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(Nell'immagine: Samuel "Sammy" Fairfield)

Brady non poteva credere ai suoi occhi: l'uomo che, stranamente, aveva occupato i suoi pensieri quasi costantemente sin dalla prima volta che l'aveva intravisto a New York, era proprio davanti a lui, con un sorriso falso sul volto e gli occhi più penetranti che un uomo potesse avere.

Con quel suo fisico allenato da giornate intere in palestra, l'altezza non troppo esagerata, i capelli scuri dal taglio corto e i profondi occhi scuri, Mark Leeson era di certo affascinante, e questi furono i suoi pensieri nei successivi venti secondi.

«Sarà un piacere, Brady, accomodati che ti spiego un paio di cose»

Brady non poté che eseguire gli ordini mentre cercava in tutti i modi di nascondere l'evidente imbarazzo. Non si aspettava di certo che quell'uomo potesse riconoscerlo, ma sapeva di non essere un esemplare che passa inosservato, quindi gli rimaneva comunque il timore che la memoria potesse tradirlo. In ogni caso, rimase seduto davanti a Mark con le mani intrecciate e il ginocchio che faceva su e giù velocemente mentre, nella sua testa, cercava di pensare a tutto fuorché all'uomo che aveva di fronte.

«Sammy mi ha appena lasciato il tuo curriculum, ancora non ho avuto modo di dargli un'occhiata, perciò lo faremo insieme»

Mark continuava a sorridere ma Brady non poté fare a meno di osservare quanto, questo, non arrivava fino agli occhi. Sembrava un sorriso falso e gli occhi, nonostante l'oscurità che poteva mascherarne la lucentezza, erano visibilmente velati.

Brady era bravo ad osservare le persone: grazie alla sua straordinaria intelligenza e alla sua determinatezza ad entrare nel mondo degli affari, studiare le reazioni, la mimica del volto e, in generale, i movimenti delle mani e del corpo, era per lui come leggere le istruzioni di un mobile di Ikea. Semplice.

Ecco perché, sapeva, con ogni fibra del suo corpo, che l'uomo che aveva davanti, in fondo, non era proprio come appariva.

«Oh wow. Vedo che rientri nei primi tre studenti dell'Harvard Business School. Abbiamo fatto la stessa università» Mark alzò il viso dai fogli per fare l'occhiolino a Brady, che si trattenne dal reagire come una ragazzina in preda agli ormoni.

«Guardandoti sembri essere molto più giovane. In realtà, se ti vedessi per strada, penserei che sei un liceale. Ventiquattro anni non te li darei proprio» sorrise.

«Me lo dicono in tanti» rispose Brady, serio.

«Bene, bando alle ciance. Essendo mio assistente, ti occuperai principalmente dei miei impegni. Quindi risponderai alle telefonate, baderai alla mia agenda e verrai con me agli incontri e alle riunioni. Qua alla Fairfield ragionano in maniera molto avanguardistica. Quindi l'essermi assistente non ti impedirà di parlare ed esporre le tue idee con i clienti e i ragazzi che lavorano qua. Alla Stevenson un assistente al massimo poteva portare il caffè, ma a quanto pare questo "metodo alla Sammy", funziona»

«Stevenson?» domandò di getto Brady, interrompendo i pensieri di Mark.

«Oh sì, la Stevenson Inc., conosci?»

«Certo. Punto a lavorare per un'azienda come quella in futuro» rispose senza pensarci due volte, il giovane.

Mark scoppiò a ridere.

«Se ti dicessi che mi sono appena licenziato dalla Stevenson dopo tre anni per venire alla Fairfield, mi crederesti?»

Brady rimase ad osservare il moro, incredulo.

«Non sempre, arrivare in alto, ti garantisce la felicità. Ma questi sono discorsi tristi e noiosi e tu sei ancora giovane e hai bisogno di vedere il futuro in maniera positiva quindi, mettiamoci al lavoro!»

Love Made Me Do ItWhere stories live. Discover now