Capitolo centoventiquattro

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Avviso
Ho commesso un errore imperdonabile: ho sbagliato il conteggio degli anni. Attualmente siamo a 10 anni prima e non a 11. Vi spiego il motivo. Nel primo flashback della storia ho messo 14 anni prima, era settembre ed era il primo liceo. Da gennaio, nonostante sia sempre primo liceo diventa 13 anni prima io invece ho lasciato 14 sbagliando tutto il resto. Più avanti modificherò i vari flashback, per ora vi basti sapere che siamo a 10 anni prima. Chiedo perdono :(

10 anni prima (quarto liceo)

Diego

Era da qualche giorno che Rebecca indossava maglie scollate al limite della decenza e che mi sbatteva in faccia il suo davanzale. Mi aveva chiesto di studiare assieme. A casa sua. Aveva specificato che i suoi genitori sarebbero stati via per lavoro. Se proprio voleva divertirsi un po' non mi sarei tirato indietro, tuttavia quella sua risata che ogni tanto si tramutava in grugnito mi uccideva gli ormoni.

Con Enola la situazione era tornata come ai vecchi tempi. Litigavamo ogni giorno e tornai a salvaguardare la mia incolumità da eventuali scherzi.

Non potevo chiedere di meglio.

Avevo iniziato a seguire un telegiornale al giorno. Volevo rispettare il volere di Enola nonostante la promessa non fosse stata fatta realmente, era troppo oneroso per i miei gusti. Volevo impegnarmi ma senza vincoli.
Era un po' un controsenso, ma non vi badai.
Ogni sera, alle otto, accendevo la TV e ascoltavo le notizie provenienti da ogni angolo del mondo. Spesso, quando avevo gli allenamenti di nuoto la mattina presto, seguivo anche la prima edizione del giorno raggiungendo così la quota di due telegiornali in ventiquattro ore.

Riuscivo a parlare dei maggiori fatti di cronaca con disinvoltura, potevo discutere con il Roganti di politica durante la sua ora di italiano, avevo finalmente compreso il numero dei deputati e dei senatori, scoprii che la capitale dell'Austrialia non era Sidney bensì Canberra.

Avevo iniziato a disegnare.
Dopo quello che era successo in presidenza mesi prima provai il desiderio di sapere come fosse la visione di me ed Enola abbracciati.  Visto che non potevo chiedere ad Enola di rimetterci in quella posizione e farci scattare una foto, provai a ricreare la scena su un angolo di un quaderno.

Ottenni un groviglio disordinato di linee, sembravamo due invertebrati inespressivi. Compresi così di dover iniziare da qualcosa di più semplice. Con tratti leggeri provai a disegnare le labbra di Enola.

Le riprodussi dieci, cento, mille volte.
Da linee piatte e tremolanti passai a tracciare dei contorni definiti e a dare tridimensionalità a quella bocca che amava insultarmi.

Iniziai a disegnare gli occhi.

Da sfere monocromatiche e dense di colore riuscii a riprendere le screziature delle sue iridi, vivaci e  meschine.

Volevo disegnare il suo volto ma non avevo le capacità adatte.

Un giorno, prima di andare in piscina, comprai un libro che spiegava le basi del disegno e un altro che elencava le nozioni fondamentali del ritratto.
Non solo imparai a disegnare meglio labbra e occhi, ma in poco tempo fui in grado di inserire quei due elementi in un ovale spigoloso.

La prima Enola che disegnai sembrava Moira Orfei, ma giorno dopo giorno addolcii i suoi tratti, li resi più genuini, più sbarazzini. Capii di aver fatto progressi quando Fabrizio mi disse:

- Hai fatto fare un ritratto ad Enola da qualcuno?-

Era lei, ero riuscito a fermare la sua indole selvaggia in un foglio.

Una volta preso il via la disegnai sempre. Ogni mio quaderno era vuoto di appunti e pieno di lei.

Labbra.

Labbra schiuse, labbra serrate, denti che mordono un labbro, lingua che liscia un labbro, labbra che sorridono, labbra piegate in una smorfia triste.

Occhi.

Occhi chiusi, occhi aperti, occhi serrati, occhiolino, occhi che ridono, occhi che piangono, occhi truccati in modo pesante, occhi stanchi, occhi che brillano.

Enola.

Enola che studia, Enola che piange, Enola e il tramonto, Enola sotto la pioggia, Enola il primo giorno di scuola, Enola che legge l'Eneide.

-Diego.- Rebecca mi faceva gli occhioni dolci.

-Quindi giovedì studiamo assieme?-

O mi aveva scambiato per un genio incompreso negli studi o era in astinenza da troppo.

-Ti farò sapere-

-Chi disegni?-

Un paio di labbra gonfie e umide che venivano sfiorate da un pollice mi guardavano da un foglio di quaderno su cui avrei dovuto prendere appunti.

-Una ragazza-

-Chi?-

-Nessuno in particolare-

-Ti va di dedicarmelo?-

-Non hai delle labbra così carnose.-

-Papà mi farà fare un piccolo ritocco per i miei diciotto anni. Dai! Non ti costa nulla!-

Stavo per risponderle che tutto il botulino del mondo non sarebbe servito a renderla più attraente, ma mi fermai dopo aver udito bussare alla porta dell'aula.

Il Roganti invitò ad entrare e il preside fece la sua comparsa. Era sudato, in apprensione e gesticolava senza freni.

-Mi serve Madini.-

-Non ho fatto nulla!- esclamai.

Non avevo risposto male ai professori, avevo solo due insufficienze e non le solite cinque e non ero stato io a rigare la macchina del preside.

-Davvero, sono innocente! Qualunque cosa sia!- provai a difendermi.

-Lo so, ma devi seguirmi.-

Stavo per protestare ma fui battuto sul tempo.

-Si tratta di Naggi.-

Mi alzai in piedi di scatto e la sedia strusciò a terra rumorosamente.

-Cosa è successo?-

Un rivolo di sudore gli imperlò la fronte e battè i denti come se stesse congelando.

Quelle reazioni valevano più di qualunque altra risposta.

Lo seguii fuori dall'aula nel panico. I corridoi mi sfrecciavano a lato, i quadri appesi ai muri si confondevano in lampi deformi di colori.
Il preside correva e io lo seguivo. Andava verso la presidenza. Lo superai.

Sentii delle grida agghiaccianti rimbombare nell'edificio. Erano urla lontane, disperate.

'ENOLA'

Arrivai davanti la porta della presidenza. Le grida provenivano oltre di essa.

-Enola!-

Poggiai le mani su quel legno scuro e ricco di venature.

-Diego! Fammi uscire!-

Mi supplicò per poi scaraventare una serie di pugni contro quella barriera che ci divideva.

-Perché l'avete chiusa dentro?- interrogai il preside con ira.

-Lasciami spiegare...- iniziò a giustificarsi.

-La faccia uscire! Non è un animale da tenere in gabbia!- Ero fuori di me.

-Madini ascolta...-

-Butto giù questa maledetta porta se non mi dà la chiave!-

-MADINI DEVI ASCOLTARMI!- Mi ringhiò contro e io ammutolii serrando i pugni.

Il preside si sistemò un'orribile cravatta marrone a pois gialli e deglutì.

-La madre di Naggi ha avuto un incidente stradale.-

Ogni alba rimasta (Ex ANCHE ORA- Il castello del tempo)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora