Capitolo 12

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Ore otto di sera e casa Kudo era piena di poliziotti che girovagavano per il salone. Nel pomeriggio, Shinichi, si era girato tutta Beika pur di trovarla ma non c'era riuscito. L'unica cosa da fare era stata chiamare la polizia e chiedere aiuto. L'ispettore Megure disse a Shinichi che avrebbero inziato le ricerche quella notte stessa. Infatti, mandò le prime pattuglie a controllare di nuovo Beika. Ma, senza una pista precisa da seguire, sapevano che sarebbe stato tutto vano. Non sapevano neanche se era stata rapita. Shinichi non faceva altro che stare seduto sulla poltrona con le gambe piegate davanti a lui e le mani giunte davanti alla bocca, proprio come il suo mito Sherlock Holmes. Tra tutte le persone che conosceva, Ran, era la più importante e aveva paura che le potesse succedere qualcosa di male. Davanti il suo volto vide una mano che gli porgeva una tazzina di caffè. Alzò lo sguardo e vide Shiho che lo guardava sorridendo. Ogni tanto, da ottima tsundere, anche la sua parte dolce veniva alla luce. Lei e il dottor Agasa si erano precipitati a casa di Shinichi quando avevano sentito le sirene della polizia scoprendo quello che era successo. Il giovane detective ringraziò Shiho e prese la tazzina inziando a sorseggiare il suo caffè. Lei si mise seduta sulla poltrona davanti a lui per fargli compagnia. Conosceva Shinichi e sapeva che avrebbe potuto fare una pazzia pur di trovare Ran. L'ispettore Megure si stava avvicinando a Shinichi con aria mortificata.
-Mi dispiace, non la troviamo Shinichi, sinceramente, pensi sia un rapimento?-
Shinichi posò la tazzina ormai vuota nel tavolo basso accanto a lui e si mise nella stessa posizione che aveva prima.
-È questo il problema, sono certo che non sia un rapimento-
-Cosa vuoi dire?-
-Se fosse stato un rapimento avrebbero chiesto un riscatto. Non può essere stata neanche l'organizzazione degli uomini in nero perchè sono sicuro che Vermouth mi avrebbe chiamato-
-Se non è un rapimento è meglio, giusto?-
Shinichi separò le mani giunte e alzò lo sguardo verso il soffitto restando qualche minuto in silenzio.
-Siamo ormai sicuri che non si sia persa perché avrebbe risposto al telefono o avrebbe chiamato e poi abbiamo controllato ogni angolo di Beika più di una volta. Quindi, se non è stata rapita, vuol dire che è andata via di sua volontà oppure è stata...-
Shiho si alzò violentemente dalla poltrona facendola cadere all'indietro e lo fermò con la mano dal completare quella frase.
-Stà zitto! Smettila di dire fottute idiozie adesso!-
Urlò quelle parole tutto ad un fiato. Poi spostò la sua mano dalla bocca di Shinichi quando vide gli occhi del detective lucidi. L'unica volta che aveva pianto per Ran era stato quando l'aveva creduta ormai morta annegata e adesso stava pensando la stessa cosa. Anche Sato se ne accorse e si avvicinò a lui mettendogli una mano sulla spalla per rincuorarlo.
-Detective, la troveremo, promesso. So cosa significa aver paura di perdere la persona che si ama. Io non mi sono arresa e grazie a te l'ho ritrovato-
E, diventando rosea in viso, si girò a guardare Takagi che non si accorse di niente dato che stava parlando con altri poliziotti. Sicuramente si riferiva a quella volta in cui era stato rapito e legato su una trave di legno col rischio che morisse impiccato o congelato. L'ispettore Megure gli disse che avrebbero continuato le ricerche l'indomani mattina con la luce del sole. Andarono tutti via tranne Shiho che restò a dormire nella stanza degli ospiti per controllare Shinichi. Lui non riusciva a chiudere occhi rigirandosi continuamente nel lettino. Anche Ran, dall'altra parte di Beika, non riusciva a prendere sonno. Nel pomeriggio aveva chiesto ad Araide di poter andare a dormire ma non aveva mai preso sonno. In testa aveva Shinichi: lui, con quei suoi occhi luminosi come le stelle nel cielo e il suo sorriso, così bello da fare invidia anche all'aurora boreale. Non voleva ammetterlo, ma la faceva stare bene. Aveva riacceso il telefono per guardare una loro foto scattata qualche giorno prima. Le lacrime avevano iniziato a bagnare il display del cellulare. Le asciugò con la manica della maglia e tornò a fissare il cellulare finchè non vide spuntare il nome di Shinichi nello schermo: la stava chiamando. Spalancò gli occhi sorpresa, voleva rispondergli, lo voleva con tutta se stessa e lo fece esitando un po'.
-Oh Dio, Ran, dove sei?-
Notò subito un velo di preoccupazione nella voce di Shinichi e la cosa la colpì. Ma sicuramente era una messa in scena anche quella.
-Ho scoperto tutto, so che tu, i miei genitori, e perfino Sonoko e tutti gli altri, siete messi d'accordo con l'organizzazione che mi ha rapita-
A Shinichi cadde quasi il cellulare dalle mani sentendo quelle parole. Cosa diamine stava dicendo? Per quale motivo stava dicendo così?
-Ran ma cosa stai dicendo?-
-Smettila di fingere! Mi ero innamorata di te, ti odio!-
Ran urlò dall'altra parte del cellulare facendosi sentire da Araide. Shinichi capì immediatamente che stava piangendo. Poi sentì una voce maschile chiedere a Ran cosa stesse succedendo e la riconobbe subito: Araide era lí con lei. La soluzione colpì Shinichi come un fulmine a ciel sereno. C'era lo zampino di Vermouth in quella storia. Sentì Ran dire ad Araide di lasciarla sola e poi udì una porta chiudersi.
-Ran non ti fidare di loro! Non ti fidare di Vermouth! Ti stanno ingannando!-
-Tu mi hai ingannata! Non voglio avere più niente a che fare con te!-
-Allora perchè piangi?-
Chiese Shinichi in tono calmo. Ran non fu in grado di rispondere a quella domanda. Era ovvio che piangeva perché amava ancora Shinichi ma non voleva dirlo a lui.
-Ran...-
La voce di Shinichi iniziò a tremare pure. Ran capì subito che stava piangendo e restò sorpresa. Lui non aveva mai pianto, era troppo orgoglioso. Ma, la paura di perderla, lo aveva messo in ginocchio. Le parole di Sharon però non andavano via e lei non poteva di nuovo credere a quella falsa.
-Mi dispiace, Shinichi. È tutta colpa tua ed io non posso mettermi nelle mani di qualcuno che vuole solo farmi del male-
Ran riagganciò la telefonata e lanciò il cellulare contro il muro. Solo in quel momento notò il ciondolo appeso ad esso.
Un acquario, i pesci, un cadavere, Shinichi. Un ricordo frammentato aveva avvolto la mente di Ran. Ricordò che quel cellulare glielo aveva regalato lui, anzi, sicuramente era stato Araide ma i suoi ricordi erano ancora molto confusi. Lo chiamò per chiedergli conferma e lui arrivò spedito.
-Hai bisogno, Ran?-
-Mi hai regalato tu il cellulare, vero?-
Lui si voltò seguendo il dito di Ran che indicava il cellulare a terra.
-Io? No, perché è a terra?-
-No nulla, ti dispiace andare? Così torno a dormire-
Araide le diede un bacio sulla guancia, annuì e poi andò via. Ran restò lì a pensare alla risposta di Araide. Magari lui se ne era semplicemente dimenticato.

Non basta più il ricordo ora voglio il tuo ritorno ~2~Where stories live. Discover now