22.

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Sammy entrò al distretto di Polizia come una furia, dirigendosi direttamente nell'ufficio di Cameron, paonazzo in volto, con gli occhi visibilmente arrossati.

«Ehi stro- Cosa è successo?» cambiò tono, improvvisamente, l'agente, trovandosi davanti l'amico, con un aspetto irriconoscibile.

«Se n'è andato.» rispose semplicemente, stringendo i pugni lungo il corpo.

Cameron si avvicinò a Samuel, facendogli cenno di accomodarsi sulla sedia di fronte a sé: «Pensi che c'entri Asselhoff?»

«In un certo senso, sì.» proferì l'uomo, passando una mano sulla tasca del jeans con dentro, ripiegato più volte, il piccolo foglio di carta con le ultime parole di Kyle che aveva letto e riletto cercando di trovarvi un senso.

«Ha paura per me. Non so cos'abbia in mente, Cam. Non sono mai stato tanto terrorizzato.»

«Lo troveremo. Ma prima, ho in mente un piano.»

**

Sammy si diresse in una zona industriale il cui ampio spazio era suddiviso in corridoi, da lunghe file di container di ogni genere e provenienza. Arrivato al quinto o sesto corridoio, si guardò intorno sperando di trovare la scatola di latta di proporzioni gigantesche con la scritta Harshey's sul fianco sinistro che, a quanto pare, era il ritrovo di Asselhoff e della sua banda di prestasoldi. Fece scrocchiare le dita delle mani, unendo le dita e passandosi poi, i palmi sudati sui jeans lisi che aveva deciso di indossare quella mattina.

Erano passati cinque giorni da quando aveva trovato la lettera di Kyle e, anche se ne sentiva la mancanza come fosse a corto di ossigeno, si fece coraggio per affrontare ciò che avrebbe potuto cambiargli la vita.

Fece qualche passo, controllando i nomi ai lati dei container fino a ritrovarsi di fronte a quello che più gli interessava: il grande quadrato di ferraglia arrugginita con la scritta sbiadita, si ergeva di fronte all'uomo con il suo aspetto tetro e scoraggiante.

Sammy bussò un paio di volte, battendo i pugni sulle ampie porte scrostate e attendendo qualche secondo senza, però, ricevere risposta.

Fece un passo indietro, per accertarsi di essere di fronte al container giusto e poi bussò nuovamente.

Il battente sinistro si aprì lentamente, lasciando scorgere una testa canuta sotto cui spuntarono degli occhi scuri e circondati da rughe.

«Chi sei?» domandò l'uomo sulla settantina, squadrando dalla testa ai piedi, Samuel.

«Devo parlare con David. Subito.» rispose con coraggio.

L'uomo rimase in silenzio qualche secondo, poi, fece un piccolo cenno con la testa non del tutto coperta da capelli, mostrando uno sguardo disinteressato, si scostò e lasciò passare Samuel che, senza ulteriori indugi, entrò a passo svelto facendo risuonare dei passi lattati, nonostante le suole gommate delle sue sneakers.

**

«A cosa devo l'onore? Un Fairfield nella mia umile dimora.» proferì ironico Asselhoff da dietro il tavolo da gioco, con ancora le carte in mano, circondato dal fumo di almeno quattro sigarette accese, mentre, i suoi scagnozzi, con un ghigno sul volto, osservavano Samuel come fosse una gazzella in mezzo ai leoni.

«Sai benissimo perché sono qua.» rispose, sicuro.

«Non so di cosa tu stia parlando.» rispose, scatenando una risata generale, sotto lo sguardo serio di Samuel.

«Hai qualcosa che mi appartiene.»

David alzò gli occhi dalle carte da poker che teneva tra le mani. Le poggiò a faccia coperta sul tavolo e poggiò la sigaretta sul bordo del bicchiere pieno di liquido ambrato, posizionato alla sua sinistra, senza togliere gli occhi da quelli castani di Samuel.

«Tu non vieni a casa mia parlandomi in questo modo.» disse minaccioso, poggiando la schiena sulla plastica della sedia su cui era seduto, incrociando le braccia al petto.

«Sono venuto a proporti un accordo, Asselhoff.»

«Sentitelo! E' venuto a propormi un accordo!» rispose sorridente, seguito dagli uomini attorno a lui.

«E cosa proporrebbe, di grazia?»

«Cinquantamila, in contanti, subito...» prese dalla tasca posteriore dei jeans una busta bianca, alzandola alla vista di tutti i presenti.

David rimase a fissarlo, probabilmente curioso e, allo stesso tempo, desideroso di ottenere quella cifra. Un uomo avido come David Asselhoff, non poteva che reagire così. Come un cane davanti all'osso.

«...in cambio, voglio sapere dove si trova Kyle e rivoglio i soldi che ti ha dato.»

«La tua puttanella? Devi pagare bene, non credevo che il ragazzo sarebbe giunto a una cifra simile in così poco tempo. Ma devo smentirti, Fairfield. Non ho ciò che cerchi.»

Sammy lo pensava, ma doveva pur provarci. Sapeva che Kyle non era nelle mani di David. Il suo ragazzo era troppo intelligente per farsi prendere in ostaggio.

Sorrise, dentro di sé.

«La puttanella mi ha fottuto i soldi, che rivoglio.» disse poi, mentendo. Doveva attenersi al piano.

«Non funziona così, Fairfield. I soldi sono miei. Non m'importa se il ragazzino ti ha dato il culo pur di averli.» adesso David lo guardava in volto.

Uno a zero per Samuel.

«Però potrei proporti un accordo.» continuò l'uomo. «Per cinquantamila bigliettoni, potrei anche trovarlo per te. Prendilo come un investimento, d'altronde sei del mestiere. Qualche soldo in meno in cambio della tua troia. Non pensavo ti piacesse il cazzo, Fairfield. Tuo padre ne sarebbe molto deluso.» Sammy fece un sorriso amaro. Nonostante tutto, David, ci aveva azzeccato.

«Ti farò una controproposta, Asselhoff.» disse poi, avvicinandosi con un paio di passi e raggiugendo l'uomo che, alzandosi in piedi, lo raggiunse. Adesso erano faccia a faccia.

David rimase a fissarlo serio, con le braccia lungo il corpo.

«Glenn Chapman. Dimmi dove si trova e questi saranno tuoi.» concluse, tenendo in alto la busta bianca con i contanti dentro.

Il viso di David cambiò espressione impercettibilmente. Per un secondo soltanto, i suoi occhi si sgranarono e Sammy poté sentirne il fiato uscire di getto dalla bocca, inondandolo con l'alito di sigaretta.

Ma, David, si riprese subito.

«La verità, Fairfield...» proferì David, girando intorno a Samuel. «E' che ognuno ha il suo mestiere. Mio padre mi ha insegnato a combattere per ottenere tutto ciò che voglio con il minimo sforzo. Ma tu, mio caro, stai giocando con le persone sbagliate. Pensi che sia stupido? Venire qui, nella mia casa, propormi un accordo e sperare che ti dia le informazioni che cerchi? Hai giocato col fuoco e adesso ti stai bruciando.» proferì minaccioso, tornando faccia a faccia con Sammy che rimase a fissarlo in silenzio.

«Sono spiccioli, quelli che mi stai proponendo.» riprese a camminargli intorno. «Non pensavo fossi così stupido, sarà un vero peccato toglierti di mezzo, Samuel Fairfield. Avrei potuto approfittare del tuo conto in banca giusto un altro pochino.» sorrise, dicendo le ultime parole come un bisbiglio, dritto nell'orecchio di Samuel.

Gli strappò la busta dalle mani e lo spinse in avanti.

«Adieu, forse tuo padre pagherà abbastanza per riavere il tuo corpo.»

E fu un attimo. Prima uno sparo, poi un altro e Samuel, spinto da una forza maggiore, si ritrovò a terra.


Love Made Me Do ItWhere stories live. Discover now