli se pensi che abbia anche la metà di tutti quei soldi» chiarii fermamente, e sentii la porta della mia camera chiudersi. Jake gli lanciò una delle sue peggiori occhiate, mentre raggiungeva il soggiorno. «Cosa diavolo ci fai qui?» disse brusco, guardandolo in cagnesco. Alex si sedette sul divano con le sue maniere disinvolte, non gli importava minimamente di non essere il benvenuto. «A meno che non mi vogliate regalare un milione di dollari, e a meno che tu non voglia seppellire un altro tuo familiare..» «C-cosa? Di che parli?» balbettai ansiosa. «Te l'ho detto..» ecco il modo in cui sia Alex che la mamma dicevano di averti raccontato tutto quando in realtà non ti avevano detto un bel niente. Ti manipolavano a loro piacimento. «Non mi hai detto nulla. Sei piombato qui.. Di notte, dicendo che ti servono un milione di dollari. Come se ce li avessi, e come se li darei a te» mi presi la fronte in mano e mi voltai. «Non voglio i tuoi soldi» rispose lui, stupendomi. «Allora cosa vuoi?» domandai io. Il suo sguardo ruotò verso Jake che si sedette nervoso sul divano, e si accese una Camel dal pacchetto posato sul tavolino. Lo faceva quando era preoccupato, non fumava mai le sigarette di quella marca. «Ho bisogno di soldi. La prossima settimana arriva Chase Mikaelson a Los Angeles. Un incontro, solo uno.» Jake spalancò le palpebre «Chase Mikaelson?» ripeté. «Ha il primato in tutta l'America, te lo scordi che mi faccia spaccare la faccia per te» aspirò il fumo. «Non per me. Per lei» disse Alex, posando il suo sguardo su di me. «Perché mi metti in queste situazioni. Perché tu, ti metti in queste situazioni!» strillai io. Mi sentivo in estrema difficoltà. Cosa avrei dovuto fare? Il silenzio in quella stanza era diventato assordante finché Jake non si alzò in piedi. «Okay, va bene. Ma poi ho chiuso con te e la gente di merda come te» disse. Si riprese la giacca in camera, il cellulare e le chiavi della sua auto. «È tra tre giorni» disse Alex, ed io spalancai le palpebre. «Tu sei pazzo..» disse Jake aprendo la porta di casa. La sbatté, e se ne andò. Guardai Alex con rabbia. «Perché se sei nei guai a causa esclusivamente tua, vieni da me?!» gridai. «Cosa ti costa eh?» si alzò in piedi bruscamente, e mi fece quasi paura. «Ti ho detto che ne ho bisogno. A te non importa. Faresti una cosa del genere solo per Jonas, chiaro. Ma il tuo amato Jonas ti perdonerebbe se avessi avuto la possibilità di salvare la vita di suo fratello e non l'avresti fatto?» assottigliò lo sguardo in due fessure. «Se voglio che tu non venga ucciso non lo faccio per Jonas, ma per te. Nonostante tutto sei mio fratello. Chi sa come sei diventato questa persona, ma ti voglio bene. Sono solo arrabbiata perché tu non ti rendi conto di cosa è giusto e cosa invece non lo è» dissi sospirando. «È tardi per capirlo. Tu l'hai capito pur non avendo avuto due genitori che te lo spiegassero, ma io no. Ero il più grande, quello che si prendeva più botte e più rimproveri. Non biasimarmi per questo, e non biasimarmi se non piango per Richard» rivelò lasciandomi di stucco, prima di uscire da quella porta. Rimasi sola, e priva di sonno. Mi rinfilai tra le coperte gelide, ma ero talmente preoccupata che non chiusi occhio. Fissai il soffitto per un lungo arco di tempo, e mi ritrovai a guardare spesso l'ora nell'orologio del telefono. Non volevo che Jake facesse questo per me, anche perché poi sarei stata obbligata a perdonarlo. Se avesse vinto quell'incontro sarebbero piovuti soldi a sufficienza per colmare i debiti pericolosi di Alex, ma in caso contrario mio fratello sarebbe stato ucciso dalla mafia. Perché si era messo in questa situazione e aveva coinvolto me? Digitai il suo numero e attesi che lo squillare sarebbe terminato. «..Alex» sospirai. «Hai cambiato idea?» «No.» «Allora che c'è?» disse seccato. «Voglio solo accertarmi che quando sarà finita questa faccenda tu te ne tirerai fuori.» Titubò. «Alex» lo richiamai, in attesa di una risposta. «Va bene. Te lo prometto.» Riagganciò, e posai il fastidioso attrezzo sul comodino. Infine, dopo qualche minuto mi addormentai. Sognai qualcosa di confuso, che il mattino seguente non ricordavo ma mi rimaneva  comunque un'emozione fortissima ed inspiegabile nel petto. Quando il telefono mi svegliò trillando, con ansia lo afferrai, mentre il cuore palpitava furiosamente. «Alexis.» Sentire la sua voce fu rassicurante, ma immediatamente mi balzò alla mente il sogno fatto. Ero scandalizzata da me stessa, e dai pensieri che aveva confabulato la mia mente dormiente. Serrai istintivamente le gambe. In seguito mi diressi verso il bagno per lavarmi i denti. «Sì?» sputacchiai l'intruglio di acqua a dentifricio. «Torni con me?» Risi «Mmh, no.» «Dai.» «No.» «Te lo chiederò ogni giorno.. Finché non mi dirai di sì.» «Allora me lo chiederai finché non diventeremo vecchi e decrepiti.» Mi asciugai, dopo essermi sciacquata la faccia e mi ributtai sul letto. «Sto tornando in una città che odio e sto salvando il culo a tuo fratello per te, e tu ancora non mi perdoni?» domandò. «Vengo con te, a Los Angeles» affermai. «Sul serio?» «Non accadrà ciò che è successo la prima volta che ci siamo stati. Ma voglio assicurarmi che non ti..» mi frenai. «Voglio solo che fili tutto liscio» ammisi. «Sto leggendo il tuo diario» confessò. «C'è scritto "non smetterò mai di esserne innamorata".» «Che giorno era?» chiesi palpitando. «Il giorno dopo che ci eravamo dati da fare per la prima volta» rise, ed io mi imbarazzai. «Non ti scandalizzare, sei stata molto discreta nel raccontarlo» disse, peggiorando la situazione. «Non parliamone» risposi secca, rossa come un peperone. «Okay. Parliamo del momento in cui tu tornerai ad essere la mia ragazza.» «Sei imperterrito.» «Temerario» mi corresse, «dato che sto andando incontro a Chase Mikaelson.» «Chi è?» «È uno che potrebbe fare a pezzi persino me.» «Allora non farlo, idiota. Non voglio.» «Potrebbe. Mentre fidati se ti dico che tuo fratello rischia davvero la pelle» rispose lui. Sospirai profondamente. «Ma non accadrà. Il destino non è bastardo fino a questo punto» disse, e sorrisi. «Lo spero» gonfiai il petto d'aria. «Sei nuda?» «Cosa? Ma che ti salta in mente. Pervertito.» «Bene» disse, prima che la porta della mia camera si aprì. Entrò e si gettò sul letto accanto a me come se nulla fosse. «Lo ammetto. Speravo che lo fossi» confessò sghembo. «Tu sei pazzo» affondai la testa nel cuscino. «Ti amo, più di prima.. da quando leggo il tuo diario» dichiarò. «Sicuro? Non ti stai stufando?» chiesi, e successivamente senza conoscerne bene le dinamiche mi trascinò sotto di se, come in quel sogno. Si strinse i miei polsi al petto e mi
fissò negli occhi. «Lo speri, non è così?» chiese ad un soffio dalle mie labbra. «Perché ci troviamo in questa posizione?» boccheggiai. Stando sopra di me si mise sui gomiti, che erano all'altezza delle mie orecchie. Palpitai e il mio respiro si fece irregolare. «Ti voglio cazzo. Sto impazzendo.» «È una pessima idea» dissi, anche se sentendolo su di me accese un desiderio quasi incontrollabile. Si abbandonò al mio corpo sbuffando. «Perché?» disse contro la pelle del mio petto. «Ci siamo lasciati.» «Tu mi hai lasciato» mi corresse. «Non siamo due fidanzati» dissi io. «Ciò non impedisce che possiamo fare ciò che entrambi abbiamo voglia di fare.» Mi sollevò le gambe dall'incavo delle ginocchia, divaricandole e facendosi spazio tra di esse. Mi baciò la mascella e socchiusi le palpebre mentre con la mano sinistra mi accarezzava la coscia. Abbandonarsi all'unica cosa che volessi fare con tutta me stessa in quel momento, sarebbe stato un grandissimo sbaglio, eppure quando mi baciò il collo non mi opposi. Gemetti profondamente, e lo sentii sorridere sulla mia pelle. «Eh già.. È un gran peccato che non stiamo più insieme» si divise, stendendosi accanto a me. Che abile stronzo manipolatore. Rimasi interdetta, e lo fulminai con lo sguardo. Si divertiva, era ciò che faceva sempre con me. Posai una mano sul suo petto, e si stupì molto quando lo feci. Notai il suo sguardo dirigersi verso le mie labbra, e mi mordicchiai quello inferiore dopo che mi ero messa su di un fianco. Mi divertiva vedere quanto ne fosse dipendente, e come le seguisse con lo sguardo. «Non sai quanto» mi misi a cavalcioni su di lui, e vidi il suo pomo d'Adamo sbalzare dal basso all'alto. Mi prese i fianchi con le mani e sentii il suo rigonfiamento tra le gambe. Nonostante cercassi di non farmi coinvolgere avevo una gran voglia di andare infondo. Mi fermai ad un soffio dalle sue labbra mentre sbottonavo i primi bottoni della sua camicia. Sorrisi «è un vero peccato.» Mi rialzai in piedi dopo aver fatto una classica mossa alla Jake McCall. «Vai a farti fottere» disse, e mi comparve un gran sorriso subdolo sulle labbra. «Ci penserà qualcun altro» mi diressi verso il bagno, consapevole che quella frase l'avrebbe mandato fuori di testa. «Cosa hai detto?» quasi gridò. «Ho quasi diciannove anni.. Conoscerò altri ragazzi.. E accadrà. Accettalo» dissi malefica. Si alzò in piedi e si avvicinò a me afferrandomi il polso, ma non strinse troppo. «Se quel Thomas o qualcun altro ti sfiora, io li pesto di botte. Hai capito?» disse serio, fissandomi nelle pupille. «Ti sembra che io stia tirando per i capelli Alison, Lucille.. Quella Jackie.. Margot, Liz, Brittany, Melanie, Lauren.. Posso andare avanti fino a domani sai?» Mi liberò e mi guardò furioso. «È diverso. Tu sei..» sospirò. «Non puoi permettere che un coglione qualsiasi ti si avvicini» disse fermamente. «Sono comunque affari miei Jake!» gli strillai contro. «È già successo?» divenne paonazzo dalla rabbia. Lo guardai sconcertata dal suo atteggiamento. «No. Non è successo. Che considerazione hai di me eh?» gridai furiosa. Sospirò sollevato, e disciolse i pugni. «Non lo farei mai. Non mi farei mai "fottere" da nessuno, idiota» mimai le virgolette. «Lo so, scusa. Sono solo geloso di te» ammise. «Ti ho dato anche il mio diario.. Ancora non mi conosci?» assottigliai lo sguardo. «Ti conosco meglio di quanto non ti conosca tu stessa».

Amami nonostante tutto 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora