•Ónar skiás•

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Mi trovo in una casa, una casa che non riconosco, di notte. Ma non sono solo.
Riesco a percepire una presenza con me. È una presenza inquietante. Sento che è malvagia.
Ma non riesco a vedere nessun altro oltre a me.
La luce della luna piena filtra attraverso la veneziana abbassata dell'unica finestra nell'intera stanza.
Mi guardo intorno.
Non c'è niente intorno a me, non ci sono mobili, la stanza è completamente vuota. Questa cosa mi spaventa.
Perché mi trovo qui? Come faccio ad andare via? Inoltre, permane in me la sensazione di non essere solo, per quanto abbia appurato che la stanza sia vuota.
E se ci fosse qualcuno nella casa, come farei a difendermi? Non c'è nulla intorno a me che mi permetta di colpire un ipotetico aggressore.
Comincio ad agitarmi.
Provo a tastarmi le tasche per capire se, almeno, con me ho qualcosa di utile. Qualcosa come il telefonino, con il quale potrei chiamare aiuto, o fare luce.
Ovviamente no.
Ma cosa ci faccio qui? Chi mi ha portato in questo posto? E per quale motivo?
Improvvisamente, sobbalzo. Sento un ringhio al di fuori della porta, che è chiusa. Per qualche motivo, so che è chiusa a chiave. È il ringhio di un cane, o di un lupo, che poi comincia ad abbaiare. È un mastino.
Poi, finalmente capisco. Non sono stato portato qui con l'inganno, né rapito, ci sono venuto da solo perché stavo scappando.
Scappando da quell'animale spaventoso, dal quale solo un misero strato di legno e una serratura mi separavano. Avevo chiuso io la porta a chiave.
Mi sento in trappola, mi sembra che la stanza si stia rimpicciolendo intorno a me e che le pareti stiano per schiacciarmi, mentre quell'animale spaventoso continua ad abbaiare fuori dalla porta. Ha anche cominciato a graffiare contro il legno, e a spingere, per aprirsi un passaggio.
Mi guardo intorno agitato, e capisco che la finestra è la mia unica via di scampo.
Chissà a che piano sono.
Ordino alle mie gambe di muoversi. Tremano, ma riesco a camminare più o meno velocemente fino alla mia unica speranza di salvezza.
Alzo la veneziana e guardo giù.
Sono terribilmente in alto.
Ovviamente, non poteva mica andarmi bene.
Il cane continua a ringhiare, a graffiare, a sbattere contro la porta ed il mio cuore sembra voler uscire dal petto, il mio respiro è mozzato, non so quanto riuscirò a mantenere la calma.
Guardo ancora fuori dalla finestra alla ricerca della grondaia: scende a mezzo metro dalla finestra, mi ci potrei aggrappare.
Cerco di non esitare e metto i piedi sul davanzale, ma le gambe continuano a tremare e mi sembra di poter cadere da un momento all'altro, e quell'animale sta per entrare nella stanza e aggredirmi.
Mi mantengo con una mano alla finestra, mentre con l'altra raggiungo la grondaia.
Devo saltare e aggrapparmi.
Al tre.
Uno...
Due...
Il cane ha sfondato la porta. Grido.
Salto, senza aspettare il tre.
Grido più forte quando la bestia riesce ad afferrarmi il piede con le zanne.
Sono aggrappato con le mani alla grondaia, ma il cane mi sta tirando la gamba all'interno.
È spaventoso, riesco a vedere i suoi occhi iniettati di sangue che brillano al buio, mentre i suoi denti aguzzi mi causano un dolore lancinante. Sembra che venga dall'inferno, quel mastino spaventoso. Un mastino infernale.
Provo a tirare via la gamba ma il cane stringe sempre più forte ed io sto per mollare la presa. Il dolore è lancinante, un calore tremendo mi avvolge il piede mentre quel mostro me lo disintegra fra i denti affilati.
Continua a ringhiare, e nel ringhio mi sembra che dica il mio nome.
Dean.
Dean.
<<Dean! Dean, svegliati, per l'amor del cielo!>>
Dean sobbalzò. Era agitato, aveva gettato le coperte ai piedi del letto, la sua fronte era imperlata di sudore, la maglietta era incollata al suo petto.
Castiel pensò che così era ancora più bello, ma allo stesso tempo era terribilmente preoccupato per lui. L'aveva svegliato con le sue urla e si era spaventato, quindi era andato a vedere cosa stesse succedendo.
Dean era sconvolto. Castiel lo aveva subito svegliato e ora Dean lo guardava come se appartenesse a un altro mondo. Respirava a fatica e non aveva ancora spiccicato parola. Stava solo lì fermo a guardarlo.
<<Dean, va tutto bene?>> Castiel si mostrò premuroso nei suoi confronti, era preoccupato che potesse stare male. Gli poggiò una mano sul braccio e Dean trasalì. Guardò meglio Castiel ancora un po' stralunato e poi disse solo: <<Cass>>.
Dean prese la mano con la quale il ragazzo aveva stabilito un contatto e la strinse forte. Davanti ai suoi occhi continuava ad apparire la tremenda immagine di quel mostro che stava per ucciderlo.
Era solo un incubo, si disse. Va tutto bene, era solo frutto della tua mente. Sei vivo, nessun mostro sta per ucciderti.
Ma Castiel era ancora preoccupato. Ignorò il dolore alla mano che Dean stringeva troppo forte e lo chiamò ancora: <<Dean, va tutto bene? Hai fatto un incubo?>>
Dean annuì, non riusciva a proferire parola.
<<Ti va di parlarmene davanti ad una tazza di caffè? Lo preparo io>>, propose Castiel.
Dean annuì ancora e si alzò dal letto senza lasciare la mano di Castiel. Era come se fosse in trance, non riusciva a tornare nella vita reale al cento per cento. Quel mostro lo aveva terrorizzato.
Mano nella mano con Castiel, si diresse verso la cucina e si sedette sul divano.
L'amico tolse le dita dalla stretta morsa di Dean, e andò a preparare un caffè per entrambi.
Non aveva la minima idea di dove fosse il caffè, o la macchinetta del caffè, ma aprendo tutti gli sportelli e i cassetti prima o poi li avrebbe trovati, no?
Dean continuava a fissare il vuoto. Era profondamente turbato da quell'incubo. Aveva sempre creduto che i sogni fossero solo una visione distorta di ciò che vogliamo, e gli incubi un'amplificazione di ciò che temiamo.
Da quando Sam era in ospedale, non era la prima volta che aveva gli incubi. Eppure, mai nulla lo aveva fatto sentire così. Sembrava qualcosa che lo toccava personalmente, qualcosa che veniva dal profondo del suo inconscio.
Si voltò verso Castiel. Era una fortuna che fosse con lui. Se fosse stato da solo, chissà come avrebbe affrontato questo shock. Anzi, se fosse stato da solo probabilmente l'incubo sarebbe continuato: ricordò che era stato Castiel a svegliarlo. Ed ora era stato anche così premuroso da alzarsi con lui e preparargli un caffè, quando quella stessa sera lo aveva anche accompagnato a casa.
<<Ecco qua, un bel caffè caldo fumante. Spero possa farti stare meglio>>
<<Scusami>> esordì Dean, la prima cosa che diceva dopo aver soltanto pronunciato il nome del suo amico appena sveglio. Castiel sembrò perplesso.
<<Per cosa?>> chiese infatti.
<<Per... per tutto questo. Prima mi accompagni a casa, poi ti svegli per aiutarmi e mi prepari anche il caffè, io... io non so come ringraziarti. Eppure praticamente non ci conosciamo, abbiamo parlato una volta, perché lo fai?>>.
Castiel scosse la testa in segno di dissenso. <<Dean, noi due sappiamo poco l'uno dell'altro, è vero, ma questo non significa che non possiamo diventare amici... si parte dalle piccole cose, come essere gentili e preparare un caffè. E poi, non dimenticare che tu mi stai ospitando a casa tua perché ti preoccupavi che potesse succedermi qualcosa, se fossi andato via da solo>>.
Dean annuì. Si parte dalle piccole cose. Si chiese come potessero delle piccole cose essere così grandi da farlo stare così tanto bene.

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Wow, com'è possibile che io abbia aggiornato dopo così poco tempo!! Non ci posso credere!
Όναρ σκιάς [Ò-nar skiàs]: sogno di un'ombra.
È una citazione di Pindaro, se può interessarvi in qualche modo: Pindaro è stato un poeta greco (ndr voli pindarici, è lui) che sapeva che l'uomo è un essere dall'esistenza effimera in confronto alla vastità del tempo. La sua citazione è "l'uomo è il sogno di un'ombra", per indicare che esso è talmente effimero da non essere un sogno, né un'ombra, ma il sogno di un'ombra.
Se lascerete voti e commenti mi migliorerete la giornata (che, giusto per fare due chiacchiere, sta andando di merda già alle dieci del mattino)
Grazie se continuate a seguirmi ♥

Eutychìa || DestielWhere stories live. Discover now