Capitolo cinque

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Enola

Scelsi  un abito verde smeraldo che metteva in risalto i miei occhi castano chiaro. Era una semplice cena con la mia numerosa famiglia in un ristorante al centro di Roma, di conseguenza potevo optare qualcosa di meno elegante. Tuttavia quando aprii l'armadio e mi accorsi di quell'acquisto fatto mesi prima e mai sfruttato, fui sopraffatta da una morsa allo stomaco. Non potevo abbandonarlo senza averlo sfoggiato almeno una volta.

Quando mia madre mi vide si portò le mani alla bocca per lo stupore.

Mi chiesi quando avrei avuto la forza di dirle quello che mi era stato riferito poche ore prima. Se chiudevo gli occhi potevo già immaginarla svenuta a terra e, una volta ridestata, sommersa dalle lacrime.

Arrivammo al ristorante con un leggero ritardo. Non appena gli ospiti ci videro fummo accolte da un'ondata di abbracci e baci. Mentre solitamente rifuggivo quelle strette spesso troppo vigorose, quella volta non mi sottrassi. Abbracciai anche mia cugina, l'odiosa bionda tinta che non esitava a schernirmi dinanzi tutti i parenti perché rosa dall'invidia nei miei confronti. Anche lei era laureata in letteratura, ma era pigra e lagnosa, i suoi colloqui di lavoro si traducevano in una descrizione di come nella sua vita fosse sempre stata sfortunata. Non riusciva ad ammettere il suo difetto, così dava sfogo alla frustrazione che l'attanagliava cercando di umiliarmi ad ogni cena in famiglia con scarsi risultati. Per farle abbassare la cresta bastava ricordarle che tutte le case editrici da cui lei era stata rifiutata erano pronte a sbranarsi pur di avermi nel loro team direttivo, e così facevo ogni volta nelle risate generali.

Le pietanze furono deliziose e la compagnia piacevole come al solito. Dopo due ore di chiacchiere sentii il bisogno di allontanarmi dall'aria viziata che si era andata via via creando. Uscii fuori in terrazzo e andai ad ammirare le mille luci di Roma, accarezzata da un lieve venticello che mi lasciò la pelle d'oca.

-Sei un incanto questa sera, Enola.-

Riconobbi la cadenza siciliana.

-Ciao zio.-

Non avevamo scambiato una sola parola fino a quel momento per via della distanza eccessiva tra i nostri rispettivi posti a tavola.

-La scorsa volta sei venuta al ristorante in jeans e scarpe da ginnastica, come mai questo repentino cambiamento?- mi chiese.

-Ero vestita in modo elegante anche in occasione della penultima cena.- Lo apostrofai.

-No tesoro, eri vestita in modo perfetto perché avevi avuto una riunione con il presidente di non so cosa. Hai chiuso il tuo ufficio e ci hai raggiunto direttamente al ristorante. Inoltre non reputi queste riunioni di famiglia così importanti da richiedere un abbigliamento da red carpet. Sputa il rospo.- Accese una sigaretta ed aspirò profondamente.

-Touché- Gli sorrisi.

-Oggi sono stata dal dottor Iavarone...-

-E...-

-Sto per morire.- dissi senza esitazione.

Aspirò di nuovo e serrò gli occhi. Rimase impassibile. Gliene fui grata.

-Quanto tempo hai a disposizione?-

-Mesi o secondi. Potresti essere l'ultima persona a parlare con me.-

Gettò fuori tutto il fumo che i suoi polmoni avevamo immagazzinato.

-Non ti dispiace? - dovetti ammettere che ero un po' turbata da quella mancanza di reazioni.

-Certo che mi dispiace, probabilmente stanotte piangerò in silenzio, nascosto dagli occhi di mia moglie e del mondo, ma non è questo il momento e il luogo adatto. Piuttosto, perché tu sei così serena?-

Ci sedemmo su una panchina lontano dalle orecchie indiscrete degli altri parenti.

- Ho avuto tutto il pomeriggio per riflettere, tuttavia non riesco a capire perché io non abbia voglia di organizzare viaggi nei posti in cui non sono mai stata o andare a fare qualcosa che mi ricordi come la vita sia fantastica anche in questi momenti . Vorrei fare qualcosa che non sia cercare di concentrare in un misero spazio di tempo tutte le esperienze di una vita. Sono felice e appagata a ventisette anni nonostante la leucemia non mi permetterà di godere di una lauta pensione. Ho tutto, ma sento un vuoto dentro di me, ho più paura di questo baratro che della morte.- Le parole uscirono come un fiume in piena.

Mio zio si stiracchiò e sospirò.

-Il vestito lo avevi già comprato?-

'Cosa c'entra?'

-Si.-

-Immaginavo...-Disse con aria di chi conosce ogni verità.

'Cosa ha il mio vestito che non va? Ha detto che ero incantevole!'

-Vedi Enola, sei la mia nipote preferita per un motivo.- Spense la sigaretta a terra incurante del posacenere accanto a lui.

-Odi lasciare le cose a metà.-

Rimanemmo in silenzio alcuni secondi.

-Quando avevi cinque anni picchiasti quella bionda tinta di tua cugina perché non aveva finito un gelato, la rimproverasti dicendole che avrebbe potuto chiedere un gelato più piccolo e così terminarlo invece di prenderne uno enorme per poi cestinare l'eccesso. Le hai strappato quei pochi capelli che aveva in testa ed io risi come un matto.- I suoi occhi si illuminarono al ricordo.

-Non capisco perché stai tirando fuori questo discorso.-

-Hai comprato questo vestito, lo hai gettato nell'armadio, lo hai lasciato appeso ad una stampella nella sua confezione originale per paura che ammuffisse, il tutto in attesa dell'occasione perfetta per ostentarlo. Adesso sai che quell'occasione potrebbe non arrivare mai, così hai deciso di indossarlo durante una cena di famiglia dove regna un abbigliamento informale. Un'altra al tuo posto avrebbe speso dei soldi per comprarne uno nuovo e più bello ripetendo a se stessa 'sto per morire, non devo negarmi nulla'. Tu non sei così. Non riesci a lasciare le cose a metà e lo dimostra il fatto che non sei riuscita a lasciare a metà il tuo acquisto. E' questo il motivo per cui senti il vuoto.-

Stavo fissando il pavimento sconvolta dalla facilità con cui aveva dato un senso a quello che provavo.

-Devi concludere quello che hai iniziato.-

Iniziai a camminare inquieta avanti e indietro dinanzi a mio zio.

-Non so da dove iniziare- lo stavo supplicando di aiutarmi.

-Inizia da me. C'è qualcosa che vorresti dire o fare per concludere il nostro rapporto zio-nipote? Ti conviene farlo ora, dopo la cena io ripartirò per Catania e non so se ci rivedremo.-

Mi fermai di scatto, ferita dalla verità.

'Pensa Enola, pensa!'

-Sì.- Puntai i miei occhi nei suoi.

-Sei l'unico della famiglia che sopporto e l'unico di cui mi fido ciecamente oltre mia madre.-

Chiaro, conciso, puro. Mi strinse a sé e mi accarezzò i capelli. Godei per qualche attimo dell'odore della sua pelle misto a quello del fumo di sigaretta. Sapeva di casa, di zio, di quello che avrei desiderato fosse mio padre. Sussurrò un 'ti voglio bene' nel mio orecchio e si liberò dalla presa per tornare nella stanza con tutti gli altri ospiti.

-Zio!- Lo chiamai prima che si allontanasse troppo e non potesse più sentirmi.

-Tu devi dirmi qualcosa per concludere il nostro rapporto zio-nipote?-

Si voltò e notai i suoi occhi lucidi.

-Te l'ho già detto. Sei la mia nipote preferita.-

Ogni alba rimasta (Ex ANCHE ORA- Il castello del tempo)Where stories live. Discover now