Capitolo 12

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Capitolo 12

-E quel tizio cosa suona?- continuò Andrea continuando a lanciare occhiate sospettose verso il corridoio.

-Il violino, come me. È molto bravo, ma è sempre e comunque un pallone gonfiato- commentai.

La verità era che in quel momento non avrei sopportato Franz nemmeno se si fosse presentato con cinquecento euro in regalo per me, perché con me stava sbagliando tutto, a partire da come si stava porgendo convinto che potesse piacermi per davvero.

Sfortunatamente per noi Franz si era completamente asciugato ed ora era giunto in cucina prendendo posto al tavolo.

-Piacere, Franz- parlò in italiano e la cosa mi stupì.

-Andrea, piacere- rispose lui con un sorriso a dir poco forzato.

Non sapevo che intenzioni potesse avere perché era una di quelle persone illeggibili, che non lasciavano mai trasparire i propri pensieri, quindi dovevi aspettarti qualsiasi cosa.

-Di che parlavate?- chiese in tedesco allungando una mano sulla lunga pila di cd che stava sul tavolo. Cominciò a guardarli, poi quando trovò 'Dove si vola' prontamente autografato mi lanciò un'occhiata.

-Non è il tuo ragazzo questo?- mi domandò. Io annuii annoiata. Si alzò di colpo e scomparve in camera sua, tornando pochi istanti dopo con un lettore cd. Inserì il disco e rimase in attesa.

Rimase silenzioso ad ascoltare la prima canzone, poi spense il lettore cd sbuffando.

-Mediocre- commentò. Tradussi rapidamente ad Andrea ed entrambi ci rabbuiammo. Non capivo davvero cosa facesse credere Franz nella posizione di poter sputare sentenze sulla musica di Marco davanti a due suoi fan in primis, ma soprattutto davanti a me, la sua ragazza.

-Ce ne faremo una ragione- disse Andrea in italiano e Franz mi guardò aspettando che lo traducessi, ma non lo feci. Mi limitai a fissarlo di cagnesco per una frazione di secondo, ma non bastò per farlo andar via, anzi. Continuò a guardare i cd forse cercandone qualcuno che potesse conoscere, ma poi li rimise a posto senza aggiungere commenti.

Andrea era paonazzo; io ero viola.

-Vuoi che lo prenda a pugni?- mi sussurrò Andrea quando Franz si alzò per farsi un tè. Io gli sorrisi.

-Dormirò con un coltello sotto al cuscino- risi; lui mi seguì a ruota.

Quella sera, quando Andrea se ne andò, non attesi un secondo e radunati i cd me li portai in camera senza troppe cerimonie salutando di sfuggita Franz, che avrei volentieri evitato se non fosse stato che stava lì, in cucina ad occupare spazio senza uno scopo preciso.

Mi misi sotto alle coperte con la luce del comodino accesa e cominciai a sfogliare i miei account social quando udii un assordante rumore di vetri rotti provenire dalla cucina. Sbuffai e mi alzai dal letto per vedere cosa stesse accadendo.

Raggiunta la cucina vidi che Franz se ne stava con quattro o cinque piatti rotti attorno a lui e un coccio nel piede sanguinante.

-Oddio, Franz- dissi andandogli in contro afferrando uno strofinaccio sulla strada.

-Non l'ho fatto apposta, ma si è sganciata la vite e sono caduti- farfugliò. Per lo meno in quel momento avrebbe smesso di essere spavaldo.

-Aspetta, stai fermo- il coccio era infilzato e a giudicare dal sangue sembrava fosse in un posto in cui non doveva decisamente essere.

-Chiamo un'ambulanza- dissi recuperando il telefono.

I paramedici riuscirono a risolvere la cosa senza doverlo portare in ospedale e dopo nemmeno due ore avevo tolto tutti i vetri dal pavimento e pulito il sangue che era colato. Ora Franz si era convinto a star zitto, forse per i due punti che gli avevano cucito sul dorso del piede, o forse perché ora era senza un arto, quindi se mi avesse fatta arrabbiare avrebbe avuto più possibilità di essere accoppato senza poter scappare.

-Non volevo crearti disturbo- disse mentre gli sistemavo le bende di ricambio a portata di mano. Lui osservava le mie mani muoversi quasi ipnotizzato.

-Nessun problema- dissi freddamente. In realtà mi stava togliendo ore di sonno, ma per quanto potesse essere impertinente era pur sempre un ragazzo.

-Ho sbagliato a dirti che mi piaci. Hai cambiato completamente carattere da quando te l'ho detto- disse ed io ebbi istantaneamente voglia di andarmene.

-No, sei tu che sei stronzo e basta- risposi. Mi guardò per un istante ed in una frazione di secondo fu così vicino da rubarmi un bacio freddo e talmente rapido che pensai di essermelo sognata.

Non potevo credere che lo avesse fatto. Afferrai il cellulare e mi chiusi in camera mia, senza preoccuparmi che potesse avere problemi col suo piede. Con me aveva chiuso. Non doveva nemmeno provare ad avvicinarsi o gli avrei messo fuori uso anche l'altro piede.

Il giorno successivo al Teatro la giornata fu decisamente migliore e sicuramente parte di quella sensazione era dovuta al fatto che Franz fosse rimasto a casa incapace di infilarsi una scarpa. Fortunatamente il direttore d'orchestra sembrò essere in vena di simpatia, perché mi aveva dato la possibilità di riscattarmi dal giorno prima permettendomi di eseguire un assolo davanti a tutti, concedendomi di mettere in luce le mie abilità.

Per fortuna quel martedì avevo solo quattro ore di lezione, così per mezzogiorno fui fuori alla ricerca di Marco. Lui era poco distante senza la sua moto fiammante che mi aspettava nascosto sotto i suoi occhiali da sole e sembrò stupito di vedermi di buon umore.

-Bonjour mon amour!- gli saltai quasi in braccio appendendomi al suo collo e dandogli un bacio sulle labbra lento e passionale. Quando lo lasciai andare mi resi conto che con le mie mani maldestre gli avevo storto gli occhiali rendendolo decisamente buffo.

-Tedesco, francese, parla come magni- mi disse pizzicandomi una guancia –come mai tutto questo entusiasmo?- si guardò attorno cercando chissà cosa, poi tornò a guardarmi.

-E' solo una buona giornata- gli dissi cercando di arruffargli i capelli. Schivò la mia mano con rapidità e mi prese sotto braccio, cominciando a camminare.

Avevo deciso di non dirgli del bacio. Non volevo farlo diventare giallognolo e poi, onestamente, era una cosa che potevo gestire facilmente.

-Ti voglio portare a pranzo in un posto speciale. Però ti devi cambiare- mi disse. Perfetto, doveva entrare a casa mia ed io non volevo incontrasse Franz moribondo perché ne sarebbero seguite domande che non avrei voluto sentirmi rivolgermi. Nonostante ciò ero davvero curiosa di vedere cosa avesse in mente Marco. In effetti era tirato a lucido anche lui, vestito quasi del tutto in nero con uno dei completi che solitamente indossava per qualche apparizione televisiva. Non vedevo l'ora di scoprirlo.




A UN PASSO DA TE - UNO DEI TANTI SEQUEL || MARCO MENGONI FFWhere stories live. Discover now