•Sýzeuxis•

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Dean si sentiva sempre più demoralizzato ogni giorno che passava. Era da tre mesi che ogni santo giorno andava in ospedale a parlare con suo fratello, e gli aveva raccontato tutto, dal primo incontro con Castiel, a tutti i giorni in cui aveva pensato a lui, a cosa gli piacesse di lui, al giorno in cui si erano rivisti, a com'era stato contento quando, qualche giorno prima, gli aveva lasciato il suo numero e lui gli aveva scritto poco dopo. Eppure sembrava che nulla riuscisse a smuoverlo da quel suo stato di trance. Non era come le persone schizofreniche, che avevano delle allucinazioni che trasportavano nel mondo reale, convinti che fossero vere. Era tutta un'altra storia, quella di Sam. Viveva in un mondo a parte, comunicava con le persone che vivevano nel suo mondo, non sentiva più chi c'era davvero con lui. I medici non avevano idea di cosa fare, Dean aveva accettato a far provare una nuova terapia sperimentale, ma sapeva già che non avrebbe funzionato. Sperava solo che un giorno sarebbe tornato alla vita normale, così come era caduto in quello stato.
Come al solito, arrivò l'infermiere a dirgli che doveva andarsene.
Uscì dall'ospedale con una grande voglia di ubriacarsi. Sapeva che la cosa migliore da fare sarebbe stata chiamare Castiel e parlargli, ma non si era ancora confidato con lui su cosa fosse accaduto a suo fratello, e poi a quell'ora Castiel era già al lavoro, non avrebbe potuto rispondere.
Però, pensò, sarebbe potuto andare al Black Sea e ubriacarsi ugualmente, vedendo anche Castiel. Due piccioni con una fava.
L'ospedale era a metà strada fra casa sua e il pub dove lavorava il suo amico, e dato che era andato a piedi fino all'ospedale, decise di avviarsi a piedi anche verso il Black Sea. Due passi all'aria fresca della sera di inizio maggio non gli avrebbero di certo fatto male. Magari lo avrebbero aiutato a schiarirsi le idee.

Castiel fu felice di vedere il suo amico seduto al bancone, infatti gli si avvicinò con un grande sorriso. Sorriso che si spense alla vista della sua faccia. Sembrava che gli fosse morto un parente, e si preoccupò.
<<Ehi Dean, tutto bene?>>
<<Cass. Sì, certo, tutto bene, è stato solo un pomeriggio impegnativo>> rispose Dean, cercando di mascherare le sue emozioni. Castiel, ovviamente, non gli credette.
<<Tu ti aspetti che creda ad un "pomeriggio impegnativo" quando tu hai quella faccia? Ma per piacere, con chi credi di star parlando?>>
Dean sospirò. Si conoscevano da poco, ma Castiel aveva già imparato ad interpretarlo.
<<Ascolta, Cass, non mi va di parlarne qui...>>
<<Vieni da me stasera. Ne parliamo davanti ad un caffè, come qualche sera fa. Casa mia è a due passi da qui, lo sai, e per me non è un problema ospitarti>>
Dean fece storie all'inizio, dicendo che non voleva disturbare e che non voleva essere un problema per Castiel, ma quando questi ribadì che non dava alcun disturbo e che a lui faceva piacere, si lasciò convincere. In fondo, nemmeno a Dean dispiaceva passare un'altra notte con Castiel. E poi, il giorno dopo era libero, quindi sarebbe potuto restare da lui finché non l'avesse cacciato.
Dean allora aspettò con pazienza che il turno di Castiel finisse e non si accorse di averlo fissato per tutta la sera. Ovunque andasse, i suoi occhi lo seguivano. Era magnetico. Tanto che ad un certo punto Ruby si tirò Castiel da parte: <<Amico, credo di aver capito perché quel tipo strafigo non ha voluto darmi il suo numero. Non ha la ragazza, è cotto di te, anzi devo dire proprio stracotto!>> e si allontanò tornando al suo lavoro senza aspettare una risposta di Castiel.
A Dean era passata persino la voglia di ubriacarsi. L'idea di passare quello che restava della notte con Castiel, anche solo a parlare, era molto più allettante di una mattinata con un mal di testa terribile da post-sbronza.

Anche la casa di Castiel era piuttosto modesta. Un bagno, una stanza da letto, una cucina e qualcosa che Dean pensò potesse definirsi come un mini salotto, con un divano letto, un tavolo ed una TV.
<<Avanti, metti su quel caffè, mi sa di averne bisogno>> disse Dean, sedendosi sul divano di Castiel.
Dean decise di farsi forza e di raccontare tutto a Castiel. Anche lui aveva bisogno di qualcuno con cui condividere i propri pesi, e confidarsi con Castiel gli sembrava davvero liberatorio. Gli disse di come da un momento all'altro Sam fosse impazzito, di come la sua ragazza l'avesse lasciato poco dopo, di come passasse due ore al giorno in quell'ospedale a parlare da solo nella speranza di farlo tornare nel mondo di tutti i giorni, e di come invece non funzionasse per niente.
Castiel ascoltò in silenzio tutto il tempo. Verso la fine, si azzardò a mettere la propria mano su quella di Dean, per confortarlo, e lui la prese nella propria, accettando il gesto di Castiel.
<<Sono contento che tu abbia voluto parlare con me, Dean, a volte è importante condividere le cose che ci fanno stare male con persone di cui ti fidi... e sono contento che tu ti fidi di me. Sai, l'avevo notato già al nostro primo incontro, che tu avessi un'ombra nello sguardo... qualcosa in cui mi rispecchiavo>>.
Anche Dean lo ricordava bene. E già che Castiel aveva tirato fuori il discorso, si azzardò a mandarlo avanti: <<Sì, Cass, ricordo anch'io di aver visto qualcosa in te. Però non saprei dire cosa. Sai che in qualsiasi momento tu voglia parlarmene, mi troverai aperto e disponibile ad ascoltarti>>.
Castiel sospirò.
<<Sai, Dean, quello che è successo a me... è qualcosa di molto grande. E grave. Non voglio darti il peso del mio passato>>.
<<Oh, avanti, Cass. Credi che non sarei disposto ad ascoltarti?>>.
Castiel non era sicuro di voler parlare con Dean. Nei giorni seguenti al loro ultimo incontro, avevano parlato molto per messaggio e Castiel aveva spesso pensato a come sarebbe stato se avesse raccontato tutto a Dean. Nella sua mente si erano formati due diversi scenari: in uno, Dean era addolorato dal discorso di Castiel, ma ne accettava il peso e restava con lui, nell'altro ne era deluso, o spaventato, o semplicemente non pronto ad affrontare il passato con Castiel, e andava via lasciandolo di nuovo solo. Quel secondo scenario lo spaventava a morte. Dean, in quel momento, era l'unica persona che gli dava speranza nella vita.
Parlare o non parlare? Rischiare tutto o rimandare ancora all'infinito? L'ultima volta che aveva rischiato era andata male. Ma Dean era lì, e gli teneva ancora la mano, si era confidato aprendosi totalmente con lui, con quale faccia tosta ora Castiel voleva chiudersi e non dire niente?
<<Cass, se non vuoi parlarmene non ti dico nulla, sta a te. Io non ti costringo. Sono qui, sia che tu voglia parlarmi sia che tu non voglia farlo>> disse, vedendo che Castiel restava in silenzio, e gli strinse quasi impercettibilmente la mano, ancora nella propria.
Se non affronti mai le tue paure, non le supererai mai pensò Castiel.
<<No, va bene Dean, te ne parlerò. Solo... promettimi che non smetterai di essermi amico dopo le mie confessioni>>.
Dean annuì e lasciò che, questa volta, fosse Castiel a parlare. Gli disse tutto dall'inizio. Gli disse di essere gay, di averlo rivelato alle persone sbagliate, gli disse di essere stato tradito da quelli che amava come fratelli, gli disse di quello che accadde settimane dopo la sua confessione. Gli disse di come era caduto in depressione dopo quel grave trauma. Gli disse di cosa gli avesse fatto tornare la voglia di cominciare qualcosa, ma gli disse anche di non esserne uscito davvero.
<<Perché, vedi, Dean, io non ho mai smesso di avere paura della gente. Non mi sono più accettato per come sono da quel giorno. Sono venuto qui per tornare a vivere, ma è tutto sempre così vuoto. Ho ancora paura delle persone, di dire chi sono, perché dopo quello che mi è capitato io... non riesco a parlarne. O almeno, non ci sono riuscito fino ad ora>> prese un profondo respiro. Dean fece per parlare, ma Castiel prese coraggio e si disse che se era riuscito a dire a Dean di quell'esperienza, poteva andare avanti ad affrontare il resto delle sue paure. Perciò, continuò: <<Ma soprattutto, Dean, ho paura di poter perdere te, perché sei mio amico... perché mi piaci. Mi piaci tanto e ho paura che tu possa sentirti oltraggiato da questa mia confessione e andare via. Ho paura perché sei l'unica persona con cui abbia parlato seriamente da anni, e se dovessi andartene tornerei nella solita vuotezza di sempre, mentre con te penso che possa valere la pena di restare vivo>>. Era praticamente senza fiato. Aveva detto tutto velocemente per impedire a Dean di interromperlo. Il ragazzo non gli aveva lasciato la mano, ed ora lo guardava sgomento.
Castiel fu terrorizzato. Ebbe il terrore di aver fatto un errore madornale a dichiararsi, sia sulla sua sessualità che sul suo interesse per Dean. Temeva che da un momento all'altro il ragazzo si sarebbe alzato e avrebbe varcato la sua porta uscendo per sempre da casa sua e dalla sua vita.
<<Cass.>> disse solo Dean. Il suo tono di voce era dolce, intriso di dolore.
Castiel lo guardò negli occhi, e vi scorse molte emozioni: sorpresa, empatia, comprensione, solidarietà. Affetto.
I due rimasero a fissarsi in silenzio, ancora le loro mani unite, i respiri pesanti, gli sguardi intrecciati.
Fu Dean a muoversi per primo.
Aveva ancora il caffè in mano, come anche Castiel. Senza dire niente, lasciò la mano del ragazzo e tolse la tazza dalla presa dell'amico. Si diresse in cucina e le posò entrambe nel lavello. Castiel lo seguì con lo sguardo.
Dean si voltò e tornò sul divano accanto a lui, ma questa volta, invece di prendergli la mano, gli afferrò il viso con entrambe le mani. Prima che Castiel potesse accorgersi di cosa stava succedendo, le sue labbra erano poggiate su quelle di Dean. Un'esplosione di emozioni scoppiò nel cuore di Castiel, che sentì un calore infondersi nel suo petto, e da lì a tutto il corpo. Ricambiò il bacio di Dean e si strinse a lui, dischiudendo le labbra e assaporando la dolce essenza di Dean. Per la prima volta dopo tanto tempo, Castiel si sentì vivo, sentiva che c'era qualcosa, qualcuno per cui valesse la pena andare avanti, con cui valesse la pena lottare e con cui avrebbe affrontato le difficoltà che la vita gli poneva davanti senza esserne più succube.
Quando le loro labbra si staccarono, si guardarono negli occhi senza dire nulla per qualche secondo. Castiel diede una carezza alla guancia di Dean, che si lasciò cullare dalla dolcezza di quel momento.
<<Non avere paura, Cass. Da adesso ci sono io con te>>.
Ma Castiel non aveva più paura. La paura era stata arsa dal calore di quel bacio, facendo spazio alla speranza e, finalmente, alla gioia.

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Σύζευξις [Siù-zeu-ksis]: stretta unione

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Eutychìa || DestielWhere stories live. Discover now