Capitolo 2.

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"Diana! Svegliati, ho bisogno della tua macchina, la mia non parte."

La voce irritante di mio fratello mi sveglia di soprassalto e la voglia di farlo inciampare giù dalle scale mi appare più nitida nei pensieri.

"Allora? Vuoi scendere da quel letto? Devo andare a lavoro!" Insiste, con le braccia incrociate contro il petto.

"Vuoi calmarti? Perché non hai chiesto a mamma o a papà di accompagnarti?" Mi metto seduta scostando le coperte.

"Sono le nove, non c'è nessuno in casa."

Roteo gli occhi al cielo e con uno scatto mi dirigo in bagno per lavarmi il viso.

"Dove sono le chiavi?" Domanda alzando il tono di voce perché io possa sentirlo.

"Scordatelo, ti ci accompagno io." Rispondo seccata. "E la prossima volta chiami il meccanico, invece di rompere le scatole a me!"

Mi accorgo di aver dimenticato i vestiti in camera da letto, così esco velocemente dal bagno con solo l'intimo addosso. Aaron è fuori dalla porta e mi stringo nelle spalle per coprirmi. Nonostante sia mio fratello provo un enorme disagio nel mostrarmi senza indumenti.

"Come se non ti conoscessi da una vita." Ghigna scuotendo la testa.

Sbatto la porta della camera e per dispetto mi prendo tutto il tempo necessario per cambiarmi. Stendo un velo di fondotinta e di mascara, recupero una spazzola dal cassetto della scrivania e mi precipito giù dalle scale, saltando qualche gradino. Sistemo i capelli senza il bisogno di specchiarmi e recupero un gloss trasparente abbandonato nei meandri della borsa. Ora che le occhiaie sono sparite, i miei occhi grandi dalle sfumature azzurre e grigiastre, sono i protagonisti indiscussi.

Aaron è spazientito e la cosa non mi sorprende. E' in cucina ad aspettarmi. Lo ignoro e indosso il cappotto del giorno prima che per fortuna si è asciugato. Come se non esistesse, esco di casa e mi dirigo in auto. Lo accompagno in centro città, fin sotto il palazzo dove lavora.

"Grazie." Pronuncia quasi impercettibilmente, mentre esce dalla vettura e si dirige in ufficio. Lo vedo raggiungere la porta principale dell'enorme edificio, sempre avvolto da uno dei suoi numerosissimi trench costosi e con la solita pettinatura impeccabile per la quale occupa il bagno più di quanto lo faccia io. I raggi flebili del sole colpiscono i suoi capelli castani e ne risaltano i riflessi biondicci. Io e Aaron condividiamo il colore degli occhi e dei capelli, ma non si può dire altrettanto sul fronte caratteriale.

Premo sull'acceleratore e mi dirigo verso il parcheggio più vicino al quartiere centrale. Decido di chiamare Yago, anche se nei miei programmi ci saremmo dovuti vedere più tardi. Per buona sorte non è di turno e può raggiungermi in poco tempo al solito bar. E' situato in una traversa piuttosto tranquilla del quartiere. Lo stile degli arredi è moderno: sfumature di nero e grigio antracite contrastano con i mattoni a vista dei muri. Alcune poltroncine sono in velluto blu, mentre gli sgabelli sono fatti di metallo scuro. Sopra i tavoli vi sono piccole composizioni di fiori secchi sui toni del beige. Ormai sono loro cliente da parecchi anni.

Mi accomodo all'interno. Scelgo il bancone rialzato contro i finestroni che si affacciano sul marciapiede. Questa mattina non ho avuto tempo di far colazione, così ordino un tè verde e un muffin ai frutti rossi.

Nello stesso istante in cui il barista si appresta a servirmi la tazza fumante, Yago fa capolino nel locale e mi cerca con lo sguardo. Non appena mi adocchia si accomoda sulla sedia di fianco alla mia.

"Buongiorno, amore." Allunga il collo per posare un bacio sulle mie labbra ed io gli sorrido felice.

Il barista prende la sua ordinazione, poi si allontana e rimaniamo gli unici seduti in sala. La maggior parte dei clienti è ferma al bancone o ordina da asporto per recarsi a lavoro.

„ After the deal "Where stories live. Discover now