forty-three;

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Risi, per la pessima battuta che Manu aveva appena terminato di dire. Finii quasi, per sputare il cibo delizioso che avevo in bocca.
Suo padre ridacchiò, mentre la signora Rios, guardò malamente il figlio, forse compatendolo.
«Che avete fatto oggi?» chiese il signor Rios.
«Hanno cercato di ricattarmi.» rispose la signora sorridendo.
«Ah si? Siete riusciti?» ci chiese.
Annuimmo fieri.
«Ci riescono loro e non io?» l'uomo si finse offeso.
Manu scoppiò a ridere.
«Jorge, tesoro, loro sono dei bambini, non potevo non accontentarli.» accarezzò dolcemente il braccio del marito, con sarcasmo.
«Bambini? Hanno diciassette anni!» esclamò lui.
Io continuavo a ridere, mentre Manu scuoteva la testa appoggiata al tavolo.
Jorge ritornò serio, guardandomi. Si sporse, appoggiando i gomiti sul tavolo.
«Austin, noi qui ti accoglieremo sempre, lo sai. Ma io so anche che stai male per ciò che è successo. Voglio che tu chiarisca con i tuoi genitori, voglio che loro ti accettino per quello che sei.» disse. Sentii gli occhi pizzicarmi.
La mano del ragazzo al mio fianco, cercava la mia. Gliela strinsi. In quel momento ne avevo bisogno.
«Io non riesco a credere che sia stato tuo padre a farti quello.» sussurrò poi Jorge.
Scrollai le spalle, lasciando cadere delle lacrime. Manu si avvicinò a me, appoggiò la sua fronte alla mia spalla, poi mi lasciò un bacio sul tessuto della maglietta.
«Sto bene.» gli sussurrai. Lui annuì, chiudendo gli occhi.
«Austin, quel livido sul collo te l'ha fatto tuo padre vero?» chiese Isabella, ridacchiando.
Manu divenne paonazzo.
«Ovviamente.» tossii, guardando Manuel, che nel frattempo aveva nascosto il volto nell'incavo del mio collo.
«Smettetela.» disse lui, con quel tono da bimbo offeso, che mi faceva ridere ogni volta.
«Lavate voi i piatti?» chiese la donna, sorridendo allegramente.
«Veramente.. La proposta non lo comprendeva.» ribatté Manu.
«Uuh spenta.» disse Jorge alzandosi da tavola, sorridendo.
Scoppiai a ridere, guardando l'espressione allibita di Isabella, a quell'affermazione.
Poi si ricompose, guardò il marito severamente.
«Li laverai tu, i piatti.» disse poi, mettendo le mani ai fianchi.
«Oh certamente con Mary.» rispose ridacchiando.
«Chi è Mary?» esclamò Manu.
«La lavastoviglie..» Isabella alzò gli occhi al cielo, mentre il marito ammiccava.
Scoppiai a ridere, di nuovo.
«Questa me la dovete raccontare.» affermò il ragazzo al mio finaco.
«In breve: quando siamo andati a scegliere la lavastoviglie, ci ha assistito, nell'acquisto, una giovane biondina che si chiamava Mary.» minimizzò Isabella con un gesto di mano.
«Papà sei terribile.» Manu scosse la testa, ridacchiando.
«Lo ero.» Jorge tenne a precisarlo.
«Va bene. Grazie, addio. Noi andiamo di sopra.» Manuel si alzò dal tavolo, così lo imitai.
«Aspettate voi Bianca?» chiese Isabella. Bianca era ad una festa, assieme a mia sorella. Io e Manu avevamo preferito non andarci, oltre tutto, lui era ancora in punizione, teoricamente.
Manu mi guardò, gli sorrisi, annuendo.
«Oh! Grazie al cielo! Non mi andava proprio di aspettare fino a tardi.» rispose la donna sorridente.
Manu sorrise a sua madre, poi le lasciò un bacio sulla guancia.
Salimmo le scale, raggiungendo la sua stanza.
Chiusi la porta alle mie spalle.
Mi avvicinai a lui, che guardava le ultime luci del tramonto dalla vetrata.
«Quando pensi di parlare ai tuoi genitori?» chiese guardandomi.
«Non lo so.» scossi la testa.
«Perché? Vuoi sbarazzarti da me?» scherzai.
Lui rimase serio.
«Non voglio vederti soffrire, cazzo!» disse duramente, tendendo la mascella.
Sospirai, avvicinandomi a lui.
«Tu mi fai stare bene. Quando sto con te non ci penso.» cercai di convincerlo e di convincere anche me; ma l'immagine di mio padre che mi prende a pugni in volto era come stampata sui miei occhi. Però con lui mi sentivo bene veramente.
«Austin, non raccontare a me delle bugie.» ribatté arrogantemente.
Sospirai.
«Lo supererò.» dissi poi.
«Lo so, tu riesci a farti scivolare addosso qualsiasi cosa. Ma io so che anche che fingi di star bene per non fare preoccupare le persone che hai attorno. Con me non funziona, ti conosco da quando eravamo due scriccioli.» ridacchiò amaramente, scuotendo la testa.
«Non so fare altrimenti.» sussurrai.
«Tu devi parlare. Non puoi tenerti tutto dentro.» esclamò.
«Io ti dico tutto.» ribattei.
«Lo so, ma fingi di stare bene anche davanti ai miei occhi. E a me non sta bene.» abbassò il tono della voce.
Sospirai. Mi sedetti sul margine del letto.
Lui mi affiancò.
«Non riesco a capacitarmi del fatto che mio padre mi abbia picchiato.» singhiozzai.
Lui rimase in silenzio, non si mosse.
Presi la sua mano, stringendola.
«Ci sono rimasto male, quando quella sera, dopo aver cenato, ho sentito mia madre dire che aveva fatto bene a picchiarmi, in quel modo avrei capito che quello che provo nei tuoi confronti è sbagliato. Capisci? Io non posso ritornare in quella casa. Non è più la mia. So che i miei genitori mi odiano per certo.» scoppiai a piangere. In quel momento dovevo sembrare un bambino, ai suoi occhi.
Lui mi cinse le spalle con un braccio, trascinandomi verso di lui.
Appoggiai la testa sulla sua spalla.
Mi lasciò un bacio fra i capelli.
Stette in silenzio. Non cercò di convincermi a parlare con i miei genitori e gliene fui grato.
Lo guardai.
«Grazie.» dissi.
Sorrise.
Si stese sul materasso, trascinandomi sopra di lui.
Appoggiai il volto sul suo petto.
Intrecciò le nostre dita.
Sorrisi, chiudendo gli occhi.

Dear M;;Manu RiosWhere stories live. Discover now