CAPITOLO 14
Oggi è domenica. Sono passati diversi giorni dal mio litigio con Leo e non ne posso più di questa situazione. Non avevo mai litigato con lui. Mi manca un sacco nonostante viviamo sotto lo stesso tetto. Mi mancano le sue battute, i suoi abbracci, mi manca qualcuno che si preoccupi per me, mi mancano persino i suoi prelibati manicaretti. Mi manca tutto di lui.
Metto lo zoom ai problemi e poi si ingrandiscono .(NICE PIC Emis Killa) Ancora una volta Emis ha ragione. Tendo sempre ad ingigantire i miei problemi. Voglio mettere fine a questa storia. Esco dalla mia stanza.
-Hey- dico affacciandomi alla porta dalla camera di Leo.
-Ciao- dice lui non togliendo gli occhi dal computer.
-Posso entrare?- chiedo titubante.
Lui alza le spalle. Cavolo però! Io vado da lui per cercare di fare pace, ma se lui continua così non mi aiuta per niente. Entro e mi guardo intorno. Mi è mancata la sua stanza. Mi siedo sul suo letto.
-Che vuoi?- chiede freddo.
Prendo una ciocca di capelli e inizio ad arrotolarmela sull'indice. Sono nervosa perché non so come iniziare.
-Che c'è? Quello stronzo ti ha mollata?- dice lui ironico. Non l'avevo mai visto comportarsi così. Non rispondo.
-Avevo perfettamente ragione, ma tu eri troppo ottusa per credermi- dice con aria da saputello. Mi alzo ed esco dalla sua stanza. Ero andata da lui per fare pace, ma ora sono più arrabbiata di prima. Mi butto sul letto e mi copro la testa col cuscino. Non voglio piangere. Devo essere coraggiosa. Non posso dargliela vinta. Presto gli occhi si appannano e le lacrime iniziano ad uscire sempre più frequenti. Sento bussare alla porta. Non rispondo. Chiunque sia se ne andrà prima o poi. Dopo alcuni minuti bussano di nuovo. Mi asciugo gli occhi con il dorso della mano e vado ad aprire. È Leonardo. Gli sbatto la porta in faccia ancora prima che possa aprire bocca. Mi risiedo sul letto e la porta si spalanca.
-Milla lasciami parlare- dice mio fratello entrando in stanza.
-Troppo tardi- dico.
-Ma...
-Esci- dico ancora troppo arrabbiata.
-Io sono venuto per chiederti scusa.
-Leo?
-Si?
-Va al diavolo- dico scandendo ogni singola parola. Lui sbuffa ed esce dalla stanza. Complimenti Camilla, hai rovinato tutto. Questa era l'occasione migliore per chiarire con lui e tu l'hai sciupata a causa del tuo orgoglio. Non ce la faccio più a passare il tempo fra queste quattro mura. Ho bisogno di uscire. Mi pettino, metto le scarpe, prendo la borsa. Vado in salotto dove il papà sta guardando la Tv.
-Papy?
-Di cosa hai bisogno Camy?
Come ha fatto a capire che ho bisogno di lui? I genitori non li capirò mai.
-Mi porti a casa di Sara?
-Hai fatto tutti i compiti?
-Certo- mento.
-Va bene, sono contento che tu abbia fatto nuove amicizie!
Salgo in macchina e il papà avvia il motore. Non sono mai andata a casa di Sara, ma mi ha spiegato dove abita. Riusciamo a trovare subito casa sua. Quando suono il campanello Sara apra la porta.
-Ciao Sara!- la saluto.
-In realtà io sono Sofia
Quando Sara ha detto che sono identiche non esagerava. Sono due gocce d'acqua!
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Milla
ספרות חובביםessere un killer non vuol dire ascoltare ogni cosa che passa, killer vuol dire Emis Killa, killer vuol dire Emis Killa e basta.