○Capitolo 4 - Pioggia e Troll.

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○Capitolo 4 – Pioggia e Troll.
 
Nei seguenti giorni la Compagnia rimase sempre all’erta nonostante non mancarono i battibecchi tra Fili e Kili o quelli tra Bofur e Bombur, ma tutto sommato non riscontrarono granché problemi ad arrivare al Brandivino. Da lì avrebbero lasciato il Verde Cammino per inoltrasi nel boschetto adiacente, tagliando per risparmiare giorni di marcia inutili.
Prima di attraversare il fiume, però, fecero una sosta per concedere alle loro membra un po’ di riposo e lavarsi via la stanchezza nelle acque limpide del fiume.
Mentre tutti i Nani si lasciavano trasportare dal divertimento dei più giovani che presero a ridere e scherzare mentre facevano il bagno, il piccolo Hobbit se ne stava accanto a Gandalf a fumare la pipa, cercando di non guardare nella loro direzione. Tredici Naninudi non era certo uno spettacolo che voleva gli rimanesse impresso per sempre nella mente!
Si guardò intorno alla ricerca dell’unica figura femminile di quella combriccola e quando non la trovò domandò a Gandalf dove fosse.
“Ah, Bilbo, non penserai mica che una giovane donna possa fare il bagno insieme a tredici Nani maschi?”
“N-no, no, certo che no!” Rispose quello, balbettando. Era diventato rosso come un pomodoro maturo al solo pensiero della giovane che nuotava nuda insieme a quella marmaglia di uomini pelosi.
Ma la cosa che lo sorprese di più era il fatto che se l’era immaginata nuda e questo lo fece vergognare ancora di più perché lui era uno Hobbit per bene e certi pensieri non avrebbero dovuto minimamente sfiorare la sua mente.
Si chiuse in un silenzio ostinato, offeso dallo scherzo poco divertente che i suoi pensieri gli avevano fatto e continuò a fumare la pipa senza più guardare nemmeno Gandalf che, poteva sentirlo, se la rideva sotto la lunga barba nel vederlo così imbarazzato.
 
“Ma guarda come si divertono!” Esclamò una voce allegra alla loro spalle e Bilbo per poco non si strozzò con la boccata di fumo che aveva appena dato.
Sentì le guance imporporarsi e non si volle voltare, impensierito dagli occhi di lei che potessero scorgere quel suo imbarazzo all’apparenza immotivato.
“Tu non te lo fai il bagno, mastro Hobbit?” Gli chiese Larya, questa volta la sua voce proveniva da davanti a lui e provò un certo sollievo nel veder spuntare ai suoi piedi un paio di stivali neri.
Si diede dello sciocco e rallentò il battito impazzito del suo cuore, alzando lo sguardo su lei.
Sobbalzò, suo malgrado, quando si ritrovò il suo volto troppo vicino. Larya si era piegata in avanti e stava sorridendo davanti alla sua faccia. I suoi enormi occhi scuri ridevano con le sue labbra.
I capelli lunghi erano sciolti e gocciolanti.
“I-io... veramente... ecco io...” Si diede dell’idiota. Ma che gli era preso? Balbettare in quel modo non era affatto da lui!
“Lo capisco, a volte ci vuole un po’ di privacy da quei chiassosi Nani turbolenti. Però, se vuoi, posso mostrarti il mio posticino appartato!” Larya sorrise e Gandalf osservò discretamente Bilbo arrossire fino alle orecchie.
“I-il t-tuo posticino a-appartato?” Balbettò ancora lo Hobbit. Ormai aveva abbassato lo sguardo e si stava torturando le mani in maniera convulsa.
Larya lo fece riprendere con una bella pacca sulla schiena e per poco la pipa non gli scivolò di mano.
“Avanti, non essere così teso! Scommetto che con un bel bagno ti sentiresti moooolto meglio!” La voce spensierata di lei gli fece intuire che non aveva la ben che minima idea di che cosa stesse passando.
Alla fine, dopo essersi fatto coraggio, seguì la giovane fin nel posto che aveva trovato più adatto a farsi il bagno senza essere vista da occhi indiscreti e lo mollò lì, da solo, dandogli tutta la privacy della quale aveva bisogno.
 
A fine giornata, più che rilassarli il bagno al fiume li aveva stremati; perfino Thorin si era divertito con i suoi compagni e infine avevano deciso che si sarebbero accampati lì per la notte.
Il primo turno di guardia spettò a Fili e Kili e con loro, anche la giovane rimase sveglia.
Lei, che aveva fatto il suo bel bagno in santa pace, si era rilassata da morire e le gambe le facevano meno male per il tempo passato a cavallo del pony.
“Aaah, fratello, non vedo l’ora di arrivare alla Montagna Solitaria!” Disse Kili, smuovendo la brace sotto al falò con un lungo bastoncino.
“Già, puoi ben dirlo.” Rispose Fili.
“Chissà se è ancora come se ne parla nei racconti e nelle canzoni antiche.” Considerò Larya, con lo sguardo fisso sulle fiamme e un’espressione indecifrabile sul volto.
“Che vuoi dire?” Chiese il biondo, corrugando la fronte.
Lei spostò lo sguardo su di lui, altalenandolo al viso del fratello. “Beh,” Esordì, stringendosi nelle spalle “non pensate che Smaug abbia potuto rovinare molti dei corridoi, bruciare gli arazzi, distruggere qualche muro? Insomma, un Drago ha una certa mole, non credete?”
I due la guardarono pensierosi.
All’unisono, si chiesero se quella giovane nascondesse qualcosa dietro a quel sorriso e quegli occhi profondi dentro i quali era difficile guardare a fondo.
“Sì, è probabile.” Disse infine Kili, sistemandosi meglio sul tronco sul quale erano seduti.
Larya tornò a guardare le fiamme; nella sua mente si stavano susseguendo le immagini narrate nei racconti, quelli che parlavano di come Smaug avesse spodestato Thror ed esiliato i Nani dalla propria terra, cacciandoli con ferocia e distruzione dalla propria casa.
Suo padre gliel’aveva raccontata spesso quella storia, anche se con il cuore pesante per le perdite subite.
Passarono un po’ di tempo in silenzio, rizzando le orecchie qual’ora un rumore si facesse troppo vicino o minaccioso. In realtà, solo qualche gufo che volava da un ramo all’altro e un paio di corvi che gracchiavano fra loro, niente di che.
“Senti, Larya, ti andrebbe di cacciare insieme la prossima volta?” Le disse Kili dopo un po’ e lei alzò lo sguardo di scatto sorridendo felice.
“Sì! Mi piacerebbe molto!” Esclamò, prima che dei passi li fecero voltare.
“Andate a riposare, tocca a me adesso.” La voce burbera di Dwalin sovrastò lo scoppiettare del fuocherello e quello si sedette dove prima stavano i due ragazzi, adesso in piedi accanto alla giovane Nana. “Anche tu.” Disse il Nano quando vide che lei non si era alzata.
Larya alzò gli occhi al cielo e gli fece una linguaccia, lasciandolo basito, per poi seguire i due giovani.
“Brrrrr!! Lontano dal fuoco di muore di freddo, non trovate?” Domandò lei, notando che i due si scambiarono uno sguardo d’intesa.
“Puoi dormire fra di noi, ti scalderemo con i nostri corpi.” Disse Fili, senza malizia nella voce.
Lei, per coprire un leggero imbarazzo, mise su un finto broncio. “Che proposta indecente, che mi fate, ragazzi.” Disse, poi li vide arrossire e allora rise sotto i baffi. “Stavo scherzando, accetto volentieri.”
Si sdraiarono sui loro mantelli ed entrambi i giovani Durin si strinsero al corpo di lei infondendole calore.
“Ma giù le mani, intesi? O ve le trincio.”
“Hey, ci credi dei pervertiti?” Domandò Kili, con tono offeso anche se il suo volto rideva.
“Non si sa mai.” Lei fece un’alzata di spalle, poi chiuse gli occhi e si accoccolò a loro, sprofondando nel mondo dei sogni.
Dal falò, Dwalin aveva osservato la scena con discrezione, senza farsi notare a fissarli.
Quella giovane sembrava così spensierata e allegra, ma secondo lui nascondeva qualcosa. Niente glielo avrebbe tolto dalla testa almeno finché non avesse scoperto cosa lei celava agli occhi degli altri.
Chissà, magari avrebbe scoperto che si era sbagliato, che era davvero una Nana aperta e sorridente, senza malizia o segreti...oppure no.
 
Il giorno seguente Fili si svegliò con il corpo di Larya appiccicato addosso e quello del fratello che abbracciava i loro.
Si sentì le guance bollire per quella posizione alquanto equivoca che poteva sembrare agli occhi degli altri.
Cercò di liberarsi dell’abbraccio di entrambi ma non appena si mosse, lei strinse la presa sulla sua giacca e affondò il volto nell’incavo del suo collo.
Allora Fili rimase immobile e attese, attese... e attese. Lei non disse nulla, il suo respiro era regolare e la mano aveva allentato progressivamente la presa così comprese che si era mossa nel sonno.
Sospirò, sollevato, e tentò nuovamente di muoversi. Questa volta riuscì a sgusciare via da lei e si mise a sedere, osservando il fratello che aveva la faccia completamente sepolta nel collo di lei che, invece, gli dava la schiena esattamente nella posizione di prima, come se stesse abbracciando ancora il corpo del biondo.
Quando anche gli altri Nani iniziarono a muoversi, mormorando e alzandosi dai loro giacigli, decise che era arrivato il momento di svegliare i due dormiglioni lì accanto.
La prima ad aprire gli occhi assonnati fu Larya che, non appena si accorse di avere Kili avvolto al suo corpo, se lo scrollò malamente di dosso, con le guance che le si imporporarono per l’imbarazzo.
“Ma che...” Kili si mise a sede con lo sguardo da ebete e ancora annebbiato dai sogni e si guardò intorno, notando solo quando mise bene a fuoco il volto della giovane che lei lo stava guardando scioccata.
“Mi ero raccomandata di non toccare!” Disse con voce un po’ troppo acuta.
“Ma io non ti ho toccata... o si?” Confuso, Kili cercò lo sguardo del fratello che dietro alla giovane se la stava ridendo da matti.
In più, ripensare a quello che lei aveva fatto con lui nel sonno lo faceva ridere ancora di più perché era esattamente quello si era ritrovata ad avere con Kili: un abbraccio stretto al suo corpo. Solo che, probabilmente, lei non sapeva di averlo fatto.
“La tua mano era sul mio... sul mio se... Oh insomma, la prossima volta ti taglio le mani, Kili, guardati le spalle!” Balbettò la Nana, alzandosi e raccogliendo il suo mantello in tutta fretta, con le guance porpora.
“Ma che ho fatto?” Domandò Kili, ancora spaesato, non avendo realizzato dove una delle sue mani stava abbracciando Larya mentre dormivano come bambini.
Fili allora si lasciò andare ad una risata di gusto, tenendo per sé l’accaduto di quella mattina.
 
La marcia, quel giorno, fu rallentata da una scrosciante pioggia che li rese infreddoliti e intirizziti, fradici fino al midollo, con i pony che puzzavano e le provviste che stavano prendendo acqua da tutte le direzioni.
Ci provò, Dori, a chiede a Gandalf se si poteva fare qualcosa per quella pioggia ma lo stregone rispose che altri Istari del suo ordine erano capaci in quello, ma non lui.
Bilbo notò con una certa aria divertita che Gandalf si era irritato ad ammettere di non saper fare qualcosa.
La pioggia, comunque, cadde incessante fino alle prime ore del pomeriggio, quando miracolosamente il cielo si schiarì e le nuvole si diradarono, lasciando alla Compagnia un po’ di tregua.
Si accamparono presto, in una piccola radura con una casa abbandonata e diroccata, dove il sole li colpiva in pieno e poteva permetter loro di asciugarsi almeno un po’.
Thorin e Gandalf si allontanarono discutendo di alcune questioni riguardanti la mappa, mentre gli altri presero a stendere i mantelli e le selle dei pony sui rami più bassi di alcuni alberi per farli asciugare.
Larya si liberò del mantello e della giacca, rimanendo solo con una maglia verde scuro. Sciolse la lunga treccia, liberando i capelli fradici in modo tale da farli asciugare più in fretta.
“Larya.” Quando si voltò, si ritrovò davanti il volto di Kili. “Volevo chiederti scusa. Sai, per stamattina. Ma davvero, non era mia intenz-”
“Oh, ma va, ti perdono. Ma solo perché stavi dormendo e non eri consapevole di dove mettevi le mani!” Lei gli fece l’occhiolino, mettendosi le mani sui fianchi, e il Nano distese i lineamenti con un bel sorriso.
Come una furia, proprio in quel momento Gandalf sfilò a passo pesante e con il volto offeso davanti a loro.
“Ma dove va?” Domandò Kili, curioso, rivolgendole uno sguardo interrogativo.
Lei alzò le mani scuotendo il capo, con la sua stessa espressione.
“Gandalf, aspetta! Non puoi lasciarci così!” Gridò Bilbo correndo appresso allo stregone.
Il vecchio dalla lunga barba bianca lo intimò di non seguirlo, alzando la voce mentre diceva che andava a passare del tempo con l’unico che aveva un po’ di buon senso in quella Compagnia: se stesso.
“Penso che nostro zio lo abbia fatto arrabbiare.” Disse Fili, avvicinandosi ai due.
“Oh, beh, uno stregone arrabbiato è meglio lontano che vicino, non trovate?” Disse Larya, senza voltarsi verso Fili, tornando ad armeggiare con i suoi capelli.
 
Quella sera, ai due giovani Durin fu affidato il compito di badare ai pony mentre Bombur si accingeva cucinare una minestra nel grosso calderone che si era portato appresso.
“Che profumino!” Mormorò la giovane, passando accanto al cuoco.
“Oh, aspetta di assaggiarlo!” Esclamò lui, mescolando il contenuto della pentola.
“Sono sicura che sarà squisito.” Sorrise lei, facendolo arrossire un po’.
Nel frattempo, si erano avvicinati tutti con le loro scodelle in mano, eccetto Thorin, Dwalin e Balin che stavano parlottando leggermente distanti dal gruppo.
Il sole era calato già da un po’ e dello stregone ancora nessuna traccia.
Bilbo si avvicinò ai suoi compagni di viaggio con lo stomaco che gorgogliava.
“Ah, Bilbo, porteresti questi ai ragazzi, per favore?” Gli disse subito Bofur, approfittando del fatto ch’egli avesse le mani libere.
Con un sospiro rasseganto, lo Hobbit sparì tra gli alberi laddove Fili e Kili stavanotenendo d’occhio i pony.
“Ecco a te.” Nori passò la sua ciotola a Larya che gli sorrise, dando una cucchiaiata di minestra che le scaldò le membra ancora un po’ infreddolite per la pioggia di quella mattina.
Si era nuovamente legata i capelli nella sua usuale treccia da un lato e stava degustando il suo piatto in santa pace, ridendo e scherzando con gli altri, quando Fili e Kili arrivarono di corsa annunciando che deiTroll avevano catturato Bilbo e stavano per mangiarlo insieme ai loro pony.
Corsero tutti alle armi, abbandonando il cibo – tutti eccetto Bombur che si tracannò la minestra in un sol sorso – e si precipitarono dietro ai due ragazzi alla volta dei tre grossi Troll di montagna.
Si accanirono su di loro non appena li videro afferrare Bilbo per un piede e farlo penzolare a mezz’aria, ma le loro armi non riuscirono a scalfire granché la pelle dura e spessa di quei mostri.
Alla fine, minacciando di strappare tutti e quattro gli arti al povero Hobbit terrorizzato, i Nani gettarono le armi e furono loro malgrado catturati e messi dentro a dei sacchi di iuta.
Alcuni di loro, i più sfortunati, vennero messi a rosolare su un enorme spiedo che facevano girare sopra il grande falò che avevano acceso in precedenza i Troll.
“Lasciatemi, lasciatemi andare stupide creature senza cervello!” Il grido di Larya fece voltare molte teste.
Una delle tre creature l’aveva presa per un piede, nell’esatta posizione in cui poco prima avevano messo Bilbo e la stavano osservando con curiosità.
“Cosa ci fa una graziosa ragazzina come te in mezzo a questi Nani?” Le chiese, facendole arricciare il naso per quanto il suo alito era abominevole.
“Questi non sono affari vostri! Rimettimi giù, adesso!” Larya cercò di divincolarsi inutilmente.
“Avanti, Berto, mangiala. Che ti importa del perché è con loro, la carne delle donne è ancora più succulenta di quella degli uomini.” Disse un altro dei tre, quello che sembrava il capo.
“Ma questa qui è tutta ossa, come pensi che potrò sentire il sapore della sua carne succulenta?” Domandò Berto, rivolto all’altro.
“Hey!” Protestò Larya, rimanendo però ignorata.
“Infatti me la mangerò io, tutta in un sol boccone.” Rispose il Troll di nome Maso.
“Eh no, Maso, perché devi sempre avere tu le prede più buone?” Si lamentò il terzo di loro, mentre continuava a girare imperterrito lo spiedo.
“Quanto siete noiosi. Questa donna ce l’ho in mano io e me la pappo io!” Esclamò allora Berto, aprendo la bocca per mangiarla, ma Maso gli afferrò il braccio e la povera Nana venne sballottata di qui e di là, ringraziando Mahal che non aveva finito la zuppa o l’avrebbe rimessa tutta.
“Mi fate la grazia di smetterla di parlare come se io non ci fossi?” Disse, tentando di tirarsi su con la testa.
Le stava andando il sangue al cervello e cominciava a sentire le palpebre pesanti.
“Stai zitta tu!” Disse il Troll che la teneva in mano, poi Guglielmo, quello addetto allo spiedo, gli tirò un pugno sul braccio e quello aprì la mano per riflesso al dolore e Larya cadde a terra. Fortuna volle che finisse sui corpi dei suoi compagni e il danno fu limitato.
“Oh, grazie al cielo...” Mormorò, ritrovandosi sdraiata sul giovane Ori. “Scusa, spero di non averti fatto tanto male.” Disse poi, massaggiandosi la schiena.
Nel frattempo, i tre Troll avevano smesso di litigare e uno di loro aveva afferrato Bombur, ritenendolo il più grasso e quindi il più buono.
Alla fine, mentre blateravano, si fecero scappare che la luce dell’alba li avrebbe fatti tramutare in pietra e Bilbo decise allora di farsi avanti, prendendo più tempo possibile.
Infine, grazie all’intervento di Thorin, i Nani compresero il suo piano e iniziarono a gridare di essere affetti dai più grossi parassiti mai visti prima di allora nella Terra di Mezzo e questo portò i tre Troll a distrarsi, non accorgendosi che le prime luci si stavano facendo strada nella notte.
Il colpo di grazia, comunque, lo diede Gandalf.
Grazie a lui, il sole colpì in pieno i tre mostri che presto si trasformarono in fredda pietra dalle loro sembianze.

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