Capitolo 14.

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"Mi vuoi spiegare che cazzo ti prende?!" Stuart sbottò spingendolo per le spalle. "Non si interrompono i servizi, sai le regole!" Continuò a rimproverarlo. "Ti rendi conto che ti farai cacciare?" Chiese poi in un sussurro sprezzante, avvicinandosi al suo orecchio.

Louis si stava vestendo cercando di ignorare le sue prediche. Era nel pieno di un servizio quando gli arrivò il messaggio, lesse di sfuggita il destinatario e qualcosa gli scattò dentro, al centro del petto. Liquidò il cliente con un leggero rimborso, scusandosi, e cominciò a vestirsi.

"Razza di idiota hai intenzione di rispondermi!?" Stuart continuava a guardarlo male, Louis si puntò gli occhiali sul naso e alzò lo sguardo su di lui, serio, ormai vestito e pronto per andarsene.

"Mi presti l'auto?" Chiese tranquillo, lasciando l'amico spiazzato e ancor più incazzato di prima. Stuart lo guardò con una smorfia di disapprovazione, poi gli lanciò le chiavi addosso, stanco di chiedere spiegazioni invano.

Louis fece un piccolo sorriso e, prima di andarsene, disse: "Ti passo a prendere più tardi, grazie" Ed era davvero grato per avergli prestato la macchina, anche se è difficile pensarlo.

Lungo il tragitto dal The Faultline fino alla confraternita gli passarono talmente tante cose per la testa che la metà sarebbe bastata.

Che significava che Harry aveva bisogno di lui? In che senso e sotto che fronte?

La cosa peggiore, poi, era che quelle semplici parole senza alcun tipo di spiegazione erano riuscite e a farlo sfrecciare via verso la confraternita, senza neanche pensarci due volte.

Harry aveva bisogno di lui, non c'era bisogno di spiegazioni.

O almeno così si era ridotto a pensare, ma comunque si rendeva conto che la situazione stava diventando talmente ridicola da poter essere paragonata a quelle storielle scritte su internet.

Si era ripromesso che avrebbe dato giusto un'occhiata e poi se ne sarebbe ritornato a lavoro proprio quando parcheggiò davanti la grande casa.

C'erano molte altre macchine e la musica si poteva già sentire dall'esterno: un'altra festa, ecco cosa pensò Louis.

La cosa lo toccò poco, avrebbe dovuto soltanto trovare Harry e capire che accidenti voleva, poi, come aveva appunto deciso prima, se ne sarebbe andato via.

Entrò nella casa pullulante di ragazze e ragazzi dell'UCLA, tutti ubriachi fradici, ballavano e si baciavano e bevevano da far schifo, uno addosso all'altro. Nessuno si accorse della sua presenza, così cercò velocemente Harry tra le sagome del pianterreno, poi decise di salire le scale e incamminarsi verso quella che doveva essere la sua stanza.

Passò in mezzo alla gente cercando di farsi toccare il meno possibile e di dare poco nell'occhio, camminò rapido per il lungo corridoio di stanze e si piazzò davanti quella di Harry.

Bussò una volta, una seconda e infine cercò di forzare la maniglia.

"Harry, apri! Sono Louis!" Sbottò poi, iniziando ad innervosirsi appena. Sentì la serratura sbloccarsi, ma la porta rimase chiusa.

Rimase qualche istante fermo, con un sopracciglio alzato, poi decise di entrare.

Ai suoi occhi apparve una stanza completamente diversa da quella che aveva visto durante le settimane prima: vestiti ovunque, cartoni di pizza sparsi per tutto il pavimento e bottiglie di birra terminate sul letto, sul comodino e sopra la piccola scrivania.

Si guardò intorno spiazzato e si avvicinò lentamente al letto, con cautela.

"Harry?" Chiese, con una nota di preoccupazione nel tono della voce. Il riccio stava sotto le lenzuola, con gli occhi chiusi e i capelli a coprirli gran parte del viso.

WHY DON'T YOU KISS ME? - LARRY STYLINSONWhere stories live. Discover now