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Alzai il busto dal letto, mi guardai intorno.
Non ero tanto rintontito, forse perché non avevo bevuto, poi, chissà quanto. La ragazza stava ancora dormendo, così, in silenzio, mi vestii e tornai in salotto.
Un macello.
Salii le scale, facendo slalom tra bicchieri di plastica colorati, bottiglie di qualche alcolico vuote e cadaveri in post-sbronza.
Aprii la stanza di Austin, forse l'unica intatta e non contagiata dalla festa.
E con mia grande gioia, si fa per dire, notai che non era solo.
«Svegliati.» dissi scuotendo ripetutamente il suo braccio.
Lui mugolò qualcosa, spostando il braccio dalla schiena di mia sorella.
«Bianca, dai.» dissi percuotendo pure lei.
Non si muovevano.
«Dobbiamo riordinare. Prima che arrivino i tuoi.» dissi spostando le lunghe tende, per fare luce.
«Un minuto..» borbottò Bianca, girandosi verso il volto di Austin.
«No, no.»
«Alzati.» dissi poi.
La sollevai con la forza. Non si reggeva in piedi.
«Ma hai bevuto?» chiesi autoritariamente.
«No.» fece lei.
Mi avvicinai a lei.
«Puzzi di vodka.» dissi, facendo una smorfia.
«Potrei aver bevuto una cosetta, dopo che mi hai visto con quel tipo.» disse.
Reggeva l'alcol benissimo, allora.
Mi oltrepassò, dirigendosi in bagno.
«Ti viene da vomitare?» chiesi ridacchiando.
«Che ridi, scemo!» mugolò lei esasperata.
Ritornai in camera.
«Austin, alza il culo.» dissi sgarbatamente.
Sbuffò sonoramente, prima di mettersi seduto sul materasso.
Si strofinò il volto con le mani, prima di lasciarsi cadere ancora nel letto.
«Muovetevi! Vi aspetto al piano di sotto. C'è troppo da fare.» dissi. Uscii dalla stanza del mio amico.
Scesi le scale, cercando di non pestare quel mezzo cadavere in coma etilico.
Sobbalzai, non appena vidi i signori Rothschild sul ciglio della porta, sconvolti dalla grande confusione.
«Buongiorno.. Signori Rothschild.» sorrisi nervosamente.
Loro spostarono lo sguardo verso di me, in contemporanea. Gli occhi erano stati sostituiti da due fessure piene di rabbia.
«Che cosa è successo qui?!» gridò il signore.
Feci per rispondere, ma fui interrotto dai lamenti di Austin, che in quel momento stava scendendo le scale.
«Ah! Eccolo.» fece la signora, incrociando le braccia al petto, con arrabbiatura.
Mi girai verso il mio amico. Era messo male.
«Che cazzo gridate?» borbottò lui pigramente.
Si mise istintivamente una mano sullo stomaco, non appena un conato di vomito gli salì proprio da lì.
«Che cosa avete fatto?!» gridò ancora il padre di Austin, più arrabbiato che mai.
«Abbiamo fatto una festa.» risposi al posto del mio amico, che nel frattempo era scappato al bagno.
«Questo lo vediamo anche noi, Manuel» la signora Rothschild era visibilmente irritata.
Fatto sta, che odiavo che mi chiamassero Manuel. Nemmeno i miei quando erano arrabbiati, lo facevano.
«Sadie dov'è?» chiese il padre.
«Ah.. Non lo so.» risposi scrollando le spalle.
Cominciò a girovagare in casa, in cerca di sua figlia.
Poi sentii un grido. Un grido di una ragazza.
La signora mi guardò leggermente impaurita.
Io ridacchiai imbarazzato.
Poco dopo, infatti, comparve Samara avvolta nelle lenzuola del letto di Sadie.
Tossii.
«La conosci?» chiese il signore, affiancandola.
Guardai Samara. Poi il padre.
«No.» deglutii. «Mai vista.» dissi poi, scrollando le spalle.
Sospirò.
«Vai a mettere le lenzuola in lavanderia.» disse lui.
Non ero una domestica. Nonostante ciò lo feci lo stesso. Un po', perché non volevo dimostrarmi un bambino viziato davanti ai genitori del mio migliore amico e anche perché non volevo peggiorare la situazione.
«Va bene..» sospirai.
Presi per il braccio la ragazza, portandola in camera.
«Non ti sei ancora vestita?» chiesi frettolosamente e a bassa voce.
«Stavo dormendo.» disse lei sbuffando.
«Muoviti.» dissi.
Lei mi guardò malissimo.
«Che cosa?» chiesi divertito, dal modo in cui mi guardava.
Stette in silenzio per qualche istante.
Iniziò a vestirsi.
«Nulla.» disse poi, prima di raccogliere la sua borsa. Si infilò le scarpe ed sgattaiolò fuori dalla porta della stanza di Sadie, quella che dava sul retro.
Raccolsi le lenzuola da terra, uscii dalla stanza. Varcai la soglia del salone, dove Austin e Bianca, raccoglievano da terra qualsiasi cosa ci fosse a terra.
Nessuna traccia dei genitori di Austin.
«I tuoi dove sono?» chiesi.
«Non ne ho idea. So solo che Sadie sta dormendo in giardino.» disse lui scrollando le spalle.
Annuii, mi avviai alla lavanderia.
«Aspetta un attimo..» mia sorella si avvicinò a me, curiosa.
Austin fece la stessa cosa.
«Che cosa?» chiesi corrugando la fronte divertito.
«Queste.. Le hai usate te?» chiese Bianca, alzando le sopracciglia.
«Qualche problema a riguardo?» chiesi ad entrambi.
«No.» risposero all'unisono.
«Bene.» sorrisi.
Entrai dentro alla stanza.
Non avevo mai fatto una lavatrice. Infilai le lenzuola dentro allo sportello, che chiusi.
Presi un detersivo casuale. Il primo che mi era passato davanti agli occhi.
Ne misi un po' dentro ad un altro sportello.
La accesi. Girai qualche manopola.
Si azionò. Perfetto.
Sorrisi soddisfatto.
Tornai in salone.
«Ragazzi noi andiamo al centro commerciale. Non uscite di qua, finché non sarà tutto pulito. Chiaro?» la signora Rothschild, alzò il dito indice con fare severo.
Annuimmo.
Uscirono.
«Sadie?» chiesi iniziando a raccogliere i resti della serata, sulle scale.
«È andata in bagno a darsi una ripulita.» spiegò il mio amico.
Annuii.
«Com'è andata la festa?» chiesi.
Austin sbadigliò rumorosamente.
«Direi bene. Sei scomparso praticamente subito.» si lamentò.
Scrollai le spalle.
«È successo qualcosa di interessante?» chiesi mettendo dentro al sacco della spazzatura una bottiglia di Gin, chiaramente vuota.
«Mh.. Collin se n'è andato con il naso sanguinante. Ma non so cosa è successo.» scrollò le spalle poco interessato.
Il mio sguardo scattò verso quello di mia sorella. Lei scosse la testa. Ma la ignorai.
«Sono stato io.» dissi orgogliosamente, continuando a guardarla. Lei sbuffò.
«Te? Con quelle manine da fatina che ti ritrovi?» chiese Austin ridendo di gusto.
«Stava per portare a letto mia sorella.» dissi seriamente.
«Oh..» disse solamente.
«Ma non ha la ragazza?» dichiarò confuso.
«Mi ha detto che la loro è una relazione aperta. Anche che lei non vuole essere toccata da lui.» spiegò Bianca.
«Certo, tu scopalo pure.» la rimproverai.
Lei sbuffò, alzando gli occhi al cielo.
«Comunque nemmeno io vorrei essere toccato da uno come lui. Ha ragione.» disse Austin.
«Come si chiama?» chiesi curioso.
«Horm.»
«Ma che razza di nome è?» risi.
«Perché il tuo è normale, Manuel?» mi prese in giro Bianca.
«Più di Horm.» dissi in mia difesa.
«Più di Horm.» mi fece l'eco, alzando gli occhi al cielo.
«Secondo nome?» chiesi.
«Ma a te che interessa?» chiese mia sorella.
«Ma ti fai i cazzi tuoi?» ribattei sgarbatamente.
«Ivy.» rispose Austin.
«Cognome?» chiesi.
Bianca alzò gli occhi al cielo.
«Grimes.» rispose lui.
Annuii. La mia era solo curiosità.










Note:
Mia sorella si sta divertendo a realizzare, con un programma per interior designer e architetti, le stanze della casa di Manu, in questa FanFiction. Pregate per lei, vi prego.

Dear M;;Manu RiosWhere stories live. Discover now