○Capitolo 7 - Questa degli Orchi è la città!

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Capitolo 7 – Questa degli Orchi è la città!
 
Trovarono rifugio in una grotta che all’apparenza sembrava sicura e disabitata, dopo che erano stati sballottati a destra e a sinistra da dei Giganti di pietra che avevano imbracciato una lotta tra di loro causando un terribile temporale del quale i Nani furono vittime.
Erano stati divisi e parte di loro per poco non era rimasta spiaccicata sulla pietra della montagna quando uno dei Giganti era caduto sbattendovi sopra.
Bilbo, in tutto ciò, era quello che aveva rischiato più di tutti: era finito appeso per una mano alla roccia bagnata e se non fosse stato per Thorin a quell’ora il suo corpo sarebbe stato in fondo al precipizio.
Questo aveva causato del risentimento da parte del Nano che gli si era rivoltato contro con parole dure, facendolo sentire malissimo.
Adesso, il Mezzuomo, zuppo come un pulcino, se ne stava accovacciato in un angolino con lo sguardo pensieroso e incupito. Non aveva il coraggio di guardare i suoi compagni, così teneva gli occhi bassi sulle proprie ginocchia.
“Hey, Bilbo.” Larya si sedette accanto a lui e gli diede una spintarella sulla spalla.
Lui sospirò e la guardò. Era tutta bagnata, con la treccia appiccicata al collo e il viso pallido, tremava e aveva delle leggere occhiaie sotto agli occhi scuri.
“Dai, non essere così abbattuto. Sono sicura che Thorin non voleva dirti quelle cose. Ha solo avuto paura di perderti e anche io.” Gli disse ancora lei, sorridendogli dolcemente.
Allo Hobbit venne da piangere e nonostante gli si annacquarono gli occhi cercò di non far scendere nemmeno una lacrima davanti al suo sorriso.
Si chiese come un’anima così gentile potesse appartenere ad una razza tanto rozza e turbolenta.
“Siamo sentimentali, eh?” Lo canzonò Larya, ridendo di lui con fare affettuoso.
 
Fràin si sedette a terra accanto a Dwalin, strizzandosi il mantello.
Il Nano di fianco a lui lo osservò puntare uno strano sguardo verso la sorella, poi distolse la sua attenzione da lui e la puntò invece su di lei.
Si era allontanata da Bilbo e adesso stava parlottando con Fili e Kili, sorrideva, come al solito, con i capelli gocciolanti e i vestiti bagnati appiccicati addosso.
Fràin si mosse sul posto, attirando la sua attenzione. Non riusciva a capire se la guardava infastidito o addirittura congelosia.
Durante lo scontro tra le creature di pietra l’aveva stretta a sé per non farla cadere, ma lei si era divincolata non appena si erano messi in salvo per correre a sincerarsi delle condizioni dell’altra parte di Compagnia che era finita a terra dopo la caduta di uno di quelli.
Ad ogni modo, Dwalin si ripromise di tenere d’occhio entrambi i fratelli, per sicurezza.
 
“Sareste così gentili da prestarmi un po’ del vostro calore, stanotte, ragazzi?” Disse Larya, stringendosi nelle spalle tutta infreddolita.
Thorin aveva vietato loro di accendere il fuoco e così dovettero tentare di scaldarsi come potevano.
Oh, ma che proposte indecenti che ci fai, Larya!” Le fece il verso Kili, ricordandosi le sue parole quando glielo avevano proposto loro nel bosco accanto al Brandivino.
Lei gli fece la linguaccia. Barcollò per un istante, ritornando saldamente in equilibrio dopo essere indietreggiata di un passo.
“Certo che te lo prestiamo, il nostro calore.” Rise il moro, rispondendo alla sua smorfia.
“Mmh... non mi fido molto di te, a dire il vero...” Larya lo guardò pensierosa, grattandosi il mento. Quella frase più la faccia che fece suo fratello scaturirono in Fili una risata del tutto divertita.
“Riposate, adesso. Bofur, primo turno di guardia.” Disse Thorin, nel frattempo, mettendo tutti a tacere.
“Prometto che non ti toccherò, nemmeno nel sonno.” Le sussurrò Kili, finto offeso.
“Lo spero per te. O dovrai subirti anche l’ira di mio fratello oltre alla mia.”
I tre si stesero vicini e Larya fu avvolta negli abbracci dei giovani Durin.
Per comodità, lei voltò il capo dal lato dove non aveva la treccia, ritrovandosi la spalla di Fili a farle da cuscino.
Chiuse gli occhi e il suo respiro divenne quasi subito regolare. Era stremata e aveva una spossatezza addosso che solo Mahal sapeva. Voleva solo dormire.
Il biondo arrossì un po’ e si azzardò a stringere leggermente la presa sui suoi fianchi.
Lei non disse nulla né si scansò e questo poté solo che fargli piacere.
Il braccio ferito se lo era appoggiato sullo stomaco e Fili si prese un momento per osservarlo. Quella fasciatura oramai era logora e non osava immaginare il dolore che lei potesse sentire, anche se all’apparenza sembrava stare bene.
Aveva notato più volte, nel corso del viaggio, che nascondeva bene tutte le sue emozioni dietro ai suoi larghi sorrisi, ma aveva anche fatto caso che spesso e volentieri i suoi occhi non erano felici mentre lo faceva.
Era preoccupato per lei, questo lo capiva benissimo, e si ripromise che il giorno dopo l’avrebbe spinta a farsi dare un’occhiata da Oin, anche perché non gli piaceva per niente il fatto che fosse pallida come un lenzuolo bianco né che le stessero venendo due occhiaie violacee sotto agli occhi. Inoltre la sentiva tremare addosso a sé e non era del tutto certo che fosse solo per via del freddo.
 
Fu un attimo.
Il terreno si aprì sotto di loro e non ebbero nemmeno il tempo di realizzare che stavano cadendo nel vuoto.
Finirono gli uni sopra agli altri in una grande caverna piena di pontili di legno e scalette a pioli e sentieri scavati direttamente nella pietra.
“Larya!” La voce di Fràin sovrastò le altre e arrancando tra i corpi dei compagni riuscì a raggiungere la sorella. La trovò in mezzo ai due giovani fratelli che si teneva il braccio fasciato con il volto che era una maschera di dolore e gli occhi colmi di lacrime.
“Arrivano!” Gridò Bombur in quel momento, tuttavia non fecero in tempo a mettere mano alle armi poiché un numero assai elevato di Goblin li catturò e li trascinò su uno dei sentieri fino ad un grosso trono scavato nella roccia, dove sedeva il più grosso, grasso e brutto Goblin che i Nani avessero mai visto, tutto ciccia e pustole. Uno spettacolo disgustoso, da far accapponare la pelle.
“Chi osa entrare armato nel mio regno?” Domandò e si stupì quando un suo servitore gli disse che erano Nani.
Li riempì di domande alle quali nessuno rispose.
Larya se ne strava pressata tra Fràin, Kili e Fili, che erano miracolosamente riusciti a rimanere vicini.
Il braccio le doleva da morire a tal punto che avrebbe voluto tagliarselo e togliersi il pensiero.
Notò con fastidio che il sangue ora non era solamente sulla fasciatura, ma le scendeva sul gomito e gocciolava a terra, mentre se lo teneva stretto al petto.
“Larya...” Mormorò Fili, sorreggendola per le spalle.
“Va tutto bene, Fili, sto bene.” Disse lei, anche se sembrava in procinto di vomitare.
Fràin guardò preoccupato gli altri due ma proprio in quel momento si voltarono verso Thorin che si stava facendo avanti.
Il Grande Goblin lo riconobbe e con stupore di tutti inviò un messaggio all’Orco Pallidodicendo di aver trovato la sua preda.
“Credevi che i suoi giorni da Profanatore fossero terminati?” Aveva riso il Re dei Goblin.
Larya guardò Balin e nella sua mente rivide lo sguardo che si era scambiato con Gandalf la prima sera del loro viaggio e il dubbio che si era insinuato nella sua testa dopo averlo notato.
Aveva pensato bene, si disse. C’era qualcosa che Balin e Gandalf sapevano della quale Thorin era all’oscuro: Azog era ancora vivo.
 
Mentre attendevano l’arrivo dello Spezza Ossa, il Grande Goblin aveva iniziato a saltellare cantando una stonatissima canzone; le piccole creaturine sue servitrici iniziarono ad afferrare le armi dei Nani ma quando sfoderarono Orcrist, la Fendiorchi di Thorin, essi ebbero così paura che il loro capo diede l’ordine di ucciderli seduta stante.
Ci pensò Gandalf a salvarli, con la sua incredibile puntualità.
“Imbracciate le armi! Combattete!” Gridò lo stregone e i Nani si fiondarono a recuperare le proprie cose.
“Ce la fai?” Kili si avvicinò a Larya ma lei lo scansò, annuendo.
“Non ti preoccupare per me. Pensa a salvare te stesso.” Rispose lei, sorridendogli.
Incredibile che anche in quel momento riuscisse a sorridere.
 
I Nani fuggirono, abbattendo Goblin a destra e manca, respingendoli in tutti i modi possibili: Kili ne intrappolò alcuni in una scala a pioli e li gettò dal ponte che stavano attraversando; Bombur li respingeva sia con l’ascia sia con la sua stazza, prendendoli a panzate e spingendoli giù aiutato dalla forza d’urto.
Fràin restò tutto il tempo accanto alla sorella; seppur lei fosse dolorante e niente avesse evitato che le si rigassero le guance di lacrime per quanto stesse soffrendo, Larya tentava comunque di menare fendenti con la sua spada, respingendo quanti più nemici riuciva e si dette un attimo di tregua solamente quando la loro corsa venne arrestata dal Grande Goblin in tutta la sua orrida persona.
“Non potete fuggire dalla mia città!” Rise quello, ma Gandalf fu più furbo e approfittò del momento per tagliargli la gola.
Quando il corpo del mostro cadde con tutto il suo peso sul ponte dove sostavano i Nani, questo si ruppe e loro caddero scivolando sulla pietra e finendo gli uni sopra agli altri, con tanto di colpo di grazia dato dal corpo del Grande Goblin che gli precipitò addosso.
“Arrivano!” Gridò Kili in quel momento, proprio quando vide un’orda di quelle schifose creature correre dalla loro parte.
“Presto, presto, fuori di qui!” Gandalf acchiappò per il colletto i Nani più vicini e li spinse a correre.
Fràin trascinò Larya per il braccio buono finché non giunsero fuori dalla caverna. I Goblin non li seguirono, se solo lo avessero fatto si sarebbero tramutati in pietra proprio come i tre Troll di montagna di qualche settimana prima.
Mentre Gandalf li contava uno ad uno, si accorse che Bilbo non era con loro e iniziò ad inveire contro i Nani per averlo perso.
Thorin usò parole dure per dire la sua, cioè che Bilbo era scappato, tornandosene a casa.
Ma quelle parole gli costarono un minuto buono di vergogna poiché lo Hobbit sbucò magicamente da dietro un albero e gli disse che sì, era vero che pensava spesso a casa Baggins, ma era rimasto perché voleva aiutare loro a riavere la propria, di casa.
 
“Come stai? Dannazione, sanguini molto.” Fràin afferrò il braccio di Larya e vi legò intorno un pezzo di stoffa che strappò dal suo mantello ormai logoro.
“Sto bene, Fràin.” Ripeté ancora lei, asciugandosi le lacrime che avevano smesso di scendere. Tremava in maniera eccessiva e non piacque affatto al fratello.
“Smettila di ripeterlo. Vuoi convincere me o te stessa? Perché con me non sta funzionando. Ti conosco troppo bene per non capire che stai soffrendo molto.”
Larya abbozzò un sorriso verso il fratello. Aveva ragione Fràin, con lui non l’aveva mai fatta franca quando diceva le bugie. In un certo senso erano un po’ come Fili e Kili, bastava uno sguardo per comprendersi.
 
All’improvviso un ruggito fendette l’aria e presto capirono che erano finiti dalla padella alla brace...

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