Villa Di Benedetto

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Avevo bisogno di aria fresca. Gli chiesi di uscire a fare una passeggiata. Con aria protettiva, uscendo dal cancello, si mise a camminare poco davanti a me. Stava per prendere la via che portava al paese, quando gli dissi: - No, di qui. - Attraversammo la strada, ci ritrovammo su una stradina privata che tagliava a metà un immenso prato. Ai bordi del vialetto che stavamo percorrendo si innalzavano altissimi cipressi. Conduceva ad una villa che era stata per tanti anni l'abitazione di Enzo, Gemma e Lucia.

Scorsi sul prato, intento a potare un albero, l'anziano uomo tuttofare della villa, che poi era diventato a tutti gli effetti  il custode. Gli feci un cenno per salutarlo, lui strizzò gli occhi, poi mi riconobbe.

Venendomi incontro strillò: - Ciao Elena! Quanto tempo! Come stai? Cosa ci fai da queste parti?

Quando mi fu vicino, mi porse la mano dandomi una stretta vigorosa. Era contento di vedermi, ma subito si rabbuiò. Mi chiese dapprima come stesse mio padre, di mia madre e infine sbottò - Hai saputo di Lucia? - Mi lesse subito in faccia che ero stata informata.

Parlando ci eravamo avvicinati alla villa Di Benedetto, ci invitò ad entrare in quello che era stato un giardino meraviglioso, pieno di fiori. Ora aveva assunto un'aria decadente, così come la facciata della casa. Ci fece sedere sotto il portico, sulle sedie in ferro battuto la cui pittura bianca era irrimediabilmente ingiallita, segno che da troppo tempo mancavano di manutenzione. Ci disse che sarebbe andato in cucina a prepararci qualcosa di fresco e sparì.

Smisi di guardarmi intorno, mi rivolsi ad Edoardo e iniziai a raccontare.

Il filo che ci unisceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora