○Capitolo 20 - Raccogliere i pezzi.

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Capitolo 20 – Raccogliere i pezzi.
 
Immagini confuse si susseguivano nella sua mente in un turbine impazzito.
Rumori e suoni di ogni tipo gli assordavano le orecchie, impedendogli di capire con chiarezza cosa fossero, a cosa fossero legate, a chi appartenevano le voci che sentiva in sottofondo.
Sembrava cantassero.
Canzoni allegre riempirono gli spazi, poi il clangore delle spade e grida di lotta si sostituirono ad esse.
In piccoli flash scorse un sorriso, una lunga treccia bionda tutta sfatta, due occhi scuri che lo osservavano ridenti.
Chi era?
Quell’immagine svanì, sostituita da altre confuse e veloci.
Poi vide nero, rosso e di nuovo nero.
Gli sembrò di poter percepire la terra fresca sotto i polpastrelli, il sapore della pioggia sulle labbra e di udire il ticchettio di essa sul terreno, molto vicino alle sue orecchie.
Ma poi, altre voci affollarono la sua testa –stava impazzendo – sovrastando il resto.
Quello che sentiva ora sotto le dita era la morbidezza della pelle di qualcun altro.
Chi era?
Di nuovo, quel sorriso gli affiorò alla mente, più nitido seppur sempre sfocato.
Vide quelle labbra sottili muoversi, pronunciare parole che non riusciva a sentire.
Poi, i suoi occhi, profondi e scuri come la notte lo catturarono, lo rapirono, lo scrutarono fin dentro l’anima da dietro le lunghe ciglia bionde.
Chi era?
Perché non riusciva a ricordare?
Cos’era successo?
Era forse morto?
Stava forse sognando?
Era un incubo, quello?
Doveva esserlo.
Lentamente, il volto di quella giovane donna gli apparve sempre più nitido.
La sentì ridere, un riso che presto si tramutò in pianto, rabbia, sangue prese a scorrerle sul viso da una ferita alla tempia.
Voleva fare qualcosa, aiutarla, ma come?
Non percepiva più il suo corpo.
Le sue mani non stavano toccando nulla e i suoi occhi... i suoi occhi stavano veramente vedendo? Le sue orecchie stavano veramente ascoltando?
Poi tutto venne avvolto da una luce bianca, accecante, e l’ultima cosa che vide prima che tutto divenne di nuovo oscurità, furono gli occhi di lei che lasciavano cadere copiose lacrime di dolore.
 
 
 
Aprì gli occhi.
Ricordava.
Ricordava ogni cosa.
Ricordava di essere stato colpito e di aver perso i sensi.
Si ricordava di lei.
E ora lo sapeva, sì, ne era certo: quello sguardo non avrebbe mai più lasciato il suo cuore.
Perché? Si chiese, perché era andata in quel modo?
Perché Larya lo aveva lasciato?
Perché lui aveva permesso che accadesse?
Non gli era stato accanto, non l’aveva protetta e ora lei era morta.
L’aveva vista cadere accanto al corpo di suo fratello con la schiena infilzata da frecce.
Strinse i pugni, maledetti Orchimaledetta guerra! pensò.
Gliel’avevano strappa via, gli aveva tolto la donna che amava.
Il suo sorriso, nitido nella sua mente, era un ricordo doloroso quasi a livello fisico.
Perché Mahal aveva permesso che Larya fosse portata via da lui?
 
“Fili...” La voce di Kili interruppe i suoi pensieri e voltò il capo verso di lui. Solo in quel momento si rese conto di dov’era: una tenda che si sviluppava in lunghezza con Nani ed Elfi feriti distesi su brande come la sua.
Provò a muoversi, ma non ci riuscì.
“Hai una gamba immobilizzata.” Gli disse il moro, alzando il suo braccio sinistro per mostrargli le sue bende.
“Come stai?” Gli chiese, con voce rauca. Aveva la gola secca e una gran sete. Poteva sentire le labbra screpolate e ruvide.
“A parte un braccio rotto, sono messo meglio di altri. Tu piuttosto, come ti senti? Hai dormito per tre giorni. Temevo non ti risvegliassi più.”
Alle parole di Kili, il biondo sgranò gli occhi.
“Tre giorni?” Chiese, mentre l’altro si tirava su a sedere per guardarlo meglio.
“La tua ferita era profonda, ci sono voluti molti punti e in più la lama era avvelenata. Ma sapevo che ce l’avresti fatta. Mio fratello è un osso duro!” Spiegò il giovane, sorridendogli appena.
“Come stanno gli altri?” Domandò Fili, rimanendo sul vago. Temeva la risposta che poteva dargli suo fratello, anche se sapeva la verità: Larya era morta. Tre giorni erano passati ormai. E lui non le aveva detto addio.
“Stanno tutti bene, non preoccuparti. Però... qualcuno non ce l’ha fatta.”
A Fili balzò il cuore in gola. “Chi?” Fece, mentre il battito accelerava e lui si preparava a sentire quelle parole.
“Thorin è caduto in battaglia...” Gli disse lui.
Il mondo si fermò per un istante.
Si era aspettato di sentire il nome di Larya lasciare le labbra di suo fratello e invece Kili aveva detto Thorin.
Gli si strinse un nodo alla gola. “Non meritava di morire.” Disse solo, reprimendo con forza le lacrime.
“Mi dispiace...” Mormorò l’altro, tirando su col naso.
Ci fu un momento di silenzio in cui Kili lasciò che il fratello assimilasse la terribile notizia e rendesse omaggio alla sua memoria come poteva.
“C’è anche un’altra cosa che devi sapere.” Disse il moro d’un tratto, alzando gli occhi per incontrare quelli di suo fratello. “Si tratta di Larya...”
Ecco che il nodo alla gola di Fili si fece più stretto, opprimente, quasi lo soffocò.
“Io...” Disse, non riuscendo guardarlo in faccia. “Io l’ho vista cadere, Kili. L’ho vista morire. Non c’è bisogno che tu dica niente.”
“Fili...” Tentò di interromperlo l’altro, ma lui gli fece cenno di fare silenzio.
“Sto bene. Sapevo che avrebbe potuto non farcela. Se Mahal ha deciso così, così deve essere. Ma almeno, sai, mi rincuora pensare che non sia sola, che sia con suo Fràin adesso.” Gli occhi gli si appannarono ma ancora una volta ricacciò indietro le lacrime.
Era troppo arrabbiato con se stesso per piangere la sua grave perdita.
“Fili, mi vuoi stare a sentire?!” Kili alzò la voce e catturò il suo sguardo. “Larya non è affatto morta!” Esclamò, e vide cambiare l’espressione del fratello in una di totale stupore.
“Ma... io l’ho vista morire.” Ribatté Fili, non capacitandosi di come potesse essere ancora viva dopo quello che era successo. Era caduta a terra davanti ai suoi occhi, sanguinante, sfinita. Come poteva essere sopravvissuta alle sue ferite?
“Ascoltami: Larya è ancora viva. Tuttavia le frecce che l’hanno colpita alla schiena erano avvelenate come la daga che ha ferito la tua gamba. I guaritori, compreso Oin, hanno detto che potrebbe farcela, deve solo continuare a lottare perché... a differenza tua, non si è ancora risvegliata.”
Il biondo non credette alle sue orecchie. La sua Larya... “Voglio andare da lei.” Fece per alzarsi ma Kili lo fermò.
“Non puoi muoverti. Per ora, almeno.”
“Larya sta lottando per la vita e io voglio esserle accanto. Non sarà questa maledetta gamba a fermarmi!” Fili si infervorò e si tolse la mano del fratello dalla spalla e tentò nuovamente di mettersi in piedi ma come si poggiò a terra, il peso del suo corpo non venne retto e la gamba cedette. Fortunatamente Kili era in piedi davanti a lui e lo sorresse, aiutandolo e sdraiarsi di nuovo.
“Non c’è niente che tu possa fare per lei, ora. Devi riposare o non guarirai e non potrai andare a vederla nemmeno tra qualche giorno. Credimi, Fili, è meglio così.”
Con riluttanza, il giovane si lasciò adagiare sulla branda.
“Tu puoi camminare, no? Dimmi, l’hai vista?” Dopo che gli fece quella domanda, il volto del moro si contrasse in una smorfia prima di annuire.
“Non ha un bell’aspetto. Nemmeno tu lo hai a dire la verità. Ma lei è...”
“Continua! Voglio saperlo.” Lo incalzò il Nano.
“Non la riconosceresti. È scavata, pallida, ha due occhiaie così scure che la fanno sembrare morta. Ed’è molto debole. Non sta bene. Non sanno quanto ci vorrà prima che si risvegli, se lo farà... il veleno era molto forte e le frecce sono entrate in profondità. Oin e i guaritori elfici stanno facendo tutto il possibile ma dipende solo da lei.” Gli si strinse il cuore nel dirgli quelle parole.
Fili invece non disse niente.
Lasciò che le lacrime scivolassero via questa volta, senza fermarle.
Ti prego, Mahal, non portarmela via.
Larya, combatti, vivi. 
Non lasciarmi.

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