•Sighè•

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Castiel cercava febbrilmente sulla sua libreria qualcosa che non avesse ancora letto, ma era quasi impossibile, dato che riusciva a divorare libri in pochi giorni.
Aveva sempre bisogno di qualcosa per tenergli la mente occupata, per evitare di pensare da quando... no, non doveva pensarci. Quei vecchi e polverosi pensieri non volevano saperne di restare sotto il tappeto, ed era ancora più difficile tenere a bada i ricordi essendo da solo.
Non aveva più nessuno, solo i suoi libri. Aveva tagliato i ponti con chiunque facesse parte della sua vecchia vita, tutte le persone che lo avevano guardato con pena, che non gli avevano creduto, che pur credendogli non si erano minimamente impegnati per aiutarlo.
Si era ripromesso di cambiare vita, di finire il college, di trovare nuovi amici, di sentire la sua famiglia regolarmente, ma tutto quello che faceva era restarsene chiuso nel suo piccolo appartamento tutto il tempo che poteva a leggere, o se ne andava al parco quando c'erano delle belle giornate. Poi, la notte, lavorava in un pub come cameriere.
La notte era sempre il momento più duro da affrontare. Per questo si era impegnato a trovare un lavoro che gli impegnasse buona parte di essa e che lo facesse tornare a casa abbastanza distrutto da non avere il tempo di pensare a niente, se non a quanto volesse dormire.
Che poi, non dormiva bene comunque. Dai suoi giorni oscuri, così Castiel chiamava il periodo più brutto della sua vita, non era più riuscito a dormire bene, o per più di quattro ore di fila. Gli capitava sempre di svegliarsi presto, pur essendo rientrato quasi all'alba, e quindi cercava subito qualcosa da fare per tenersi impegnato. Quando aveva il giorno libero, poi, non sapeva proprio che fare per compensare alla mancanza di sonno che lo assaliva durante la notte, e quindi scriveva un diario con tutto quello che gli era capitato durante la giornata, assicurandosi di scrivere tutto nei minimi particolari, in modo da occupare quanto più tempo possibile, per poi prendere sonno comunque allo stesso orario in cui si sarebbe addormentato in un qualsiasi giorno di lavoro, e risvegliarsi la mattina seguente prima delle otto.
Sentiva che la sua vita era diventata completamente vuota ed inconsistente.
Aveva finito tutti i libri sul suo scaffale, era il periodo in cui si era appassionato ai romanzi come "Il ritratto di Dorian Gray", che aveva finito quel giorno stesso, o "Orgoglio e pregiudizio", che aveva letto pochi giorni prima.
Ora, senza niente da leggere, non sapendo cosa fare, prese il diario. Mancavano ancora almeno tre ore prima che potesse andare a lavorare.
25 aprile 2016 iniziò a scrivere.
Oggi mi sono svegliato, come al solito, alle 7.45 del mattino, e ho fatto colazione con i miei cereali preferiti.
Descrisse tutta la colazione, il tempo che aveva impiegato, i vestiti che aveva indossato, l'ora in cui era uscito per andare al parco con il suo romanzo, finché arrivò all'unico avvenimento che potesse dirsi interessante in quella giornata e, in generale, anche nella settimana o nel mese.
Quando sono arrivato al parco, già con la faccia seppellita nel libro, un ragazzo mi ha travolto, facendomi cadere. All'inizio ero arrabbiato, e anche un po' confuso. Sono caduto come una pera, mi sentivo davvero in imbarazzo. La prima cosa che ho fatto è stata cercare i miei occhiali e rimetterli, poi ho guardato il ragazzo che mi stava davanti. Era proprio bello, e stava lì imbambolato a guardarmi. E anch'io l'ho guardato, e mi sono sentito stupido perché non stavo dicendo nulla. Poi, mi ha chiesto se stavo bene, e in realtà non stavo bene, per niente. Mi ero fatto male alla schiena, cadendo, ma cosa potevo dirgli? Gli ho detto che stavo bene, ovviamente, e lui mi ha aiutato ad alzarmi. Aveva delle mani callose, come se facesse un lavoro manuale, e poi l'ho guardato un po' meglio. Aveva un aspetto da duro, ma c'era qualcosa nei suoi occhi che mi ha fatto capire che in realtà non era così tanto forte. Aveva una sorta di ombra che gli velava lo sguardo, e per un attimo mi sono sentito strano, come se stessimo condividendo qualcosa, come se ci assomigliassimo. Si chiama Dean. Mi ha chiesto se potesse fare qualcosa per me, ma a quel punto ero troppo in imbarazzo e volevo andare via, non avrei saputo come sostenere una conversazione, o cosa potesse effettivamente fare per me.
Mi sento un po' un idiota ad averlo lasciato andare via così. Mi piacerebbe rivederlo, ma non l'avevo mai notato prima al parco... sarà perché mi tengo alla larga dalle persone che corrono, o dalle persone in generale. Può darsi che visiti spesso il parco a quell'ora, e magari se mi ritrovassi verso la stessa ora da quelle parti... potrei incontrarlo ancora. Anche se non saprei proprio cosa dirgli. Conosco solo il suo nome. Mi sento stupido a pensare a questo ragazzo, in fondo dovrei essere arrabbiato con lui perché mi sono fatto male cadendo, ma non riesco a non pensare al suo sguardo, e a quanto fosse bello e a come mi sia sentito simile a lui solo guardandolo negli occhi.
Forse sono solo troppo timido, forse solo troppo idiota per avvicinarmi a qualsiasi persona. Ho paura di aver perso l'occasione di conoscere quel ragazzo, andando via così di fretta.
Forse dovrei solo lasciar perdere.
Come sempre.
Castiel fece un sospiro rileggendo le sue ultime parole. Aveva paura di conoscere nuove persone. Temeva di rivivere le vecchie esperienze.
Ma scosse le spalle e cercò di non pensarci, ritornando alla sua vita vuota e senza nessuno, pensando che forse si stava facendo dei problemi inutili, perché probabilmente quel Dean non ricordava nemmeno di averlo travolto. Forse era stato solo un'altra invisibile persona con la quale Dean aveva avuto a che fare.

Castiel si guardò intorno. C'era troppo silenzio, aveva bisogno di qualcosa che gli riempisse le orecchie più di quanto faceva il suono muto del vuoto della sua stanza. Quindi, prese il suo cd preferito dalla mensola, Blue Hawaii di Elvis Presley, e lo inserì nel suo portatile, facendo partire la musica dal computer. Mentre canticchiava, andò inconsciamente ad aprire il proprio profilo Facebook, con l'ultimo post ormai datato almeno a gennaio, e cercò Dean. Quando lo trovò, perse un po' di tempo a scorrere le sue foto e ne trovò una con una ragazza.
Diamine.
Quindi era fidanzato, e anche con una bella ragazza.
Ma perché mi sto facendo questi problemi? È solo un ragazzo che ho incontrato.
Chiuse con rabbia la pagina Facebook e spense il computer, facendo tornare la stanza in silenzio. Rimosse il cd e lo rimise nella custodia, prima di andare a mettere la divisa del pub per cui lavorava.
Black Sea era il nome del pub, e la maggior parte delle volte era pieno. Castiel ne era felice, perché così aveva qualcosa che lo teneva impegnato.
E quella sera aveva proprio bisogno di smettere di pensare. Soprattutto, di pensare a Dean.

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Oh mio dio quanto tempo era che non scrivevo e che non aggiornavo!! Mi sento una persona terribile, ho lasciato questa storia a MAGGIO, dio mio. Non posso promettere aggiornamenti puntuali, sono all'università e ho un po' di problemi con la preparazione di esami e tutto, purtroppo mi porta via un sacco di tempo e ho pochissimissimo tempo per scrivere ormai... spero mi perdonerete, se mi seguite ancora :(
Comunque, se qualcuno avesse la storia in biblioteca e avesse già letto i primi due capitoli, vorrei informarvi che ho cambiato un pezzetto nel capitolo precedente, perché c'era un collegamento che non mi piaceva.
Ps. Ogni riferimento a Twist and Shout con Blue Hawaii di Elvis è COMPLETAMENTE e DEL TUTTO casuale *sarcasm*
Comunque, σιγή [Si-ghè] significa silenzio, ho deciso di dare questo nome al capitolo per evidenziare la vuotezza della vita di Castiel, che vive nel silenzio.
Vi voglio tanto bene se continuate a seguire la storia ♥

Eutychìa || DestielWhere stories live. Discover now