CVIII Iris: DI NUOVO LA LUCE

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Canada, 1 agosto 2010

Una luce lontana e sfuocata è l'unica cosa che riesco a scorgere. Una luce piccola, ma che si ingrossa pian piano. Tutto è ovattato intorno a me. Mi sembra di essere in un mondo fantastico e parallelo. Sento anche delle voci. Voci che non conosco affatto, ma che sembrano chiamare proprio il mio nome.

Schiudo le palpebre e due volti indistinti si piazzano di fronte alle mie iridi stanche.
Sbatto le ciglia.
Qualcosa dentro il mio corpo mi dice di prendere aria. Qualcosa mi stimola a espandere i polmoni e incamerare ossigeno.
Lo faccio.
Lo faccio come se fosse la cosa più normale del mondo ma, proprio mentre sto ispirando, una fitta mi colpisce al centro del petto.
Un dolore forte, quasi irresistibile. Un dolore che mi fa lanciare un grido, ma che in realtà è solo un mugugno strozzato.

"Iris, eccoti qua, sei di nuovo con noi" dice una voce femminile.

Adesso i miei occhi non sono più appannati, ma riescono a mettere a fuoco le due ombre sopra di me. Un uomo e una donna.
Mi soffermo sui loro sguardi come fossero la sola e unica cosa che mi permette di rimanere agganciata al mondo. E in effetti è così perché non scorgo nient'altro, solo ed esclusivamente quattro occhi luminosi e sconosciuti. I volti dei due soggetti sono coperti da una maschera e anche i loro capelli sono costretti dentro ad una cuffia.

"I parametri sono ottimi. Aiutiamola solo con dell'ossigeno" dice il tizio con sicurezza.

La donna porta una mascherina sul mio volto, a coprirmi il naso e la bocca.

Respiro. Questa volta lo faccio piano, senza troppa energia, ma avverto comunque una notevole oppressione al centro del torace. Istintivamente muovo una mano a comprimere la zona dolorante. Ho come la sensazione che abbiano tagliato il mio corpo esattamente in due parti.

"Iris, tranquilla, è solo la ferita. Hai avuto un intervento, ricordi? Adesso hai dei polmoni nuovi..."

Scivolo il braccio di nuovo lungo il corpo.

"Provi dolore?"

Gli occhi della donna sbattono di fronte al mio volto, fiduciosi di una mia risposta.

"Fammi solo un cenno, così che io possa capire..."

Muovo la testa in alto e in basso.
Ho dolore. Ho davvero molto dolore.

"Tu prepara l'antidolorifico, penso io a tenerle l'ossigeno" dice l'uomo.

Pian piano giro la testa, guardandomi intorno. Sono in una sala azzurra, dello stesso azzurro delle pareti del centro di cura, forse di qualche tono più scuro. Intorno a me ci sono monitor e macchinari che non ho la più pallida idea di cosa siano e a cosa possano servire.

"Ecco qua, con questo starai meglio!"

La donna posiziona una bottiglia di vetro esattamente sopra la mia testa. Al braccio ho ancora il mio catetere. Muovo le dita, sgranchendole. Su una di esse vi è posizionata una luce, collegata con un lungo filo al monitor adiacente. Emette un bip bip continuo.
Lentamente sposto l'attenzione sull'altro braccio. E' quasi immobile, costretto dentro a un grande bracciale di stoffa che si stringe e si rilascia dopo alcuni secondi.

"Dove sono?" riesco finalmente a biascicare.

L'uomo allontana la maschera dal mio viso.
I suoi occhi si spostano dai miei al monitor affianco.

"Sei nel reparto di terapia intensiva" afferma, "ti abbiamo appena tolto la respirazione artificiale..."

"Hai fatto un viaggio di un giorno e mezzo, spero solo che sia stato bello..." interviene la donna con un sorriso. "Scusaci, non ci siamo neanche presentati, io sono Grace, l'infermiera che si è occupata di te fino ad oggi e lui è il dottor Roy. Tranquilla, sembra burbero ma ha un cuore grande!" scherza, lanciando uno sguardo all'uomo che finge di non sentirla, occupandosi di riposizionare di nuovo la mascherina sul mio volto.

L'AMORE NON ESISTEWhere stories live. Discover now