LXXVI Iris: IL TEMPO DELLE MELE

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Canada, 23-24 luglio 2010

Sono nel mio letto. Ho fatto l'insulina sulla coscia e assunto gli antibiotici. La mia temperatura corporea è stabile e regolare.

Sto per prendere sonno quando sento bussare alla finestra. Scatto subito seduta sul materasso e vado a vedere. Scosto la tenda, Dylan mi appare aldilà del vetro, in equilibrio sull'albero. Ormai dovrei esserci abituata a vederlo piombare, come se niente fosse, in camera mia.

"Sono passato a vedere come stavi" dice. "Non riuscivo a dormire, ecco...in realtà, non riuscivo a smettere di pensare a quello che è successo oggi pomeriggio tra di noi..."

"Perché? Cosa è successo?" chiedo.

Dylan oltrepassa il davanzale e con un balzo atterra sul pavimento della mia stanza. Le sue mani prendono il mio volto, racchiudendolo dentro ai palmi.

"E' successo che..." Le sue labbra si avvicinano pericolosamente alle mie.

Mi sento strana. Non ho il cuore che mi batte forte e neanche le ginocchia che tremano, come mi accade ogni volta quando mi trovo vicino a lui. C'è qualcosa dentro di me che mi fa sentire felice e in pace con me stessa. Qualcosa che mi fa quasi librare in aria.

"...dobbiamo finire quello che abbiamo iniziato prima che Steve ci interrompesse" conclude lui, posando la sua bocca sulla mia.

Lascio che Dylan mi baci. Lascio che mi conduca fino al letto e mi faccia sdraiare sopra. Lascio che mi sfili il pigiama e anche la biancheria.

Mi ritrovo nuda sotto di lui, il quale non smette di accarezzare e baciare ogni centimetro della mia pelle.

"Sei così bella, Iris..."

La voce di Dylan è lontana se pure lui è così vicino a me. Le sue mani sono quasi impercettibili mentre sfiorano il mio corpo.
E la sua voce, la sua voce è l'eco più dolce e soave che io abbia mai udito.

"Vuoi fare l'amore con me?"

Ancora quella domanda. Mi rimbomba in testa come un martello pneumatico in azione. Pulsa e pulsa e pulsa di nuovo.

"Lo voglio, lo voglio davvero tanto. Lo voglio fin dal primo momento che ti ho visto. Lo voglio fin dal primo giorno che abbiamo parlato. Lo voglio da sempre, forse."

Dylan si sgancia i bottoni della camicia, uno ad uno, con una lentezza incredibile. Ed io non provo vergogna o imbarazzo a starmene nuda, sul letto ad aspettarlo. Sono solo ansiosa di averlo di nuovo vicino, di nuovo padrone di entrambi i nostri corpi.

La camicia di Dylan scivola a terra, seguita dai jeans e dai pantaloni del suo pigiama. Poi è il momento dei boxer. Dylan infila le dita sotto l'elastico e fa per sfilarli, quando un urlo rompe ogni idillio.

Improvvisamente il ragazzo di fronte a me sparisce dalla mia vista, proprio come un fantasma.

Balzo sul letto e mi guardo intorno. La mia stanza è buia, io sono completamente vestita e sono da sola. Accendo la luce e cerco di riprendere le redini dei miei pensieri.

C'ero io e c'era Dylan. Stavamo per fare l'amore, ma era solo uno stupido sogno.
Poi penso al grido che ho sentito, quello sembrava reale. E se fosse stato mio padre? Forse non sta bene...

Mi alzo, indosso le ciabatte e procedo verso la porta. Prima di uscire, lancio uno sguardo alla finestra. Mi sembra di vedere la sagoma di qualcosa aldilà del vetro. Vado a controllare e mi accorgo che si tratta di uno dei pacchetti con i cuori. Sollevo lo sguardo, oltre il grande cancello i fari della vecchia berlina del dottor Cox si accendono e l'auto parte.

Dylan è stato qui. Allora forse il grido proveniva da lui. Che si sia fatto male per salire fin quassù? Lascio andare un profondo sospiro. Probabilmente niente di grave, altrimenti non si sarebbe messo alla guida. Evidentemente è stata solo la mia mente a lanciarmi un brutto scherzo!

Chiudo i vetri e, ancora scombussolata dal sogno fatto, studio il pacchetto. Le mie mani stracciano l'involucro mentre il mio cuore si impegna a battere fin dentro le orecchie.

La carta cade a terra senza fare alcun rumore. Stringo il dvd tra le mani. Due ragazzi sui pattini a rotelle si scambiano un bacio a stampo sulle labbra.

"Il tempo delle mele" leggo con la voce che trema.

Sorrido e guardo un'ultima volta verso la finestra. Stavo sognando Dylan e Dylan era davvero a un passo da me.
Stavo sognando qualcosa di proibito e lo stavo vivendo come se proibito non lo fosse affatto. Ero in pace, con me stessa e con il mondo.

Dentro di me serpeggia una sensazione strana, né piacevole né fastidiosa. Qualcosa che va oltre e non si può spiegare. Qualcosa che vorrei durasse all'infinito e allo stesso tempo vorrei non esistesse o non fosse mai esistita per paura di perderla.

Nella mia testa la finzione si mescola con i sogni e della realtà non resta altro che il sapore dell'amarezza.

L'AMORE NON ESISTEWhere stories live. Discover now